Intervista al Dott. Andrea Rossi: “Quando il vino è meglio di ciò che immaginiamo”

Laureato in Scienze Biologiche all’Università di Firenze, dopo alcuni anni in università, nel 1989 è entrato nella Direzione Medica di una grande azienda multinazionale dove ha ricoperto numerosi incarichi ed attualmente è scientific affairs lead presso la sede centrale svizzera. Andrea Rossi, autore di oltre 400 pubblicazioni ed articoli a livello nazionale e internazionale, tra cui più di 60 in riviste peer-reviewed, ha collaborato alla stesura di numerosi altri articoli per i quali è stato riconosciuto nei ringraziamenti.
Andrea Rossi è membro di importanti organizzazioni scientifiche tra cui l’European Medical Writers Association, di cui è stato presidente; partecipa come relatore e chairman a numerosi convegni, oltre ad essere relatore di numerosi seminari presso le scuole di specializzazione in medicina di alcune tra le principali università italiane e presso importanti società medico-scientifiche.

Inizia così, questo viaggio nei meandri degli studi sul vino grazie ad una persona straordinaria come Andrea Rossi.

Ci parli del suo lavoro: esattamente cosa fa e in cosa consiste?

Il mestiere del medical writer consiste nello scrivere tutti i documenti che servono per la registrazione di nuovi prodotti nonché gli articoli per le riviste specializzate ed i materiali per i congressi medico-scientifici. Si tratta di un ruolo particolarmente interessante e delicato: tradurre in comunicazione i numeri che derivano da uno studio non è semplice, per cui sono necessarie una serie notevole di competenze e conoscenze. Rendere efficace la comunicazione di nozioni, spesso  assai complicate, ad un pubblico sempre più grande è ogni giorno più difficile in un mondo sempre più connesso come il nostro. Inoltre garantire la correttezza scientifica senza far diventare noioso quello che si scrive è spesso un’impresa molto ardua.

Nel 2013 è diventato presidente del EMWA (European Medical Writers Association – Associazione Europea dei Medici Scrittori). Potrebbe spiegarci a cosa punta questa organizzazione e quali sono i suoi principi fondatori?

L’EMWA è una associazione di professionisti che si propone l’obiettivo di diffondere i migliori standard da seguire per la comunicazione medico-scientifica. Per questo i membri si riuniscono periodicamente per condividere le novità ed i nuovi trend oltre alle conoscenze dei medical writer più esperti e che hanno specifiche competenze nelle molteplici aree di conoscenza necessarie per svolgere la professione. Gli iscritti possono seguire un percorso formativo al termine del quale, dopo aver dimostrato le proprie competenze, ricevono una certificazione professionale. Inoltre l’EMWA prepara delle linee guida da adottare da parte dei professionisti che si occupano di comunicazione medico-scientifica, e che tendono a mantenere la qualità e l’eticità delle comunicazioni redatte dai propri membri. L’ultimo esempio è il “position statement” sui giornali predatori, sviluppato insieme con le altre principali organizzazioni di categoria a livello mondiale, a cui ho contribuito in fase di revisione e di cui ho curato la traduzione in italiano (https://www.emwa.org/about-us/position-statements/joint-position-statement-on-predatory-publishing/).

L’ultima ricerca che ha condotto ha visto il vino come protagonista indiscusso, ma come mai avete deciso di soffermarvi proprio su di lui?

Sono un amante del vino e della cultura ad esso connessa. Il primo vino sappiamo che è stato prodotto oltre 8000 anni fa e possiamo quindi considerarlo da sempre come una parte integrante della nostra dieta. Nel tempo il vino è profondamente cambiato così come il suo consumo, passando dall’uso come nutriente all’uso complementare col cibo. L’altro autore dello studio (Dr. Ferdinando Fusco) ed io abbiamo da sempre condiviso la ricerca di vini di qualità in quanto avevamo la sensazione, corroborata dai risultati di alcune ricerche, che questo potesse influire in modo positivo sulla salute. Questa nostra sensazione è stata confermata da quello che abbiamo trovato nella letteratura scientifica: bere in modo consapevole del buon vino ha numerosi effetti positivi.

Quali proprietà segrete contiene questo ingrediente, antico come la storia umana?

In ogni bicchiere di vino ci sono centinaia di composti diversi che conferiscono ad ogni prodotto delle caratteristiche uniche. Siccome il vino è un prodotto della terra, la sua composizione viene fortemente influenzata dal clima, dal suolo, da come vive la vite che produce l’uva, da quando avviene la vendemmia, da come viene lavorata l’uva ed il mosto da parte dei produttori. Inoltre, stando il bottiglia, il vino continua ad evolvere nel tempo. E’ quindi impossibile dire che un vino sia migliore di un altro in assoluto per la nostra salute. Le ricerche svolte nel tempo hanno individuato alcuni composti come più o meno positivi per la nostra salute. Per esempio l’alcol è un composto tossico per il nostro organismo, specie se consumato in dosi massicce. Alcune ricerche recenti hanno evidenziato come anche l’assunzione minima di alcol possa avere effetti cancerogeni. Altre ricerche hanno mostrato che se l’alcol viene assunto bevendo un bicchiere di vino al giorno, si hanno benefici effetti sulla salute che vanno ben oltre l’aumento di rischio di cancro. Questi effetti benefici non sono stati osservati se la stessa quantità di alcol veniva assunta come birra o come superalcolico. Il motivo di questa differenza è nascosto nel mix delle centinaia di sostanze presenti nel bicchiere di vino, in quanto nessuna di esse è, da sola, in grado di spiegare questi effetti positivi per la salute. Ad oggi non ci sono certezze su quale sia il mix migliore e le ricerche sono in continuo divenire.

Quanto è importante il consumo di alcolici nella dieta mediterranea per eccellenza?

Quella che viene definita dieta mediterranea è basata sul metodo tradizionale di alimentazione del sud Italia e prevede di accompagnare i pasti principali con un buon bicchiere di vino. Questa dieta è stata elaborata in un paese del Cilento (Pioppi) da un dietologo americano che ha passato buona parte della sua vita in quest’area e che si faceva preparare i pasti dalle signore del luogo. Quello che osservò fu un notevole miglioramento della qualità della vita sua e della moglie nonché che gli abitanti della zona erano assai più longevi dei suoi concittadini statunitensi, soprattutto per una ridotta incidenza di malattie cardiovascolari. Da qui elaborò la cosiddetta dieta mediterranea che comprende un elevato consumo di carboidrati, semi, verdura e frutta, l’assunzione di pesce o carne bianca in quantità inferiori, magari sostituiti da latticini, uova o legumi. L’olio d’oliva è l’unico condimento utilizzato. Siccome un approccio simile si ha in molti paesi dell’area mediterranea, l’UNESCO l’ha inclusa nella Lista dei patrimoni culturali immateriali dell’umanità di Italia, Marocco, Spagna, Grecia, Cipro, Croazia e Portogallo. Il vino rosso è da sempre e dovunque il naturale complemento di questa dieta.

Le conclusioni della sua ricerca tendono a ribaltare completamente l’opinione pubblica, che vede l’assunzione giornaliera di alcool in chiave negativa. Potrebbe spiegarci meglio a che cosa siete giunti?

L’assunzione inconsapevole o, peggio, compulsiva di alcol è un gravissimo problema sociale che deve essere risolto in qualunque modo. Ci sono alcuni paesi in cui la cultura del bere molto è dominante. Addirittura ci sono zone del pianeta in cui ci si diverte solo se si è ubriachi. Questo approccio ha conseguenze devastanti sulla salute soprattutto dei giovani: aumento di rischio di infarto, ictus, demenza, malattie metaboliche, cancro, depressione ed altre malattie mentali. Quello che abbiamo cercato di fare nella nostra ricerca è stato di proporre un approccio consapevole al bere il vino, privilegiando la qualità alla quantità. Per questo è fondamentale che nel vino non ci siano tracce di prodotti di sintesi utilizzati in vigna che possano avere effetti negativi sulla nostra salute. Bere un buon bicchiere di vino può dare delle emozioni profonde che, nel caso di vini eccellenti, lasciano tracce indelebili. Se poi si comprende come accompagnare un buon piatto della nostra tradizione col vino più adatto, le sensazioni diventano puro piacere. Nelle nostre società, sempre più stressate e consumistiche, il riuscire a fermarsi a gustare un buon piatto, esaltato da un buon bicchiere di vino, ha effetti più che positivi sulla nostra sfera emotiva. Il consumo consapevole non si limita alla quantità (1 bicchiere al giorno per le donne, 2 bicchieri per gli uomini) ma a comprendere ed apprezzare la qualità del vino e come questo possa influire sul gusto di quello che stiamo mangiando, migliorando la nostra emotività. Inoltre, alcuni componenti del vino sembrano essere correlati con una protezione verso l’insorgenza di patologie cardiovascolari, neurologiche e metaboliche. Quello che abbiamo cercato di fare è stato di riassumere tutte queste conoscenze per calcolare un indice di salubrità del vino: il WISH (Wine Index of Salubrity and Health). La nostra speranza è di fare sì che il numero di consumatori consapevoli di vino aumenti nel tempo e che questi privilegino il consumo di vini con un alto WISH. Per chi fosse interessato, l’articolo completo è disponibile su  https://www.dovepress.com/wine-index-of-salubrity-and-health-wish-an-evidence-based-instrument-t-peer-reviewed-article-IJWR

Quali sono i suoi prossimi progetti? Su cosa si focalizzeranno le sue prossime ricerche?

Il WISH è stato definito sulla base dei risultati delle ricerche disponibili al momento della stesura dell’articolo. Speriamo di costituire un gruppo di lavoro che si impegni nell’aumentare la cultura del bere consapevole e nell’aggiornare il WISH via via che nuove evidenze scientifiche saranno disponibili. La nostra speranza è di partire dall’Italia per allargare queste conoscenze al resto del mondo e, in qualche modo, riuscire a contribuire nella lotta all’alcolismo. Per fare questo vorremmo coinvolgere tutti coloro che fanno parte del mondo del vino; produttori, enologi, distributori, sommelier, ristoratori svolgono un ruolo fondamentale per rendere i consumatori consapevoli della qualità del vino che stanno bevendo e ci piace pensare che abbiano tutto l’interesse a diffondere questo approccio culturale, anche rinunciando a vendere un bicchiere di vino in più ma vendendo vino con un più alto indice WISH.
Inoltre vorremmo costituire un gruppo di studio che aggiorni il calcolo del WISH via via che nuove prove scientifiche si rendono disponibili. Abbiamo anche la speranza di costituire un altro filone di ricerca sull’effetto che la produzione, distribuzione e consumo del vino hanno sul nostro pianeta in termini ecologici ed ambientali. La nostra sensazione è che l’effetto della coltivazione dell’uva e della produzione siano positivi, se vengono utilizzati i metodi tradizionali, ma, anche in questo caso, ci affideremo alle prove scientifiche per confutare o confermare questa nostra idea. Contiamo di riuscire a reperire le risorse necessarie per poter proseguire le nostre ricerche.

Alessia Cavallaro