casiraghi the phair

Intervista a Roberto Casiraghi: “The Phair è un punto di ripartenza”

The Phair, la rassegna internazionale ideata da Roberto Casiraghi con Paola Rampini dedicata alla fotografia, si terrà dal 18 al 20 giugno nel Padiglione Nervi di Torino Esposizioni e farà da capofila a una settimana in cui verranno messe in rete tutte le iniziative cittadine – programmate da musei, gallerie, fondazioni, spazi pubblici e privati legate all’immagine.

Una location emblematica, che contribuisce a fare di questo evento un inno all’italianità che incontra il mondo.  Sotto le volte ardite di questo spettacolare padiglione di 4 mila metri quadrati, saranno ospitate 40 importanti gallerie d’arte contemporanea italiane che lavorano nel nostro paese o all’estero. Vi sarà esposta la ricerca artistica di artisti come Walter Niedermayr, Alberto Garutti, Cesare Leonardi, Nils-Udo, Daniele de Lonti.

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The Phair – dice Roberto Casiraghi, ideatore con Paola Rampini della fiera – è un punto di ripartenza per un settore che ha molto sofferto. La manifestazione, dedicata non solo ai fotografi ma anche e soprattutto agli artisti che si esprimono utilizzando il mezzo fotografico, presenterà a un pubblico nazionale e internazionale la progettualità e la forza delle gallerie italiane”.

The Phair sarà il primo evento in presenza dopo un lungo periodo di blocchi e restrizioni per il mondo dell’arte e la cultura. Proprio in virtù di ciò, che novità ci sono e come si presenterà la fiera quest’anno?

Intanto, bisogna dire che verranno mantenuti gli standard sanitari come se il Piemonte non fosse diventata una regione in zona bianca e non fossero stati abbattuti alcuni limiti su questo tipo di frequentazione. Inoltre la fiera una grande ampiezza di spazi.  La novità principale è l’installazione di display, in un percorso espositivo molto innovativo con dei corridoi a zig zag, per cui da qualunque punto di vista il pubblico possa partire, dal corridoio riuscirà a vedere comunque sempre una parte di ciascuno stand.

Saranno rispettate le norme anticovid sugli spazi e dunque con questa novità dei display assente per la scorsa edizione.

Esatto, non c’erano. Quest’anno, inoltre, abbiamo un fattore di contemporaneità di presenza rispetto alle dimensioni del padiglione attinenti alle dimensioni delle unità espositive molto molto rassicurante.

Dottor Casiraghi, pensa che il momento sia favorevole per una ripresa ripresa dell’arte e soprattutto per il mercato dell’arte?

Sinceramente, penso di sì,  ma per essere veramente sinceri fino in fondo, non si possono fare previsioni. Non sappiamo come il pubblico, al di là della sensazione di superficie, per cui è evidente abbia voglia di uscire di tornare alla normalità e rifrequentare
musei, cinema, teatri e quindi mostre e fiere, al di là di questo che è un’analisi molto superficiale, quanto e come abbia inciso la pandemia nel profondo di ciascuno di noi, questo solamente il tempo potrà risponderci.
E’ evidente che la nostra speranza, la nostra ambizione e il nostro lavoro è andato tutto in quella direzione, però sono rapporti biunivoci.

La fiera è partita fin da subito con una peculiarità di dare un grande margine alle gallerie nazionali e di attrarre l’attenzione anche di quelle internazionali a che punto siamo? Che immagine ha The Phair nel mondo?

Noi ci siamo dati un orizzonte triennale, poi la sciagura del Covid ha fatto slittare tutto di un anno e mezzo. Il primo anno The Phair era dichiaratamente solo per gallerie italiane. Quest’anno la fiera è dedicata alle gallerie italiane e alle gallerie italiane che lavorano all’estero e alle gallerie straniere che lavorano in Italia. Nel 2022 la fiera sarà destinata alle gallerie italiane ed europee e nel 2023 si procederà con un ulteriore salto e penso alle gallerie di tutto il mondo.

In questo momento storico molto delicato, fiere ed eventi come The Phair che essenzialità acquisiscono proprio in visione di un ritorno alla normalità?

Fare una fiera, legata all’arte e alla cultura, per ciò che rappresenta per il nostro paese è quasi un’esigenza primaria. Vorrei che non venisse intesa male. Sono consapevole che rispetto a tutto ciò che è successo in Italia e nel mondo, l’attenzione sulla cultura possa passare in secondo piano. In realtà, però,  se andiamo ad analizzare nel profondo la cultura è veramente una necessità primaria per chiunque.

Come è stata la risposta degli espositori convocati alla fiera?

The Phair è appunto una fiera ad invito. Le reazioni sono state le più varie. I lavori d’organizzazione sono partiti tra gennaio e febbraio quando la campagna vaccinale era allo stato primordiale. Ecco che l’impressione principale che abbiamo raccolto era soprattutto improntata alla prudenza, alla paura di muoversi. Questo deve dare maggior merito ai 30 reduci e combattenti che hanno deciso di venire a The Pahir nel 2021. Noi dovremmo pensare ad un qualche meccanismo per poterli celebrare e ringraziare potentemente, perché hanno fatto veramente una scelta di campo molto impegnativa e molto determinata.

Quindi ci sono state delle defezioni?
Le chiamerei più delle preoccupate rinunce. Abbiamo sempre avuto, anche da parte delle gallerie amiche grandi attestati di stima. Nessuno ha rinunciato perché non crede nel progetto. Le rinunce cariche di rammarico, ma decisioni assolutamente rispettabili.

The Phair rientrerà in un calendario più ampio o sarà un evento isolato?

A Torino c’è un tentativo di costruire un percorso, un progetto che prende il nome di Torino Photo Days che mette insieme in questi giorni di giugno, per il futuro si spera in maggio, tutta una serie di realtà museali e non che resteranno aperte in questi giorni sul tema fotografia. Aperture fino alle 23:00, per poter offrire al pubblico che visiterà Torino in questi giorni, un ventaglio di offerte culturali sul tema dell’immagine ad ampio raggio.

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Benito Dell'Aquila