Il dramma dei CV senza risposta

Viviamo in un Paese unico e particolare. Unico è il suo patrimonio artistico e culturale, particolare è la sua cucina. Un Paese meraviglioso, insomma. Almeno finché non devi inviare un CV per candidarti ad un’offerta di lavoro. Questo perché il settore delle risorse umane, in Italia, presenta dei tratti distintivi rispetto a quelli esteri, tratti distintivi che però non fanno di certo onore al “Made in Italy”. Di ciò se ne accorgono soprattutto i giovani neolaureati ed i disoccupati. Quelli che, in poche parole, passano anche tutta la giornata a districarsi tra le tante offerte di lavoro, per trovarne qualcuna alla quale potersi candidare.

È in questo modo che vengono fuori tutte le falle del sistema. La causa principale di tali falle, spesso, ricade sugli uffici del personale, il più delle volte impreparati o addirittura inadeguati. Pensiamo alle piccole o medie imprese, dove – anche a causa di un budget limitato – più ruoli sono ricoperti dalla stessa persona. Il che, di per sé, non è così grave. Sembra anche ovvio che un’azienda piccola o con un basso fatturato non possa avere 20 impiegati amministrativi. Ma non sembra giusto che tali impiegati siano formati soltanto in uno dei settori di competenza, mentre non conoscono nemmeno le basi di altri campi in cui si trovano ad operare.

Uno dei settori più trascurati da questo punto di vista è quello delle risorse umane. Nelle aziende di piccole o medie dimensioni, infatti, spesso ad occuparsi (sporadicamente) di assunzioni sono gli stessi che, in realtà, svolgono la mansione di addetti paghe e contributi. Di conseguenza, se sicuramente sapranno quanto la nuova assunzione andrà ad incidere sul bilancio aziendale, poco o niente sapranno di requisiti, titoli da tenere maggiormente in considerazione o esperienze pregresse utili per svolgere una determinata mansione. E ancora meno dimostrano di sapere per quanto riguarda il “galateo” dei colloqui di lavoro.

Proprio per questo motivo, il più delle volte un curriculum inviato ad un’azienda sembra perdersi nel nulla. Tanto che la maggior parte dei candidati si chiede se il CV, alla fine, l’abbia spedito per davvero. Nasce da qui il senso di frustrazione che attanaglia la maggior parte di chi è in cerca di lavoro. E pensare che basterebbe rispondere alle mail. Una cosa che fanno tutte le aziende estere, grandi o piccole che siano. Ma che in Italia sembra rubare troppo tempo agli impegnatissimi responsabili HR.

Così difficile e/o dispendioso scrivere una risposta, anche impersonale e preimpostata? Soprattutto considerando che esistono programmi appositi che permettono di individuare le mail di candidatura e rispondere a queste in modo automatico. Una piccola accortezza che potrebbe portare anche il candidato a riflettere sugli eventuali errori che ha compiuto nella redazione del CV o della lettera di presentazione.

Per non parlare poi delle aziende che contattano i candidati per un primo colloquio (e spesso anche per un secondo), ed alla fine dello stesso liquidano il malcapitato con un “le faremo sapere” che ha tanto il sapore di promessa da marinaio.

Insomma, si tratta di rispetto per il candidato, se non addirittura di un minimo di empatia. Tutte soft skill che tanto amano e richiedono i recruiters oggi, ma che all’atto pratico molti non dimostrano affatto di possedere!

Emilia Granito