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Il divin codino: la storia di Roberto, dell’uomo dietro al campione Baggio

Dopo aver atteso per mesi, abbiamo finalmente potuto guardare “Il divin codino”, il film dedicato alla figura di Roberto Baggio. Il film, diretto da Letizia Lamartire, racconta la vicenda del campione italiano, uno dei calciatori più forti di tutti i tempi. Prodotto da Fabula Pictures e distribuito da Netflix, il film è disponibile sulla piattaforma dal 26 maggio 2021.

Ecco cosa ne pensiamo noi di questo film, cosa ci è piaciuto e cosa forse si poteva migliorare.

Partiamo dalla trama. Se questo film fosse un romanzo, apparterrebbe al grande genere del romanzo di formazione, dove il lettore può seguire la vita del protagonista fin dalla giovinezza. Ecco, “Il divin codino” è proprio questo: un “film di formazione”, in cui lo spettatore ha modo di ripercorrere le tappe personali più importanti della vita di Baggio. L’attenzione della regista, infatti, non è stata quella di mostrare la straordinaria carriera di questo calciatore; l’obiettivo è stato cercare di mettere a nudo che cosa c’è stato dietro. Chi c’è stato dietro. Come dice Diodato nella sua canzone, colonna sonora del film, il film ha mostrato “l’uomo dietro il campione”.

Il film si concentra molto su Roberto, più che su Baggio. Racconta i suoi momenti di gioia, le sue fragilità, sulla sua fede buddista, le cui pratiche lo coinvolgono tutt’ora, e spiega cosa voglia dire dover avere la pressione del più forte e di chi non può fare errori. Di chi non può sbagliare nemmeno un rigore. Ed è stato forse quell’errore dal dischetto nella finale di USA ‘94 che l’ha reso un calciatore così amato da tutti. Un errore che ha fatto sì che tutto il lato umano di Roberto uscisse fuori, anche in mondovisione. Perché in fondo è un essere umano come noi.

Ecco che allora il film, della durata di 90 minuti, ha il merito di aver mostrato il lato nascosto di Baggio. Alla fine della visione, infatti, lo spettatore è entrato in contatto con l’uomo, non con il calciatore, la cui carriera non aveva bisogno di essere raccontata. E forse è proprio questa la forza del film. Per questo motivo, “Il divin codino” non è un film destinato solo a un pubblico di appassionati, ma è rivolto davvero a tutti.

Un grandissimo applauso va fatto anche ad Andrea Arcangeli, l’attore che ha interpretato Roberto Baggio. Innanzitutto c’è da sottolineare la somiglianza impressionante tra Arcangeli nei panni di Baggio e Baggio stesso. Fisionomia e movenze erano davvero studiate nel dettaglio. Arcangeli, poi, attore di origine pescarese, ha fatto un lavoro straordinario. Sì perché non deve essere sicuramente facile riprodurre la cadenza veneta molto marcata di Baggio, eppure il lavoro finale è stato egregio. Con questa interpretazione, Andrea Arcangeli si conferma ancora una volta un grandissimo interprete. Che sia italiano, che sia veneto, o che sia protolatino (chi ha visto Romulus sa), riesce a recitare con una facilità disarmante. Da non dimenticare, poi, le altre interpretazioni del film, come quella di Valentina Bellè nei panni di Andreina Baggio o Andrea Pennacchi in quelli di Florindo Baggio.

Andrea Arcangeli nei panni di Roberto Baggio. Da www.deejay.it

 

Andrea Pennacchi nei panni di Florindo Baggio. Da www.ilgiornaledivicenza.it

Il film, l’avrete capito, ci è piaciuto molto. Però non è perfetto, com’è naturale che sia, e sarebbe potuto essere anche migliore di quanto lo sia.   L’aspetto calcistico della vita di Baggio, abbiamo detto, non è la componente principale del film. Ovviamente è una parte fondamentale, ma la linea della carriera sportiva si è praticamente concentrata solo sul mondiale del 1994. E questo va bene. Nella carriera di Baggio, però, ci sono stati almeno un paio di momenti sportivi che hanno avuto sicuramente un impatto forte anche sul suo lato umano che purtroppo non sono stati affrontati.

Il primo è il passaggio dalla Fiorentina alla Juventus. Per chi non fosse appassionato di calcio, sappia tra le due squadre c’è una rivalità storica, e il trasferimento di Baggio a Torino sponda bianconera fece parecchio scalpore all’epoca. Addirittura i tifosi viola scesero in piazza a protestare contro questo trasferimento, il che testimonia l’importanza che Baggio aveva conquistato a Firenze e l’amore che i tifosi avevano per lui. Uno degli obiettivi della pellicola è stato cercare di dimostrare quanto Baggio sia stato ben voluto da tutti, e il passaggio ai rivali storici molti lo considerarono una sorta di tradimento. Analizzare dunque il riscontro psicologico che ha avuto Roberto sarebbe stato interessante e, se fosse stato affrontato, avrebbe avvalorato ancora di più la pellicola.

Il secondo è la conquista del pallone d’oro nel 1993. La vittoria del prestigioso premio nel film è solamente accennata, ma sarebbe stato sicuramente meglio vederla e capire cosa la vittoria di questo premio gli portò a livello personale.

Insomma, ci permettiamo di dire che i 90 minuti di durata della pellicola forse si sono rivelati leggermente pochi per analizzare una personalità così complessa come quella di Baggio, ma ci accontentiamo. Il risultato finale, comunque, è interessante e l’assenza di questi elementi sopracitati non inficia troppo la godibilità del film.

Marco Nuzzo