Il “colore più brutto al mondo”: la campagna antifumo australiana

Di Giulia Testa per Social Up!

Tre milioni di morti annuali a causa del tabacco è un numero che fa rabbrividire. Oltre che la coscienza collettiva – destinate a triplicare nel 2025, secondo gli studi – preoccupano anche i governi: uno a uno, i paesi in via di sviluppo stanno procedendo per trovare nuovi deterrenti e nuove politiche per ridurre questa piaga, in un processo tanto complesso quanto delicato. Come dimenticare la vedova americana che intentò una causa contro la Philip Morris per la morte del marito e riuscì a farsi risarcire 145 milioni di dollari?

Si tratta di colpire il punto giusto con lo strumento giusto, senza degenerare in un boicottaggio economico o in una eclatante presa di parte. Una maggiore educazione a riguardo è il primo passo per una prevenzione sistematica, le avvertenze inibitorie sui pacchetti di sigarette sono presenti in ogni lingua su tutti i pacchetti al mondo, ma i numeri delle vittime restano ancora troppo alti per essere ignorati.

Vendere pacchetti graficamente anonimi è stata la proposta dell’Australia, che quattro anni fa ha dato il via a un’idea grafica per dissuadere l’acquisto del tabacco. Inghilterra, Irlanda e Francia hanno espresso la loro intenzione ad adottare lo stesso tipo di campagna, a partire dall’anno prossimo.

La superficie del pacchetto dovrà essere occupata per il 75% sul fronte e 90% sul retro da immagini, improntate ad essere più shock di prima, e da indicazioni dirette sugli effetti del fumo. Poi, al bando la caratterizzazione. Tutti i marchi di sigarette, infatti, saranno venduti in pacchetti identici, il carattere di ogni brand sarà lo stesso, con la stessa grandezza e posizione; il tutto su sfondo Pantone 448 C opaque coach, un codice che sta ad indicare un color olivastro ritenuto il colore più brutto al mondo” secondo ricerche di marketing.

Quattordici studi, realizzati in Australia 36 mesi dopo l’introduzione della legge, indicano che il packaging neutro sarebbe responsabile almeno del 25% del calo del 2,2% di fumatori. Questa percentuale, che pare irrisoria, equivale a circa 118 mila persone in meno che fumano, un dato significativo se si considera il terribile giro di vite di questa dipendenza.

Come può un layout influenzare la scelta del neo fumatore, o di quello accanito? Una risposta precisamente scientifica in realtà non c’è, ma togliere ogni fascino alla sigaretta può incredibilmente avere un peso enorme su questo vizio.

Come è naturale, l’idea di rendere indistinguibili i marchi non è stata vista di buon occhio dalle multinazionali del tabacco, che si sentono violate della loro proprietà intellettuale. I colossi del fumo affermano che, inoltre, questa normativa favorirebbe la contraffazione e il crimine organizzato, in un boom del mercato nero. La British American Tobacco, Imperial Tobacco e Japan Tobacco hanno fatto ricorso, respinto immediatamente dall’Alta Corte australiana. La Philip Morris, addirittura, ha intentato una lunga battaglia legale, dichiarata poi un “illegittimo abuso di diritto” dal tribunale d’arbitrato internazionale dell’Aia.

L’Australia, a questo punto, è irremovibile. Il ministro della sanità australiano Tanya Plibersek ha dichiarato che se esiste qualcosa, seppur piccola, in grado di diminuire la dipendenza da fumo, va fatta. “Se possiamo impedire ai giovani di cominciare, sarà qualcosa che li aiuterà per tutta la vita”, afferma il ministro, con l’obiettivo di diminuire del 10 per cento l’utenza del tabacco. Altrettanto convinta è l’Organizzazione Mondiale della Sanità, che ha esortato il resto del mondo a seguire questo esempio incoraggiante.

In mezzo a tutti i consensi internazionali che questa campagna ha ottenuto, l’Italia ancora non figura. Per il momento, tuttavia, nuove direttive UE si stanno muovendo in quella direzione: sui pacchetti circolanti nei paesi dell’Unione dovrà esserci un numero verde di assistenza contro il fumo, immagini ancor meno discrete e i pacchetti da dieci sigarette, allettanti per le tasche leggere, saranno aboliti.

Questi, ad oggi, sono solo tentativi che arrancano. Distogliere l’interesse da qualcosa di nocivo che però rimane legalmente alla mercè d’acquisto è complicato: la vera rivoluzione può venire solo dall’interno, da un cambiamento radicale nell’immaginario collettivo sul fumo, e soprattutto, da quello individuale.

redazione