Fonte: https://andrewhudsonsjobslist.com/job-posting-gender-neutral/

Gender jobs: cosa sono e perché non dovrebbero più esistere nel 2022

Pochi giorni sono trascorsi dall’inizio del nuovo anno, ma è sempre il momento giusto per fare il punto su alcune problematiche sociali.

Il 2022 sembrava un anno molto lontano per il regista Richard Fleischer quando nel 1973 diresse il film “2022: i sopravvissuti”. Un film di fantascienza, ma non troppo data la condizione epidemiologica attuale. Tuttavia, nonostante per molti questo nuovo anno appaia come il culmine del futuro, per altri aspetti della società odierna sembra di essere ancora nel Medioevo. Fortunatamente, molti passi in avanti sono stati fatti da allora, ma com’è possibile che oggi esista ancora chi si sorprenda – o addirittura – giudichi una donna solo perché nella vita fa l’elettricista? Ah, già, è un mestiere da uomo, è di quelle cose che si suole definire “contro natura”. Ebbene sì, il fenomeno dei gender jobs – i lavori di genere – per quanto banale sia è uno dei taboo degli anni precedenti e di quelli tutt’ora in corso. Se ne parla, però, troppo poco, ma quale modo migliore per normalizzarlo se non attraverso le esperienze reali?

Altro che politically correct, la questione dei gender jobs è un vero e proprio limite della mentalità di tante persone al giorno d’oggi.

Il post di Freeda sopra riportato è lo spunto da cui prende le mosse la riflessione sui lavori di genere. La sezione experience si è più volte spesa per sollevare importanti questioni sul noto gender gap nel mondo del lavoro. Esso coinvolge tanto il fenomeno della disparità salariale quanto una forte discriminazione verso le donne. Le quali, in determinati contesti, vengono impossibilitate a ricoprire ruoli di alto livello, che vengono, invece, rivolti agli uomini.

Al di là di tali rilevanti piaghe sociali, a cui diversi interventi governativi nonché associazioni create appositamente stanno cercando di dare una svolta significativa, esistono anche i gender jobs. Questi ultimi designano una condizione in cui una donna, in quanto tale, non possa praticare un mestiere che generalmente spetterebbe fare ad un uomo. Come nel caso sopra riportato, una donna elettricista, stupisce semplicemente perché non si è abituati e non ci hanno abituato a concepirlo.

Sembrerà assurdo crederlo, ma il fenomeno gender jobs non solo rappresenta l’emblema del sessismo puro, ma è in parte discriminante anche per gli uomini.

Analizzando per gradi la questione, si evince come una donna che dichiari di essere un’elettricista non venga presa sul serio. Da un lato, perché essendo donna non è naturalmente portata per questo lavoro. Molti clienti potrebbero dimostrare di essere a priori diffidenti, dandole di fatto, dell’incapace. Dall’altro lato, quella che apparentemente pare essere una carineria è, invece, la pura evidenza di una forma di sessismo insita nella società. Dire a Maria, l’elettricista, “sei una ragazza”, “non dovresti lavorare con l’elettricità”, non è un modo per proteggerla da un lavoro “pesante”, bensì la dimostrazione netta di un sistema patriarcale e sessista che considera la donna come elemento debole non in grado di ricoprire lavori diversi dalla segretaria, dalla maestra o dalla babysitter.

Forse qualcuno evidenzierebbe che già è un bene che la donna abbia il diritto di lavorare e non sia costretta a essere solo mamma e moglie. Ma quel qualcuno dovrebbe capire che nel 2022 è assurdo fare ancora simili argomentazioni, e che quel “bene” per cui si è lottato, rappresentava un traguardo finito molti anni fa. Oggi una donna – così come un uomo – non dovrebbe accontentarsi, ma cercare di raggiungere ciò che le spetta in base alle proprie capacità. O, in altri casi, rimboccarsi le maniche accettando di svolgere dignitosamente dei lavori, seppur non ordinari, a prescindere dal sesso di chi lo svolge.

Secondariamente, i lavori di genere sono discriminatori anche guardando dal lato dei soggetti maschili.

É sotto agli occhi di tutti, anche se poco evidente (o evidenziato, e c’è differenza!) che ci siano anche dei lavori definiti “da donna” che non possano essere svolti – secondo una convenzione sociale – da uomini. Quante volte un ragazzo si è sentito colpito nell’orgoglio solo perché nella vita desiderava fare “il ballerino”. Un hobby che può diventare lavoro, e che per molti ragazzi ha un percorso fisico e psicologico molto lungo e difficile per mancanza di sostegno da parte della famiglia. Questo è solo un esempio, tra l’altro abbastanza obsoleto, di un lavoro che viene precipito in quanto “troppo femminile” e, dunque, di non competenza di un uomo.  Ma ci sono tantissimi altri casi che rendono difficile la vita di un ragazzo con tanti sogni e progetti da realizzare.

Sotto questo punto di vista, Manuela 22 anni, ci illumina su un’ulteriore considerazione.

Se fossi uomo mi offenderei se mi dicessero che sono portato solo per svolgere lavori manuali dove si richiede l’utilizzo della forza. Poiché va bene la lusinga alla fisicità mascolina, ma il cervello non è mica da sottovalutare.

Una constatazione che, in effetti, rivela una concezione fortemente stereotipata dei mestieri. Cosa che non solo è perpetuata da generazione in generazione, e per questa ragione resa come condizione normale, ma persino riportata nei libri scolastici. Ogni tanto sui social vengono pubblicati post di indignazione verso pagine di libri delle elementari altamente discriminanti verso le donne.

Sorprende, allora, sapere che i bambini crescano con determinati convinzioni prima ancora di imparare a leggere e a scrivere.

Dall’ANSA si legge che da una ricerca condotta da Comunicazione 2000, a cui ha contribuito il Dipartimento delle Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri, già nei bambini dai 3 ai 10 anni sono presenti stereotipi legati al genere, i quali a lungo andare potranno trasformarsi in pregiudizi. Questi in tenera età si manifestano nelle semplici condizioni di gioco, ma potrebbero avere conseguenze davvero problematiche nel futuro.

Non è perciò la sola scuola colpevole di inculcare una lista di mestieri disponibili per le femmine o per i maschi. L’intera società influenza, in alcuni casi indirettamente, a scegliere in maniera non neutrale, quanto condizionata, cosa voler fare da grande. Recando un danno psicologico non solo a tutte quelle bambine e bambini che vorrebbero svolgere un lavoro diverso da quello che socialmente gli spetterebbe, ma soprattutto a chi non si riconosce ancora o non si riconoscerà in nessuno dei due sessi.

Ed è giunto il momento di denunciare apertamente una simile limitazione.

In conclusione, si riportano, quindi, le parole di una nostra lettrice, che con maturità ha saputo evidenziare come per i più piccoli non esistano dei lavori per natura femminili o maschili. I bambini, così come gli adulti, crescono e vivono nella bolla di una società già confezionata. In cui, ogni strappo alla regola viene visto con stupore, deriso e nei peggiori casi discriminato.

Giorgia, 28 anni. “Da piccola mentre ristrutturavano casa mia mi ero messa in testa che volevo diventare muratore. Mi stupivano le risate dei parenti a cui lo dicevo, dato che quando precedentemente avevo dichiarato di voler fare la maestra avevano avuto una reazione diversa. Quasi d’orgoglio. Col tempo abbandonai per diversi motivi l’idea. Non sono diventata neanche una maestra. Ho capito, però, perché non ho mai conosciuto alcuna muratrice“.

Giulia Grasso