Farmacista dell’ospedale di Saronno, rubava materiale della sala intensiva, privando chi ne aveva necessità per sopravvivere

Rubare è una azione spregevole sempre, ma se si continua a rubare sottraendo materiale indispensabile per curare e mettere in terapia intensiva pazienti ammalati di coronavirus come respiratori, strumenti per l’intubazione e tutto quanto occorra per garantire il buon funzionamento di un reparto ospedaliero è veramente sconcertante. A Saronno una farmacista dell’ospedale, di 59 anni insieme ad un imprenditore di Barlassina, aveva avviato già da novembre, quando sono partite le indagini a cura dei carabinieri, un commercio di materiali ospedalieri, che lei stessa chiedeva all’amministrazione ospedaliera, come materiale di necessità, per poi rivenderle all’imprenditore che a sua volta li commercialiazzava con ulteriore strutture sanitarie ignare della loro provenienza. I carabinieri di Varese e la guardia di finanza di Saronno hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per la donna e il complice, su richiesta della Procura della Repubblica di Busto Arsizio. L’indagine era partita nel mese di novembre dopo la segnalazione di un responsabile delle farmacie ospedaliere dell’Asst Valle Olona, sotto cui ricade l’ospedale della città del Varesotto, che aveva rilevato una serie di ordinativi anomali (di lame e batterie per laringoscopio) partiti dalla farmacia ospedaliera di Saronno a firma della dirigente indagata. In una nota l’azienda sanitaria sottolinea di essere “soggetto attivo” che “sta fornendo, come doverosa consuetudine, la massima collaborazione alle autorità inquirenti”.Le indagini, con l’aiuto di telecamere nascoste, hanno permesso di ricostruire ciò che accadeva: “La dottoressa acquistava presidi medici facendoli apparire come ordini effettuati nell’interesse e per conto dell’ospedale, mentre successivamente li consegnava all’imprenditore indagato, il quale a sua volta, attraverso la società, li rivendeva ad altri clienti, molto spesso altri ospedali pubblici, ignari della provenienza illecita”, spiegano i militari in una nota. “L’indagata riusciva ad operare in modo incontrastato grazie alla discrezionalità di cui godeva” e della possibilità di “disporre liberamente dei fondi dell’ospedale di Saronno per acquistare materiale sanitario”. Per il giudice la condotta è veramente sconcertante se si considera che si è prolungato anche nel momento della crisi pandemica, quando gli ospedali lamentavano la mancanza di strumenti per salvare la vita ai pazienti covid positivi. Il complice, una volta ricevuto il materiale lo rivendeva attraverso la propria società con regolare fattura. Il Gip, nel valutare le esigenze cautelari, “ha tenuto in considerazione non solo il perseverare delle condotte criminose durante la crisi sanitaria dovuta alla diffusione del virus da Covid-19, ma anche la spregiudicatezza degli arrestati. Le lame e le batterie per i laringoscopi, infatti, destinate al funzionamento di apparati indispensabili per intubare i pazienti, in alcune occasioni non venivano deliberatamente consegnate ai reparti di anestesia che ne avevano necessità”, sottolineano gli inquirenti.

Alessandra Filippello