Così Catania è diventata la capitale della Street Art

Di Alice Spoto ed Erminia Lorito per Social Up.

La città di Catania è da sempre un felice approdo per le diverse culture, etnie e religioni. Terra di mare e di fuoco, alle pendici dell’Etna, si staglia in tutta la sua monumentale bellezza naturale, influenzata dalla passione che scorre dalle profondità del vulcano. Fucina di creatività, negli ultimi anni è diventata inaspettatamente teatro di interventi artistici urbani di varia natura: da murales mastodontici a installazioni temporanee fino a vere e proprie mostre di street art internazionale, tutti accomunati da quella voglia di sperimentazione tipica delle arti alternative. Volgendo lo sguardo verso il suo porto, diventa quasi impossibile non scorgere gli enormi silos granari che, nel luglio 2015, sono stati abbelliti dalle opere di ben 7 artisti italiani ed stranieri, ispirandosi a miti e racconti siciliani. Tra questi e senza nulla togliere agli altri, spiccano Microbo e Vlady Art i quali, entrambi catanesi, hanno cercato di offrire il proprio contributo alla loro terra d’origine in un modo un po’ particolare, passando attraverso il filtro della propria identità. Dal moto perpetuo di Scilla e Cariddi, i due mostri marini che vivevano nello Stretto di Messina, a sembianze filamentose e primordiali di organismi microscopici in formato monumentale; Microbo attraverso un linguaggio visivo unico, una sorta di alfabeto organico immaginario, fatto di conduttori di energia, filamenti, alghe, humus e creature viventi informi che fluttuano negli spazi in totale assenza di gravità, ci mostra quanto questi organismi semplici ma essenziali, impercettibili ad occhio nudo, rappresentino tutto ciò che è definito vita, costituendo la matrice dell’ecosistema del nostro pianeta e anche un po’ il fulcro della sua stessa attività artistica, trasformatasi in curiosità e ricerca quasi ossessiva per tutto che è invisibile, ma estremamente essenziale nel nostro quotidiano.

Tutt’altro che storici o tradizionali, a pochi passi dall’intervento di Microbo scorgiamo dei Barattoli che, in un luogo così industriale e urbano era quasi inevitabile che ci fossero. Vlady Art, l’artista delle piccole cose, con la sua arte non invasiva ma volatile e forte d’impatto, ha optato per un intervento “site specific”, nato per le caratteristiche con cui si opera sulla superficie, fondendosi con essa e creando un gioco di allusioni visive. Con i suoi miti in scatola, un minotauro ed una splendida sirena, presi in prestito dalla mitologia greca, lancia un ponte di collegamento culturale tra i popoli del Mediterraneo, in un luogo ad hoc come il Porto di Catania, punto di arrivi e partenze. Perfettamente in linea con questa concezione, basta circumnavigare i silos, distanziarvi di alcune decine di metri dalla banchina sotto di essi e godervi lo straordinario contributo dell’artista portoghese Vhils, che ha realizzato il murales verticale più grande del mondo. Alto come un palazzo di dieci piani e largo come un campo da calcio, l’opera rappresenta lo sguardo di un uomo che guarda i paesi del Mediterraneo e, sorgendo sullo specchio delle acque del mare, vuole celebrare l’incontro tra le culture che nel corso dei secoli hanno arricchito l’identità siciliana.

Ma la street art, nella città etnea, viene utilizzata non solo come mero elemento decorativo, ma anche per riqualificare contesti di degrado urbano quali ad esempio il quartiere di San Berillo, culla di prostitute e immigrati, dove all’interno dei suoi vicoli e della cosiddetta Piazza delle Belle si trovano personaggi colorati e visi informi che hanno lo scopo di favorire l’integrazione multiculturale.

E’ su questa scia che non pochi artisti si sono mossi, puntando alla street art come strumento di rinascita. Questo è quanto è accaduto a Librino, quartiere periferico catanese, che in viale Moncada, ha assistito ad un’esplosione di una moltitudine di colori al posto del grigio monocromatico dei suoi palazzoni. L’opera rappresenta un vulcano che erutta una lava che in realtà rappresenta l’intera città, fatta di forze ed energie pronte a distruggere e combattere ad ogni costo tutto il male che la circonda. Ma con quali strumenti? L’artista pare abbia pensato anche a questo, rappresentando non a caso un elefante, simbolo inequivocabile dell’orgoglio catanese, affiancato da una lepre, il cui nome latino dà origine a quello del quartiere periferico della città, Librino appunto. In bianco e nero, invece, ci sono tutti coloro che scappano dal magma e dalla forza. I personaggi delle istituzioni, uomini che si nascondono dietro maschere di legalità, gli speculatori che, con le loro azioni spregiudicate, hanno contribuito ad accrescere alla fame negativa di questi quartieri, accollando loro il marchio di criminalità e di decadimento, da cui si fa fatica ad affrancarsi. Infine si scorge anche una piovra col volto di un teschio, forse la più eloquente delle rappresentazioni della mafia.

Il desiderio quindi e la volontà di rendere l’arte fruibile e aperta alla collettività, di farne un bene comune nel vero senso del termine, di trasformare pareti di fabbriche abbandonate e facciate di edifici fatiscenti, armandosi di tele, supporti, colori e bombolette per impregnarli di messaggi; per questo e per molti altri motivi, poiché la street art è ormai così permeata nel territorio, Catania ne è stata decretata la capitale europea.

redazione