Bambine coraggiose e imperfette: l’obiettivo del nostro millennio

Da anni ci chiediamo se il cervello femminile e quello maschile abbiano delle differenze strutturali e cognitive. Non siamo i primi ad avere questo dubbio e non saremo nemmeno gli ultimi. Per fortuna neuropsichiatri e psicologici hanno realizzato degli esperimenti per cercare di rispondere alle nostre domande.

Gli studi di Louann Brizendine, neuropsichiatra e insegnante alla Harvard Medical School, hanno portato a dei risultati interessanti. Sembrerebbe che i bambini rispondano più velocemente a stimoli emotivi, ma impieghino più tempo a calmarsi quando sono alterati. In più i bimbi sarebbero più attratti dalle cose in movimento, al contrario delle bimbe che sono in grado di mantenere un contatto visivo stabile per più tempo. Ancora, le bambine sono più portate a collaborare per raggiungere un obiettivo rispetto ai maschietti che tendono all’individualismo.

 

Già negli anni 70 la Columbia University aveva  condotto un esperimento con dei bambini di quinta elementare sul loro modo di affrontare situazioni complicate. Secondo i risultati, in media le bambine con un quoziente intellettivo più alto tendevano ad abbandonare la sfida prima dei bambini. Questi, invece, erano più portati a tentare nell’impresa senza gettare la spugna. È naturale chiedersi perché delle bambine così brave e con risultati scolastici migliori dei bambini fossero così vulnerabili davanti alle difficoltà.

Potremmo provare a rispondere ricordandoci che quelle tra maschio e femmina non sono differenze dogmatiche. Il nostro cervello è in continuo cambiamento e l’ambiente in cui viviamo ci permette di sviluppare caratteristiche particolari.

Abbiamo alle spalle secoli di educazione che insegnano alle bambine ad essere sorridenti, brave a scuola e composte negli atteggiamenti. Le bambine dovrebbero stare lontane dai rischi; dovrebbero essere simpatiche e sorridenti. Di solito ai bambini viene concesso di tornare a casa sporchi di fango, magari di prendere qualche bruto voto in più. Gli si chiede di non piangere, di non cedere mai a certe emozioni.

 

Se per una volta provassimo ad insegnare alle nostre bimbe che è permesso strapparsi le calze cadendo dalla bicicletta, che possono frequentare la squadra di calcio e che non per forza devono eccellere in ogni cosa che fanno? Se spiegassimo loro che “buttarsi” in una sfida, pur non avendo tutti i mezzi di salvataggio, potrebbe svelarsi la scelta migliore da fare?

Forse da adulte, le nostre ragazze si presenterebbero a più colloqui di lavoro pur non avendo il 100% dei requisiti richiesti. Forse di cimenterebbero in progetti folli che le potrebbero portarle lontane. Smettere di credere che la perfezione debba essere donna e che sbagliare sia un reato. Incominciare a credere che l’errore sia un possibilità e che il coraggio sia per tutti.

La soluzione sarebbe molto semplice. Basterebbe dire di no a bambini cavalieri che salvano bambine principesse; perché non dimentichiamoci che le donne, oltre ad indossare una gonna, possono entrare anche in un’armatura.

Gaia Toccaceli