A Dacca, spendendo tra i 36 e 52 euro compri un certificato falso che attesta la negatività al virus e ti permette di partire anche con la febbre

Ne ha parlato Mohammed Taifur Rahman Shah, presidente dell’associazione Italia-Bangla, al Messaggero. “C’è grande corruzione, tutti possono comprare un certificato che attesti la negatività al coronavirus, è molto facile”, ha spiegato l’uomo, che si occupa della comunità del Bangladesh in Italia. Le norme del Paese impongono a chi voglia entrare o uscire di presentarsi in aeroporto con un certificato medico che attesti la negatività. Delle analisi da fare non più di 72 ore prima della partenza. Ma a farle sono davvero in pochi, perché bastano tra i 3.500 e i 5mila taka per lasciare il Paese. “Così – spiega Rahman – ci si compra il diritto a volare verso l’Italia e l’Europa, soprattutto se si è ammalati”. In molti in effetti sono giunti in Italia già con i sintomi. Con una spesa fra i 36 e i 52 euro compri un certificato falso che attesti la negatività al coronavirus e puoi tranquillamente lasciare il Bangladesh. Per venire in Italia magari, dove l’allarme per i voli in arrivo da Dacca preoccupa soprattutto la Regione Lazio.

Diversi bengalesi sono risultati positivi al Covid-19 a Roma, dove è molto nutrita la comunità, e ieri il ministro Speranza, dopo un volo Dacca-Fiumicino con 36 positivi, ha deciso di sospendere per una settimana i voli dal Bangladesh. Non basta, perché ci sono le triangolazioni: oggi 135 bengalesi sono arrivati su un aereo partito da Doha, saranno tutti respinti mentre gli altri passeggeri saranno sottoposti a tampone. A marzo diversi bengalesi, spaventati dall’andamento dell’epidemia, avevano lasciato l’Italia per tornare al Paese d’origine. Ora che il contagio si sta espandendo in quella zona del mondo (la confinante India è terza per numero di casi) cercano disperatamente di tornare in Italia: “Se uno sente di stare male cerca di fuggire, prova a salvarsi la vita in un Paese in cui l’assistenza sanitaria è migliore”. Lo fanno mettendo a rischio gli altri passeggeri e tutte le persone con cui vengono a contatto nei Paesi d’arrivo, in cui l’epidemia è in fase calante. “Stanno sbagliando senza dubbio – conclude Rahman -, ma da una parte c’è il lavoro e la vita, dall’altro il pericolo di morire per una sanità che non esiste”.

Alessandra Filippello