“Psyco”: Alfred Hitchcock regala lezioni di cinema

Psyco (1960) di Alfred Hitchcock.
Certo che molte volte la critica ne prende di cantonate.
Fortunatamente dopo estenuanti riflessioni ritorna sui suoi passi, ma quanta fatica.
Ne sa qualcosa quel piccolo (ma neanche tanto) capolavoro consegnatoci nel 1960 da Alfred Hitchcock, conosciuto con il nome di Psycho.

Un’opera di genere (quello che ha contribuito a creare), destinata ad essere ricordata nei secoli come una delle più grandi lezioni sul brivido cinematografico, citata e omaggiata nei più svariati dei modi (come ad esempio nello stupendo incipit di Halloween di John Carpenter).
Chi di dovere all’epoca non lo aveva capito, ma come dargli torto:
Quel film era stato concepito solo ed esclusivamente per il pubblico (quale pellicola di Hitchcock d’altronde non lo era), mandando al diavolo le più banali regole cinematografiche conosciute, giocando con lo spettatore nel più intrigante dei modi ed entrandone in sintonia, lasciandolo libero di diventare un tutt’uno con la storia ed intuirne i concetti sottintesi.

[SPOILER!] La morte della protagonista (o presunta tale) nella prima metà del film, chiusa all’interno di quel claustrofobico ambiente domestico e vittima delle numerose pugnalate inferte da una misteriosa figura femminile, rappresenta quello che si potrebbe benissimo definire come Cinema Allusivo allo stato puro.
Quarantacinque secondi (girati in una settimana) e in nessun fotogramma si riesce a vedere l’immagine della lama che penetra la carne.
Ma i tagli ci sono, eccome:
Sono quelli del montaggio serrato, violento, atroce e ad ogni colpo, la figura di quel coltello è talmente nitida nella nostra mente da poterne descrivere ogni singolo movimento sfuggito alla telecamera. [FINE SPOILER]
Scene che rimangono impresse, come l’inquietante sorriso finale di Anhtony Perkins, culmine di quel complesso edipico fondamentale alla narrazione.
Feticismo, forse questo è il termine più adatto.
Nei confronti della rappresentazione, di ciò che essa può comunicare, ma anche vero e proprio culto del fruitore di tale messaggio:
Noi.
Forse nessun altro regista ha avuto un tale rispetto nei confronti del suo pubblico.

redazione