Gina Lollobrigida: tre volte trent’anni di una vita trasparente

Il 27 aprile dell’anno 1987, per decreto Presidenziale viene conferito alla Signora Luigia Lollobrigida il titolo di grand’Ufficiale dell’ordine al merito della Repubblica Italiana. Appuntato sulla spalla sinistra, questo nastro listato di rosso e verde che termina con una preziosa placca, rappresenta un diverso e ben più esaltante riconoscimento alla vita e al significato di una donna, rispetto ai pur prestigiosi premi: un Golden Globe, sette David di Donatello e due Nastri d’Argento che hanno coronato la sua lunga e splendida carriera cinematografica. Poco più che sessantenne, da tempo impegnata a coltivare le antiche passioni giovanili di pittrice e scultrice, sostenute dal palpitante amore per la fotografia, l’ex diva come colpita da una scossa elettrica dall’evento, viene pervasa da un soffio di nuova energia vitale e così l’anno dopo finisce con l’accettare le lusinghe del regista Giuseppe Patroni Griffi e torna a recitare, questa volta davanti alle telecamere, nel remake de “La Romana”, film tratto dal racconto di Alberto Moravia che nel 1954 aveva magnificamente interpretato.  Questa volta però impersona il ruolo della madre, mentre la figlia Adriana, più carnale che mai nelle sue provocanti fattezze, assume le capricciose sembianze e le ammiccanti pose di un’attrice Francesca Dellera, esaltata oltre i suoi meriti dal maestro dell’eros Tinto Brass.

Apriti cielo, tra le due sul set si scatena uno scontro vivacissimo, un Eva contro Eva fine anni ottanta, che non è solo generazionale, ma professionale, culturale e in qualche modo etico. Alla fine delle riprese, la sera della prima la giovane e procace Francesca affida al fisico prorompente un inequivocabile risposta alle critiche della rivale e per la gioia degli affannati fotografi esibisce una scollatura così vertiginosa da lasciar intravedere perfino la punta delle sue scarpe; replica a tono l’esperta Gina ma con un tocco di classe visto il suo décolleté vistoso ma contenuto, e se ne va a spasso con incedere elegante a braccetto del maestro e amico Franco Zeffirelli a spargere qualche sfumatura dell’antico fascino. Quello immutabile per decenni che: “La ragazza che fa sembrare Marilyn Monroe simile a Shirley Temple”, come ebbe a dire un suo illustre partner come Humphrey Bogart, propagò sul set di tutto il mondo e fece risplendere su ogni schermo. La sua era una bellezza che non poteva passare inosservata: una formosa bruna mediterranea dallo sguardo intenso e volitivo, con un broncio vezzoso che disegnava la bocca carnosa e il cui sguardo ammaliante penetrava l’anima. L’immagine della sua irresistibile avvenenza non passò inosservata nel leggendario concorso di Miss Italia 1947 dove finì terza e si mise in mostra con lo pseudonimo di Diana Loris in due fotoromanzi, adattandosi poi alla bell’e meglio, come comparsa o controfigura, anche in varie particine teatrali, finché non conobbe il miliardario Howard Hughes, produttore e scopritore di dive e a tempo perso irresistibile play boy. La Lollobrigida però non si lasciò incantare e quando si accorse che rischiava di perdere la sua indipendenza corse ai ripari. Infatti possedeva abbastanza personalità per decidere, molto carattere per rifiutare e la femminilità adatta a fronteggiare uomini potenti o irresistibili che siano e dunque rescisse il contratto impegnandosi come penale a non girare negli Stati Uniti per dieci anni.


Tornò in Italia e qui arrivarono comunque i primi successi, diretta da Zampa e Lizzani. Nel 1952 conquistò il grosso pubblico in un film francese affiancando con grazia nei panni di Adeline, il brillante Gérard Philippe nella commedia avventurosa: “Fanfan la Tulipe”. La sua popolarità subì un’improvvisa impennata, quando lo stesso anno fece parte del sontuoso cast di “Altri Tempi” di Alessandro Blasetti, dove, presente il meglio del cinema e del teatro italiano, nell’episodio “Il processo di Frine”, diede una bella prova di sé sotto la regia di Vittorio De Sica. Fu l’inizio una svolta epocale della sua carriera artistica che, nel breve spazio di un biennio, produsse capolavori come: “Pane, amore e fantasia” e subito dopo “Pane, amore e gelosia”, autentici spaccati di vita provinciale di un dopoguerra semplice e lineare dove svetta La Bersagliera, un personaggio a misura delle notevoli qualità di Gina: spontanea e furba, ruspante e generosa. Ma soprattutto ambiziosa al punto di rinunciare al terzo capitolo della serie che lasciò, udite udite, alla sua storica rivale, Sofia Loren. Nel paese dei Guelfi e Ghibellini, già diviso a quei tempi dalla forte contrapposizione tra Coppi e Bartali, l’assoluta diversità delle due attrici, riempì, oltre le sale cinematografiche, le cronache mondane coniando per loro il termine di maggiorate e come tali esse rappresentavano i simboli di un nuovo divismo. Era un contesto dove la Lollo, come affettuosamente veniva chiamata e forse sbrigativamente etichettata, si trovava a suo agio al punto che cercò con successo importanti ruoli di approfondimento drammatico. Pellicole come “La provinciale” di  Soldati; “Mare matto” di Castellani; “La romana” del suddetto Luigi Zampa, furono ottimi biglietti da visita per ribadire la sua bravura in campo nazionale e al contempo entrare a pieno titolo nel giro internazionale, una volta terminato l’embargo americano. Ormai inarrestabile come un torrente in piena, la determinata Gina, si impegnò in varie produzioni che la consacrarono star di assoluto livello mondiale. Eccola protagonista assoluta di tutta una serie di variegati titoli accanto ai più affermati attori del momento: oltre al citato Bogart de “Il tesoro dell’Africa”, appare a fianco dell’acrobatico Errol Flynn in “Il maestro Don Giovanni” e seduce Vittorio Gassman in: “La donna più bella del mondo”.


Sensuale più che mai nei panni della spregiudicata Lola, viene contesa da Burt Lancaster e Tony Curtis in “Trapezio”; abbaglia Anthony Quinn (Quasimodo) nelle vesti della splendida Esmeralda in “Il gobbo di Notre Dame” ; vive un’intensa storia d’amore col Frank Sinatra di “Sacro e Profano “e questa volta subisce il magnetismo virile di Yul Brynner (sostituto di Tyrone Power morto durante le riprese) in “Salomone e la regina di Saba “. Gli anni 60 per lei sono uno specchio magico dove nel pieno della sua radiosa maturità Gina Lollobrigida riflette la sua bellezza nella bellezza altrui: Anthony Franciosa, Rock Hudson, Sean Connery, Stephen Boyd sono alcuni degli affascinanti partner; viene valorizzata da illustri registi quali: Robert Mulligan, Melvin Frank, Alessandro Blasetti, Mauro Bolognini  e firma da assoluta protagonista, tra i tanti di quel periodo, prestigiosi titoli: “Torna a settembre”; “Un bellissimo novembre” e” Buonasera signora Campbell”.  Terminato il quale, oltre il ruolo della Fata turchina in “Pinocchio” di Luigi Comencini accanto a Manfredi, la battagliera nativa di Subiaco non va, fino a chiudere il cerchio dove si può dire abbia cominciato: nel doppio ruolo interpretato nel film “La romana” si chiude una storia tutta italiana di una diva speciale, come possono essere quelle che hanno percorso la lunga e polverosa strada cinematografica arrivando integre a rappresentarlo con tanto merito davanti alle comode corsie asfaltate del cinema odierno.

Domani Quattro luglio, l’immarcescibile Gina compirà novanta anni e soffierà ancora più forte sulle candeline della vita esprimendo nuovi desideri con tanta energia e spegnerà più di un ricordo con tanta nostalgia. Ci permettiamo di brindare anche noi con Lei: sia perché festeggiamo il compleanno nello stesso giorno pure con qualche candelina in meno e sia perché il ricordo di tutte le attrici come LEI ci ha fatto buona compagnia soprattutto di notte, prima di addormentarci: le emozioni cullano.

Vincenzo Filippo Bumbica