American singer and actor Frank Sinatra (1915 - 1998) gestures with his hands while singing into a microphone during a recording session in a studio at Capitol Records, early 1950s. (Photo by Murray Garrett/Getty Images)

Frank Sinatra: uno stile di vita a tempo di swing

Quel mingherlino dagli occhi blu possedeva una voce calda, pastosa e seducente, oltre a una dizione perfetta. Tanto che ancor oggi Elsa Martinelli, splendida protagonista e superstite di quel mondo dorato, dichiara d’aver imparato l’inglese anche attraverso le sue canzoni. E non a caso un altro attore, Charlton Heston, a una cerimonia di premiazione, ebbe a dire di lui: ” Quando canta una canzone, racconta un film in tre minuti”.
Conclamato, applaudito e battezzato The Voice, per le sue straordinarie qualità canore messe in mostra fin dai primi anni quaranta, dovette pagare a caro prezzo questa stressante e intensa attività musicale. Infatti, nel 1952 fu licenziato dalla sua agenzia discografica per un fisiologico tanto consequenziale abbassamento di voce dovuto a un’emorragia alle corde vocali. Da questa battuta d’arresto il suo ambizioso alter ego Frank Sinatra non si perse d’animo e decise di diventare anche quello che non era: un attore drammatico. Così da una costola del suo multiforme ingegno artistico, venne fuori la magistrale interpretazione della toccante umanità del soldato Maggio nel film: ”Da qui all’eternità” che gli valse l’Oscar come migliore attore non protagonista.


D’altronde i suoi trascorsi cinematografici erano stati lusinghieri ma non troppo per via della debordante presenza scenica di Gene Kelly nei tre musical: ”Due marinai e una ragazza”; “Facciamo il tifo assieme” e “Un giorno a New York”, quest’ultimo uno dei migliori del genere, girati assieme dal 1945 in poi. Il ruolo come”secondo” del celebre ballerino, in fondo stava stretto a quel figlio di un padre orgoglioso delle proprie origini, nelle cui vene scorreva sangue siciliano, nato a Hoboken, sobborgo di New York, il dodici dicembre del 1915.
La controprova dell’incredibile qualità dei suoi mezzi espressivi, si ebbe l’anno dopo quando ricevette una meritatissima nomination per la tormentata e intensa immedesimazione nella parte di un drogato in cerca di riscatto nell’angosciante film di Otto Preminger: ”L’uomo dal braccio d’oro”.
A cavallo degli anni 50 a conclusione di un brillante decennio, Frank Sinatra continuò a confermare la sua figura di attore di alto livello girando altri pregevoli film accanto ad alcune delle più importanti celebrità del tempo distinguendosi ancora per la spiccata individualità con cui caratterizzava una vasta girandola di personaggi.
Col suo idolo giovanile Bing Crosby in “Alta società”, interpreta l’intrigante giornalista che s’innamora dell’algida Grace Kelly. Rutilante e scanzonato tira la volata al suo partner Marlon Brando in “Bulli e Pupe”. A prima vista opportunista impresario mantenuto dalla sfiorita Rita Hayworth in”Pal Joey”, si rivela prima dignitoso e poi romantico nel palpitare d’amore per la zuccherosa Kim Novak. Muore con indosso l’aura sfortunata del risoluto patriota tradito nel sentimento per Sofia Loren da Cary Grant in “ Orgoglio e Passione”. Nei panni di un disincantato reduce e disilluso scrittore, amico del giocatore professionista Dean Martin in “Qualcuno verrà”, è purtroppo incapace di ricambiare il disperato amore di Shirley Mc Laine, causandone la stoica fine.

Quest’ultima, oltre che una bravissima attrice, era una donna dotata di forte personalità, leale, rassicurante e affidabile, e non era un caso che facesse parte, seppure saltuariamente, di quel clan esclusivo e chiaramente maschilista chiamato Rat Pack. Capeggiato e fondato dall’immarcescibile Frank, il gruppo nato per esigenze artistiche ben presto divenne un punto di riferimento dove coltivare il culto dell’amicizia: ne faceva parte in pianta stabile il suo migliore amico Dean Martin, assieme a Sammy Davis Jr, Peter Lafword e Joey Bishop. Attorniato da uomini e donne della più varia umanità questo crogiuolo di personaggi spiccava per la sua notorietà e permetteva soprattutto al suo capo di gingillarsi nella sua parte preferita: quella di un impenitente donnaiolo con una spocchiosa inclinazione alla trasgressione che tendeva a esercitare potere di qualunque tipo. E così seminando vento, Sinatra raccoglieva tempesta in campo sentimentale. Dopo il canonico divorzio dalla prima moglie Nancy Barbato, furono dunque all’ordine del giorno: innamoramenti folgoranti alcuni dei quali tramutatisi in matrimoni possessivi tipo quello con la fragile Ava Gardner, fino all’ultimo tormento ed estasi della sua vita amorosa; flirt impetuosi con le bellezze del momento anche per soddisfare il suo ego di seduttore che ostenta le sue conquiste, tra le tante, la raffinata Lauren Bacall, la sinuosa Angie Dickinson e l’inquieta Marilyn Monroe; passioni senili con fanciulle in fiore difficili da mantenere nel tempo per via d’un diverso concepimento del modo di vivere come quello con Mia Farrow; aggrovigliati rapporti interpersonali nei quali si mischiavano con disinvoltura, whisky, bulli e pupe.

Crediti: (Photo by William Gottlieb/Redferns)

Costantemente alla ricerca di visibilità anche in politica con incisive campagne elettorali a favore del candidato che più gli conveniva, Sinatra era anche scaltro nel procurarsi amichevoli complicità per imporsi e districarsi, anche nel campo degli affari. Solo nella maturità avrebbe avuto al suo fianco Barbara Marx, la donna più di tutte adatta al suo stile di vita. E questo My Way, che era anche la canzone cardine del suo immenso repertorio musicale, accompagnò il grande l’artista che ormai pago d’avere dimostrato in qualunque settore della vita il suo notevole valore, ritornò al canto, il suo vecchio e primo amore, pur mantenendo sempre una porticina aperta al cinema con qualche sussulto di qualità.
Ancora per un trentennio, Frank Sinatra continuò a imperare nel mondo dello spettacolo anche in età avanzata, vecchio ma sempre baldo, fino all’ultima sfolgorante e commovente esibizione del 1994: aveva quasi ottanta anni. D’altronde non poteva fermarsi prima uno cui, era sempre piaciuto sentirsi puntato addosso l’occhio di bue della vita.
Blue moon, (luna blu), era un motivo che cantava spesso. E quando il 14 maggio del 1998, quest’uomo che aveva attraversato e unito con le sue canzoni e i suoi film ben quattro generazioni, chiuse per sempre i suoi occhi blu, invece di quello dell’astro, un altro blu, quello delicato del cielo paradisiaco attendeva il suo spirito . Da qui all’eternità il suo ricordo diventa leggenda.

Vincenzo Filippo Bumbica