Viaggia con noi nell’Età di Mezzo! La meravigliosa storia d’amore di Abelardo ed Eloisa

E’ la storia d’amore più famosa del Medioevo quella fra Abelardo ed Eloisa. Lui professore a Parigi, lei sua giovane allieva. Una storia fatta di tradimenti, trasgressioni e devozione, destinata a diventare leggenda. Leggenda, si: in senso proprio e in senso lato. Quel labile confine che spesso esiste fra verità e finzione non ha risparmiato questi due personaggi: intellettuali davvero esistiti, ma trattati alla stregua di personaggi inventati come Lancillotto e Ginevra, Tristano ed Isotta già poco dopo la morte. Oggi siamo qui per raccontarvi la loro storia e anche la loro leggenda.

L’EPISTOLARIO

Tutto quello che c’è da sapere sulla storia d’amore fra Abelardo ed Eloisa è contenuto nel loro Epistolario, una corrispondenza di otto lettere che, oltre a parlare della loro tormentata storia d’amore, riflettono su questioni teologiche e filosofiche, spesso anche molto difficili per un lettore poco esperto.

Oggi è forse un po’ disonorevole, alla luce della grande fortuna che ha avuto questo epistolario, pensare che sia un falso. O meglio: che in realtà sia stato il solo Abelardo a scriverlo. Per quanto complottista possa sembrare questa tesi, sono gli studi storici e filologici a far sorgere un dubbio sull’autenticità della corrispondenza. Altri pensano che le lettere siano state messe insieme da qualche allievo della scuola di Abelardo. Al di là di queste teorie che, se è concesso dirlo, rompono un po’ la magia della storia, a noi piace credere che questa corrispondenza ci sia stata davvero.

MA CHI ERANO COSTORO?

In breve, Pietro Abelardo era uno dei massimi filosofi del Medioevo, considerato un pensatore rivoluzionario – quindi scomodo – per l’epoca in cui visse. Ebbe scontri accesi con i suoi maestri, primo fra tutti Anselmo di Laon. Giusto per capire quanto Abelardo fosse inviso ai contemporanei, basta ricordare che il maestro contro cui polemizzò avrebbe – qui il condizionale è d’obbligo – studiato presso un altro famoso Anselmo (Anselmo d’Aosta) che, per chi non lo sapesse, è stato il “teorico” dell’esistenza di Dio. Ebbene, Abelardo si era scontrato con una tradizione medievale di tal fatta. Non sorprende che ci si accanì così tanto contro di lui da bruciare i suoi libri.

Eloisa era invece una sua allieva. La giovanissima viveva con uno zio abate di nome Fulberto, che chiamò Abelardo in qualità di precettore privato per la nipote. Non vi fu errore più grave: Fulberto scoprì la relazione fra i due e farà castrare Abelardo.

Delle lettere che compongono l’epistolario, la prima, nota col termine latino di Historia calamitatum mearum sive Consolatoria ad amicum suum (“La storia delle mie disgrazie o consolatoria ad un suo amico”), è la più lunga e racconta la vita del filosofo, in una parabola che passa dall’insegnamento all’amore per Eloisa alla nascita di suo figlio fino ad arrivare a quelle che lui chiama “le due ferite” (quella intellettuale, il rogo del libro, e quella fisica, la castrazione).

COME TUTTO EBBE INIZIO

L’epistolario si apre con la narrazione della giovinezza di Abelardo e i suoi studi. Abelardo è il classico studente insoddisfatto dei propri insegnanti che considera alla stregua di asinelli che fanno più confusione che mettere ordine nella mente dei loro studenti, la classica persona che a scuola “è presa di mira”. Decide così di sfidarli e in seguito di aprire una scuola tutta sua, non senza il disaccordo delle autorità religiose. Aprire una propria scuola allora era visto come atto sovversivo perché insegnare filosofia, e soprattutto teologia, richiedeva molti anni di studio e di esperienza (almeno una decina).

Tutti sono invidiosi di Abelardo: ha notorietà e carisma e si sa che l’invidia è proprio una brutta bestia. I suoi maestri e gli allievi dei suoi maestri fanno di tutto per metterlo in difficoltà. Insegnava a Parigi che nel XII era una delle capitali della cultura filosofica e teologica, incoraggiata dal fenomeno della nascita delle università. Fu in tale occasione che conobbe Eloisa: lo zio Fulberto, per ironia della sorte, aveva chiamato appositamente Abelardo, casto intellettuale tutto d’un pezzo, perché pensava che la nipotina sarebbe rimasta al sicuro. “L’amore per la nipote e la fama dell’onesto passato” avrebbero dovuto rassicurare Fulberto. Ma si sbagliava…

“GALEOTTO FU IL LIBRO”

Abelardo ed Eloisa iniziano così la classica storia d’amore intellettuale: Abelardo coglie sempre l’occasione per frequentare la casa di Fulberto e, cosa che a noi pare più assurdo – in effetti il passo è piuttosto ambiguo (I,13) -, è il fatto che Abelardo punisse fisicamente Eloisa proprio per nascondere la loro relazione agli occhi del canonico zio dietro l’aspetto dell’austero maestro. Da questa unione, nacque in gran segreto Astrolabio, il cui nome,  va ammesso, è l’unica nota stridente in questa storia d’amore.

Una volta che Fulberto scoprì la relazione fra la nipote e il maestro, costrinse i due a sposarsi contro la loro volontà. Eloisa si mostrerà particolarmente restia alla decisione dello zio: “Meglio essere la sua meretrice che la sua imperatrice“, dirà nel prosieguo dell’epistolario Eloisa. Alla fine si sposano, ma sono costretti a separarsi dopo la castrazione di Abelardo: lui andrà all’abbazia di Saint Denis, a nord di Parigi; lei al monastero di Argenteuil, dove era stata educata. Le persecuzioni di Abelardo continuano e alla fine arriverà la condanna del rogo dei libri, secondo e forse ancor più forte smacco per Abelardo.

NON TUTTO E’ PERDUTO

Abelardo ne esce veramente distrutto e fra le righe sembra addirittura meditare di fare l’estremo gesto, tanto non regge più! Ma la sua fama di filosofo, nonostante tutto quello che gli è successo, è tarda a tramontare e molti studenti iniziano a seguire le sue lezioni. Egli stesso ci dice che i locali erano pieni zeppi!

Nel frattempo, Eloisa era diventata priora del monastero di Argenteuil, ma la comunità viene scacciata. Esule e raminghe, disorientate dalla decisione dei vescovi, saranno accolte nel monastero fondato da Abelardo, dedicato allo Spirito Santo (Paraclito). Abelardo avrà così occasione di ripartire da capo, proteggendo la sua Eloisa in qualità di abate.

LA STORIA CONTINUA… 

Il resto dell’epistolario si concentra sulla prosieguo della relazione amorosa. I due amanti, alla luce di tutte le sventure loro capitate, hanno maturato due concezioni ben diverse di amore: quello di Eloisa pare essere più passionale, mentre quello di Abelardo sembra più intellettuale e per certi versi anche un po’ arido… Molti sono state le giustificazioni che hanno spiegato l’atteggiamento distaccato di Abelardo. Ad esempio, per rifiutare il matrimonio, Abelardo, rispetto all’amata, adduce motivi un po’ meno romantici, citando qua e là Seneca e qualche altro filosofastro che, dopo essersi sposato, doveva occuparsi della famiglia e non più dei suoi studi. C’è chi ha voluto vederci un’amore trascendente, sublime oltre ogni misura. Ma i giudizi non sono unanimi.

“Abelardo è il classico uomo”: c’è anche chi ha liquidato così il filosofo. Agli occhi del lettore medio, è comunque Eloisa la vincitrice indiscussa: lei che non ama Cristo, perché lo ama solo per fare un piacere a quell’insensibile di Abelardo; lei che ha fatto tutto per lui, che ora la lascia con un pugno di mosche. In questo modo, l’epistolario (almeno fino alla lettera numero 6) è un moto perpetuo fra queste prese di posizione. Le ultime lettere sono invece di carattere filosofico e dottrinale: riguardano soprattutto la gestione del Paraclito e i costumi da adottare all’interno della comunità.

E ALLA FINE?

Prima morì Abelardo e la leggenda vuole che Eloisa, sepolta vicino all’amante, sia stata accolta da un caldo abbraccio di Abelardo. Ovviamente qui si sfiora l’assurda, ma è comunque bello pensare all’eternità dell’amore fra i due. Oggi la tomba è stata traslata e ricostruita e non è sicuramente fedele all’originale.

La leggenda dell’abbraccio fa però immediatamente capire quanta risonanza abbia avuto sin da subito questa storia che tuttavia, almeno nei primi anni, prendeva a modello la condotta di vita di Abelardo-abate e Eloisa-monaca e non quella dei due amanti. Solo con l’avvento dell’amor cortese, la rilettura approfondita di Ovidio, la stesura del Roman de la Rose, Dante e ovviamente molto dopo con il romanticismo la storia di Abelardo ed Eloisa verrà così tanto abusata da far apparire Eloisa persino come una serva lussuriosa di Satana! L’abuso – e quindi il non uso – della vicenda amorosa di Abelardo ed Eloisa è arrivato a trascurare l’indagine storica ed è per questo che, come accennavamo, Abelardo è più un Lancillotto senza spada.

Ma Lancillotto è tutta un’altra storia…