Mine, intervista ai registi italiani Fabio Guaglione e Fabio Resinaro

Distribuito da Eagle Pictures e prodotto dai creatori di Buried – Sepolto Vivo con Ryan Reynolds, dal 6 Ottobre 2016 sarà disponibile nelle sale italiane il film italiano MINE.
Diretto dai giovani registi Fabio Guaglione e Fabio Resinaro il film ha per protagonista il talentuoso Armie Hammer (J. Edgar, The Lone Ranger) nei panni di un soldato americano che, in missione nei deserti afghani, si troverà a combattere tra la vita e la morte per aver poggiato inavvertitamente un piede su una mina anti-uomo. Unico obiettivo, sopravvivere e aspettare i soccorsi per 52 ore senza alzare il piede da terra. Un film di guerra che è anche un thriller psicologico capace di farci vivere le contraddizioni, i ricordi, le debolezze di un uomo che affronta la paura di morire da solo.
Noi di Social Up abbiamo fatto due chiacchiere con i due registi, che ci hanno raccontato la gestazione, le curiosità e gli aneddoti che hanno portato alla creazione e al compimento di un prodotto cinematografico più unico che raro nel nostro Paese.

Budget limitato e tempo limitato sono due grandi avversari alla realizzazione di un film, come avete gestito entrambe le cose durante la produzione di Mine?

Fabio R: Veniamo dal “film making” indipendente…anzi, non ce ne siamo mai andati (Ride NdR).

Fabio G: Seppur il budget di Mine sia stato una cifra importante per noi, l’ambizione di ciò che volevamo portare sullo schermo ci poneva sempre davanti ai limiti fisici della produzione. La nostra esperienza in anni di produzioni indipendenti è valsa come oro.

Fabio R: Ci occupiamo delle nostre creazioni in tutte le fasi…e questo aiuta ad ottimizzare tempo e costi. Mentre scriviamo una storia pensiamo già a come visualizzarla, mentre facciamo gli storyboard pensiamo a come girarla, mentre siamo sul set pensiamo a come montarla e come postprodurla… Avere le idee molto chiare sia produttivamente che creativamente e pensare a lunga gittata è un modo per noi per avere il progetto sotto controllo e non sforare mai con costi e tempi. In un certo senso la mossa principale è progettare un film in cui i limiti possano costituire uno stimolo a trovare soluzioni che rendano un film un qualcosa di peculiare ed unico. Quando i limiti fanno parte di un progetto sin dall’inizio, come un The Cube, un Buried o un Phone Booth, diventano la sua forza.

Fabio G: La differenza principale di Mine rispetto ai nostri precedenti lavori è stata la mole di fattori problematici da affrontare, ogni giorno, ogni ora, per mesi, anni, in ogni stadio di lavorazione. La lunga durata di questo viaggio si sente tutta…

Armie Hammer, come è stato lavorare con un attore che ricordiamo ha preso parte a film importanti come J. Edgar o The Social Network?

Fabio R: Sembra sempre finto quando lo si sente dire in un’intervista…ma lavorare con Armie è stato fantastico. E’ sempre stato entusiasta, disponibile, preparato e di buon umore sul set.

Fabio G: Avevamo visto Armie in “Social Network” e “Lone Ranger” ed era davvero brillante e bello in maniera perfetta, ma per il personaggio di Mike Stevens avevamo in mente sicuramente qualcuno di più tormentato. Poi Peter ci ha detto “Sapete, gente come David Fincher, Clint Eastwood, Guy Ritchie, Tarsem e Gore Verbinski hanno scelto questo ragazzo per i loro film. Deve avere qualcosa di speciale”. Ci siamo sentiti un po’ stupidi e abbiamo accettato di incontrarlo. Lavorare con lui è stato grandioso. E’ Vergine come me, quindi maniacale nei dettagli. (Ride NdR)

Fabio R: Abbiamo scritto la sceneggiatura pensando a vari attori dall’indole tormentata, ma una volta incontrato ci fu subito chiaro che Armie fosse la persona giusta. Aveva capito perfettamente la sceneggiatura e si era innamorato del film che volevamo fare. Aveva voglia di interpretare il ruolo di un protagonista assoluto su schermo, che gli permettesse di mostrare tutto ciò che sapeva fare come attore. Era pronto a tutto ed era pronto ad accettare la natura indipendente ed avventurosa delle lavorazioni. Ha mantenuto la sua parola e non ha mai perso la pazienza neanche quando per una ripresa gli ho inavvertitamente fatto entrare nell’occhio due etti di sabbia desertica…

– Nel film concorrono diversi generi cinematografici, dal dramma psicologico al film di guerra nella sua cruda natura qual è il taglio che avete preferito maggiormente e qual era il vostro intento?

Fabio G: Il nostro intento è sempre stato quello di usare la premessa di un survival movie per raccontare una storia universale, un dramma, un conflitto in tre atti in cui tutto il pubblico potesse rivedersi.

Fabio R: Per fare questo abbiamo studiato a lungo quali simboli usare nel film, da quelli ovvi a quelli che agiscono su un livello percettivo più subliminale. Un uomo…anzi, un soldato bloccato su una mina è già una metafora potente che mette in scena un essere umano che ha paura di muoversi, non volendo innescare qualcosa di pericoloso per lui. Da questa potente immagine, la storia del film si evolve facendoci entrare nell’animo di una persona che non riesce a muoversi nel deserto…così come non è più riuscita a muoversi nella sua vita privata.

In un panorama cinematografico italiano contemporaneo sterile e alquanto privo di idee vi definireste degli outsider? Che sensazione provate nell’essere i fautori di un film anti convenzionale per gli standard nostrani?

Fabio G: Beh cominciamo col dire che il panorama è meno sterile di qualche tempo fa. Mainetti, Sollima, Garrone, Sorrentino, Sibilia, Rovere…direi che qualcosa finalmente si muove. Ora si tratta di capire se produttori, distributori e broadcaster vorranno dare continuità a questi prodotti che sembrano trovare anche favore da parte del pubblico.

Fabio R: Rispetto agli standard italiani, Mine è stato anticonvenzionale soprattutto per tutta una serie di questioni tecniche che mediamente un film italiano non si trova a dover affrontare specificamente per un film di genere. Un certo tipo di montaggio, color grading, di VFX, di sound design, di mix…solo negli ultimi anni con questa fortunata mini-new wave di prodotti di genere, questi temi ci stanno facendo sviluppare un know how in grado di creare prodotti per il mercato internazionale. Per il resto…non ci sembra di aver realizzato il clone di un film americano, anzi. Abbiamo raccontato questa storia attraverso i nostri occhi europei. Italiani cresciuti guardando cinema hollywoodiano degli anni 80 e cartoni animati giapponesi degli anni 70.

Fabio G: E’ vero che si tratta di una co-produzione e che è stato girato in Spagna con troupe interamente spagnola ed in lingua inglese… Però io vivo Mine come un film italiano. Non pensiamo siano la lingua in cui è girato o la location a determinare la nazionalità di un film. E per ora la sensazione che provo è il piacere di leggere, almeno al momento, che viene annoverato ovunque tra i film italiani in uscita. Tante persone mi scrivono speranzose su Facebook, come se Mine fosse in un certo senso la dimostrazione del si può fare. Io puntualmente gli rispondo che dipenderà dal riscontro del pubblico. Il 6 Ottobre (la data di uscita del film NdR) arriveremo al dunque. Sia noi che il pubblico.

Fabio R: Siamo stati sicuramente degli outsider finora. Lavoriamo da 16 anni a spot tv, videoclip musicali, cortometraggi che sono stati più premiati all’estero che in Italia e abbiamo anche scritto e prodotto un piccolo thriller (True Love NdR) che in Italia è stato distribuito in dvd e su Itunes ma nel resto del mondo è stato distribuito molto bene e in alcuni paesi è anche andato al cinema. Abbiamo lavorato tanto e forse ci siamo spesi poco sulle PR; Speriamo che Mine possa far affermare la nostra esistenza nel panorama cinematografico. Ho il mutuo… (Ride NdR)