Non perdiamoci di vista di Federica Bosco: generazioni a confronto

“Questa è la mia storia, la nostra storia, la storia di tutti quelli che sono cresciuti negli anni Ottanta con un sacco di speranze negli occhi, la musica nelle orecchie e un desiderio su tutti: quello di un amore che durasse per sempre e una vita piena di sogni e tramonti.”

Con queste parole Federica Bosco, una delle autrici italiane più seguite, spiega nei ringraziamenti finali l’essenza dell’intero romanzo.

Betta ha 46 anni, due figli, un matrimonio fallito alle spalle e la speranza che non sia troppo tardi per quella felicità tanto agognata. E’ l’ennesimo 31 Dicembre che si presta a trascorrere con i soliti amici. Gli stessi con cui ha trascorso interi pomeriggi a fumare e a scambiarsi pettegolezzi, e con cui adesso, oramai quarantenni, condivide la sindrome da Peter Pan.
Crescere significa accettare le cose come sono e realizzare di non poterle più cambiare. Troppo difficile, troppo impegnativo.

Un continuo confronto tra generazioni. Quella della protagonista e dei suoi amici che si ritrova a fare bilanci, con quella sensazione di sentirsi stanchi, perdenti, falliti. Quella di Leontine, la mamma di Betta, donna autoritaria ma dal cuore tenero, appartenente a quella schiera di donne e uomini che affrontano i cambiamenti con naturalezza e autenticità, indossando rughe ed acciacchi con sorriso e accettazione. E infine, quella dei figli, Vittoria e Francesco, una generazione altamente tecnologica ed intuitiva ma dal cuore fragile e delicato.

Con uno stile brillante, moderno, chiaro e lineare l’autrice offre a tutti coloro che sono cresciuti negli anni ’80 uno specchio nel quale riflettersi per allontanarsi da una generazione attuale fatta di social, smartphone, di “tutto e subito”. Parola d’ordine: superficialità, direi.

I giovani di oggi hanno forse smesso di sognare, di credere nell’amore vero, quello che “spero duri per sempre” e poi ti lascia in una valle di lacrime? Oggi nel mondo del tutto è dovuto, non alziamo più nemmeno lo sguardo dal nostro telefonino e, nel timore di non vedere un like, ci perdiamo attimi, sensazioni ed emozioni che nessuno potrà restituirci.

Betta si racconta senza se e senza ma, cerca di capire cosa può essere salvato della sua adolescenza e cosa invece è giusto cestinare per vivere meglio il presente. Ci racconta di quel matrimonio finito senza troppi scossoni, della difficoltà di crescere due figli da sola, in un mondo nuovo che li mette costantemente a dura prova, ma che è pure capace di sorprendere.
È un romanzo che invita a guardare la vita dalla giusta prospettiva, a godere a pieno dell’attimo e non nell’attesa del domani. Siamo noi il nostro adulto di riferimento, anche se questo, il più delle volte, ci fa paura.

E se vi dicessi che ci vedrei bene un film?

Buona lettura!

Rachele Pezzella