Per chi come me non ha alcuna dimestichezza di quadri, diventa difficile ricordare le grandi opere d’arte del passato. Se mi chiedessero di nominare tre quadri famosi i primi che mi verrebbero in mente sarebbero la “Gioconda” di Leonardo da Vinci, la “Venere” del Botticelli e “L’urlo” di Munch. Su Munch mi soffermo un attimo per introdurre l’oggetto che sto presentarvi.
La mia ignoranza è tale che di Munch non sapevo nemmeno il nome e sapevo solo che ha ritratto L’urlo, un’opera che a me ha sempre inquietato per l’immagine dell’uomo con la testa a forma di lampadina che sembra distrutto dalla disperazione. Bene, dovete sapere che la maggior parte delle opere di Edvard Munch sono altrettanto inquietanti, se non peggio (parlo da profano ovviamente, lo so benissimo che sono capolavori).
Edvard Munch non ha vissuto una vita felice e le sue disgrazie e il suo dolore sono riportate in ogni sua opera. Sin dalla fanciullezza Munch fu provato da una serie interminabile di disgrazie familiari, in particolar modo la morte della madre di tubercolosi nel 1868 (Edvard aveva solo 5 anni), seguita da quella della sorella Johanne Sophie nel 1877 per la stessa malattia (lui aveva 14 anni).
Fu fortemente influenzato dai circoli bohémien di Oslo che esortavano i discepoli con l’imperativo «Scrivi la tua vita!». Munch prese questa massima alla lettera e da questa cerchia di intellettuali ribelli sviluppò lo spirito autobiografico che usò nelle sue opere per riscrivere la propria vita.
Le sue opere vennero aspramente contrastate dai critici del tempo che tentarono più volte di affossarlo con commenti molto pesanti sui giornali, Tra i tanti ve ne cito due:
«E’ un artista allucinato e allo stesso tempo uno spirito cattivo che si prende gioco del pubblico e si burla della pittura come della vita umana».
«Trasforma troppo semplicisticamente oggetti e persone in una bruttezza indecente a scapito della vera arte».
Lungi da me criticare un genio come lui, ma le sue opere in effetti hanno un qualcosa di macabro e sinistro, in particolar modo quelle dell’ultimo periodo di attività prima del suo crollo nervoso. Giusto per completezza vi riporto “il ciclo della vita” descritto nei quadri da Munch:
1.Seme dell’amore (con i dipinti: Notte stellata, Rosso e bianco, Occhi negli occhi, Danza sulla spiaggia, Il bacio, Madonna);
2.Sviluppo e dissoluzione dell’amore (con i dipinti Ceneri, Vampiro, La danza della vita, Gelosia, La donna, Malinconia);
3.Angoscia (con i dipinti Angoscia, Sera sul viale Karl Johan, Edera rossa, Golgota, L’urlo);
4.Morte (con i dipinti Il letto di morte, La morte nella stanza della malata, Odore di morte, Metabolismo. La vita e la morte, La madre morta e la bambina).
A me interessa presentarvene uno, o meglio una tela che è parte di un altro quadro. Lasciate che vi spieghi ancora questo concetto: Munch non dipingeva un unico quadro, ma più tele di un soggetto (ad esempio de “L’urlo” esistono 4 copie e tutte diverse perchè lui rappresentava gli stessi soggetti con colori diversi e a volte in pose diverse); questo voleva dire per lui estrapolare parte di un’immagine della sua vita disegnata su un quadro e renderla più visibile rappresentandone più di un particolare.
Il quadro di cui vi parlo è “La madre morta e la bambina”, ma più in particolare della tela “La madre morta”, Dipinto tra il 1899 e il 1900, una copia di questo quadro oggi è custodita nel museo di Brema e rappresenta una scena struggente di una bambina che si porta le mani alle tempie disperata per la morte della mamma alle sue spalle.
Senza dubbio Munch ha voluto riportare in questo quadro la morte della madre di tubercolosi quando aveva soli 5 anni e dire che l’immagine riesca perfettamente a far breccia nell’animo di chi la osserva è dir poco perché oltre a quello lascia anche un profondo senso di inquietudine. Ma mano che si osserva la bambina ci si inizia a chiedersi perchè abbia le mani alle orecchie: cosa sta cercando di bloccare? La realtà? Il silenzio della morte che pervade la stanza? L’immagine nel suo cervello della madre vinta dalla malattia? La paura della morte?
Munch ha creato molti dipinti in cui i suoi soggetti sono la malattia e la morte, ma questo in particolare ha qualcosa di davvero pauroso: se provate a fissare la bambina per alcuni secondi, vi sembrerà che lei stessa vi stia fissando e che in qualche modo la sua immagine si stia insinuando nella vostra testa, lentamente ma in modo inesorabile. Se poi osservate la versione che fece in carboncino (ve la riporto assieme all’originale) quel sospetto diventa quasi terrore: se osservate bene sia la bambina che la madre (che dovrebbe essere morta in teoria) sembrano fissarvi e l’effetto che hanno è molto più profondo.
Sinceramente mi sento di dargli ragione: osservando “The Dead Mother” si possono provare inquietudine, paura, pena e angoscia, anche se sicuramente non così intensi come fu costretto a provarli lui a soli 5 anni.
Più ancora che il famosissimo urlo, direi che The Dead Mother è il quadro perturbante per antonomasia e che riesca a far vivere in un certo senso quella sfumatura in cui il corpo cessa di esistere per divenire … morte.
Queste tele poi sono considerate maledette, perchè parecchi amanti dei quadri di Munch che le hanno osservate da vicino hanno affermato di aver accusato malori, o sensazioni di ansia e angoscia. Alcuni addirittura hanno detto che gli occhi della bambina sembrano seguire chi la osserva troppo a lungo e che ogni volta che accade anche la temperatura attorno ai presenti scende drasticamente.
Suggestione? Forse…