La stagione 2019/2020 è stata una delle più difficili, imprevedibili, particolari e lunghe di sempre e si è conclusa con i Los Angeles Lakers campioni NBA e LeBron James MVP delle Finals. L’unico responso prevedibile, forse, è stato quello dei vincitori. L’aveva annunciato James ad inizio anno, questa sarebbe stata la stagione della rivincita, the revenge season. Lo sport moderno, soprattutto quello americano, vive di questi slogan, aforismi o frasi celebri e proprio questi hanno accompagnato fin dall’inizio la carriera del figlio di Akron, ora 4 volte campione NBA.
Appena arrivato nella lega è stato presentato come The chosen one, il prescelto, ma non basta questo a esplicare l’enorme dose di pressione che ha dovuto sopportare durante la sua carriera. Dopo 7 anni di risultati individuali fenomenali, ma non accompagnati da vittorie di squadra, un’altra frase entra nella storia di Lebron James, quella che verrà poi apostrofata come “The decision”:
I”m going to take my talents to South Beach and join the Miami Heat
Porterò il mio talento a South Beach e giocherò per i Miami Heat.
I primi titoli di LeBron James
La storia continua in Florida, dove si propone di vincere non uno, non due, non tre (titoli, ndr) … In realtà il conteggio si fermerà a due, ma abbastanza comunque per portare James nell’olimpo dei vincenti, dopo che molti per troppi anni gli hanno dato del perdente. Poi, nel 2015, il ritorno a casa, nella sua Cleveland, per riportare a casa un titolo nell’Ohio. Ci è riuscito un anno dopo, in una delle serie finali più belle e incredibili di sempre, rimontando un deficit di 3-1 contro una delle squadre più forti della storia del gioco. Nei due anni successivi altre due comparse alle Finals, ma l’esito era già scritto nel libro del suo destino, troppo forte Golden State. Il diritto di andarsene a testa alta però, questa volta se l’era guadagnato. “Cleveland this is for you”, aveva gridato al mondo dopo il titolo vinto per la sua città.
Il Re nella città degli angeli
Estate 2018, un altro cambiamento, ma questa volta niente show televisivi. Lebron raggiunge i Los Angeles Lakers per rompere quella maledizione che non li vede alle Finals dal 2010, un periodo lungo per una franchigia abituata al successo. La prima stagione non va come crede, il suo impatto è determinante ma il supporting cast non all’altezza. Quindi, quando subisce un infortunio a metà stagione, si infrangono i sogni Losangelini di tornare in postseason. Nell’estate 2019 recluta Anthony Davis, ed etichetta la stagione che verrà come the revenge season, la stagione della rivincita, e così sarà.
Se l’esito era pronosticabile (ma non scontato), non lo è stato il viaggio che ha portato a questo titolo, il 17-esimo per i Lakers (che eguagliano i Boston Celtics), e il quarto per il Re. Molti fattori hanno influenzato quest’annata, dapprima la morte del compianto Kobe Bryant, icona dei Lakers e della città di Los Angeles. Successivamente sono arrivate la sospensione del campionato a causa del Covid-19, le proteste per le ingiustizie sociali nei confronti degli afroamericani ed infine la ripresa nella bolla di Orlando.
Il percorso ai Playoff
Nella bolla i gialloviola viaggiano spediti, guidati da un super Anthony Davis, alla sua prima esperienza Playoff, e dal loro capitano, il quale sembra non aver mai bisogno di ingranare la terza. 4-1 ai Portland Trailblazers di Lillard, 4-1 ai Rockets di Harden e Westbrook, 4-1 ai superlativi Nuggets di Jokic e Murray. Poi arrivano le Finals, dove secondo i pronostici ci sarebbero dovuti essere i Bucks, ma arrivano invece i Miami Heat, proprio la squadra con cui per la prima volta LBJ ha potuto assaporare il gusto della vittoria.
L’esordio è sfortunato per la franchigia della Florida, che perde subito Bam Adebayo e Goran Dragic per infortunio, i Lakers ne approfittano e si portano in vantaggio 2-0. In gara 3 reazione d’orgoglio dei Miami Heat e di Jimmy Butler, che con una tripla doppia condita da 40 punti accorcia le distanze nella serie. In gara 4 torna il centro nigeriano e la partita è tirata, anche grazie al contributo di T. Herro e D. Robinson. Questi non bastano però ad evitare la sconfitta e i Lakers si portano sul 3-1, mettendo una seria ipoteca sul titolo.
Quando lo sport incontra l’epica
Gara 5 è una di quelle partite che rimarranno nella storia recente dei Playoff. Un elogio allo sport e alla competizione, dove i protagonisti sono LeBron James, che vuole chiudere la serie, e di nuovo Jimmy Butler, che non vuole mollarla. I due chiudono rispettivamente con 40 punti, 7 assist e 12 rimbalzi, e 35 punti, 11 assist e 12 rimbalzi, dando vita ad un duello epico. Si gioca punto a punto e gli ultimi possessi sono decisi proprio dalle due superstars. Tutti tranne l’ultimo, nel quale la stella di LA, triplicato, regala l’assist per la tripla a campo aperto a Danny Green, che però non va a segno. 3-2.
Arriva gara 6, dove gli Heat non hanno nulla da perdere e la pressione è tutta sulle spalle dei Lakers. Torna anche Dragic, ma il match è a senso unico e già nel primo tempo si verifica una discrepanza di 28 punti tra le due squadre. LeBron chiude con una tripla doppia da 28 punti, Playoff Rondo con 19 punti, e Anthony Davis con una doppia doppia da 19 punti e 15 rimbalzi. LeBron è per la quarta volta MVP delle Finals, ma non va sottovalutato l’impatto, determinate, di A. Davis. Non va infine disconosciuta la grande stagione dei Miami Heat, giunti ad Orlando senza i favori del pronostico ed arrivati a giocarsi il titolo, guidati da un grande leader in panchina, Erik Spoelstra, e da un grande leader in campo, Jimmy Butler.
Doveva essere la stagione della rivincita per i Lakers e per LeBron James. La rivincita è servita.
Hail to the King,
Lunga vita al Re.