Jane Fonda, la diva ribelle di Hollywood

Una gran donna dalla cima dei capelli fino in fondo all’anima ha sorretto un’attrice con buona voglia e altrettanta bravura che quasi senza volerlo oggi è considerata e soprattutto celebrata come una vera diva: una di quelle che come una stella cometa lascia una scia luminosa che ne testimonia il passaggio nell’universo cinematografico.

Jane Fonda voleva prima di tutto cambiare il mondo e a prima vista potrebbe sembrare che il mondo abbia cambiato lei, ma alla fine il mondo non cambia da solo se non cambiamo pure noi. La sua storia particolare perciò rappresenta un esempio di vita vera che talvolta ha attinto molto anche dai vari significati dei personaggi riportati sullo schermo.

Ha così tanta personalità da rappresentare tuttora la simbiosi perfetta di tante dimensioni femminili tra loro idealmente legate da un evidente fil rouge che cuce il presente col passato.

Alta, elegante, gambe lunghe, vita stretta: un viso increspato dalla dolce rugosità della pelle ed esaltato dallo scintillio azzurro degli occhi viene al contempo nobilitato dal suo incedere flessuoso: la natura aiutata da oculate scelte di vita è stata molto benigna con questa signora che ha oltrepassato alla grande la soglia degli ottanta anni e giusto un anno fa in occasione della consegna del Leone d’oro alla carriera alla mostra cinematografica di Venezia, aveva ritirato il premio assieme a Robert Redford rievocando il cinquantenario della coppia protagonista di “A piedi nudi nel parco”.

Ha ancora addosso tutta la sua voglia indomita di libertà e si lascia catturare docilmente dalla curiosità tipica della persona che si vuole evolvere ma non dimentica che la sua vita non è stata per niente simmetrica e nel frattempo però impara a interagire con la gente rimanendo giovane per poi continuare a espandersi tenendo ben a mente la sottile ma importante differenza tra due parole:” Interessata è più importante di essere interessante, poiché spiega, interessarti a qualcosa ti porta fuori da te stessa ed è allora che cominci a crescere. E poi che non è mai troppo tardi per imparare ad amare. Siamo nati sapendolo fare ma poi spesso qualcosa mette fuori gioco quella capacità naturale e dobbiamo imparare di nuovo. È dura ma ne vale la pena”.

Una donna che viene da lontano, precisamente dal 21 dicembre 1937, nata in un quartiere scintillante della New York bene e figlia del maestoso attore Henry Fonda a quel tempo impegnato al fianco di Bette Davis nelle riprese di “La figlia del vento” e di una madre Frances Seymour Brokaw, una delicata figura femminile dal fragile equilibrio psichiatrico, il cui suicidio spacciato per morte naturale avviene quando lei aveva solo dodici anni. Nella sua autobiografia, La mia vita finora, l’ottuagenaria attrice racconta di questo padre gelido e della moglie in preda a frequenti raptus di follia in uno dei quali appunto si uccide tagliandosi la gola. Ma lei non lo sa, il padre le racconta di un attacco cardiaco e la ragazzina scopre la verità su una rivista gossip. Soltanto di recente, con la solita onestà, la Fonda in un’altra intervista rivela di avere subito violenze sessuali da bambina e di essere stata licenziata dal suo capo per aver rifiutato le sue avances. Ma nonostante quest’infanzia triste, Jane non si arrende e decide di evadere dal dolore lasciando alla deriva il rapporto affettivo col genitore che solo nel 1981 si rianimò sul set poco prima che lui morisse.

Irrompe travolgente e sfolgorante nell’ambiente artistico come modella apparendo per ben due volte sulla copertina di Vogue, continua con qualche recita teatrale e concretizza il suo approccio al cinema debuttando ventitreenne nel film “In punta di piedi” (1960) accanto ad Anthony Perkins. Seguono poi il drammatico “Anime sporche” (1962) e due anni dopo il thriller “Crisantemi per un delitto “ di René Clement partner maschile Alain Delon. Ormai la figlia d’arte che dati i natali non doveva avere problemi si è fatta invece da sola e interpreta nel capolavoro di Arthur Penn “La caccia”(1966), il ruolo a lei congeniale della donna amante di un uomo sposato che in barba al pensiero comune sfida i benpensanti di un paesino americano. Uno spaccato sociale di rara intensità dove predomina la violenza e in cui spicca l’incorruttibilità dello sceriffo Marlon Brando e l’emarginazione dell’evaso Robert Redford.

Così lanciata l’attrice newyorchese, diretta dal marito il regista Roger Vadim nel fantasmagorico film” Barbarella(1968), viene valorizzata da splendide scenografie e inguainata negli erotici costumi di Paco Rabanne, diventa un’icona sexy. Gli anni settanta incombono, si acuisce la guerra del Vietnam, divorzia dal marito francese e così finisce l’epoca di Jane conturbante che lascia il posto a Jane pacifista immortalata su una contraerea vietcong e dunque contestata aspramente in patria, mentre in campo professionale disegna uno dopo l’altro autentici gioielli cinematografici che lasciano il segno; si comincia con “Non si uccidono così anche i Cavalli?”  crudele ritratto del periodo della grande crisi americana; si continua con l’inquietante vicenda a tinte gialle di “Una squillo per l’ispettore Klute”, dove vince il primo premio Oscar come attrice protagonista; si indugia tra le pieghe di una delicata amicizia tra due donne sullo sfondo della guerra in” Gulia” di Fred Zinemann, in cui si esalta nel duetto artistico con la bravissima Vanessa Redgrave e si finisce con la toccante malinconia che travasa dal film “Tornando a casa”, ancora un interpretazione magistrale per  la quale Jane Fonda vince il suo secondo Oscar. Malgrado le feroci critiche per sue posizioni politiche estreme Hanoi Jane non si ferma anzi conferma assieme al suo impegno sociale il suo consistente valore artistico: ecco “Arriva un cavaliere libero e selvaggio”; “California suite”; “Sindrome cinese”; “Il cavaliere elettrico”; “Dalle nove alle cinque orario continuato”; film diversi che però per certi versi confermano la vera natura non tanto nascosta che si porta appresso al suo essere personaggio. Chiude questo decennio nei panni della matura casalinga con figlia e nipote a carico che si riscatta insegnando a leggere e scrivere al rude e misogino Robert De Niro di “Lettere d’amore”. Arrivano gli anni ottanta e nel poetico incanto di un luogo senza tempo raffigurato dal dolce panorama del film” Sul lago dorato”, (1981) esplode il problematico rapporto famigliare tra un padre rigoroso (Henry Fonda) la figlia ribelle (Jane Fonda) con il nipote in mezzo sorvegliati dalla grande umanità della madre (l’immensa Katharine Hepburn). Sembra quasi la trasposizione cinematografica della vita reale di Jane ma in quel contesto avviene di più e finalmente i due si parlano veramente, si confrontano e fatalmente si avvicinano: un rimpianto e un addio da parte di lei e un piccolo testamento spirituale e morale del suo coriaceo genitore.

Altro giro altra corsa. Sulla giostra della vita Jane propone il divertimento propedeutico alla salute con il fitness.  Dopo comincia a fare aerobica e scoppia la passione, Adotta un suo metodo che prende il suo nome. Nel 1982 decide di rilasciare il suo primo video di esercizi in VHS. Alla fine della corsa ha venduto 23 serie pari a un importo di 17 milioni di copie.

Agli inizi degli anni novanta Jane sembra afflosciarsi nei panni della tenera mogliettina di Ted Turner, ma il fuoco cova sotto la cenere e nel 2001 divorzia dal marito e ritorna in lizza. Siamo nel 2005, un tonificante ritorno al cinema con “Quel mostro di mia suocera”, Qualche cameo tipo “Youth” di Paolo Sorrentino e “Padri e figli” di Gabriele Muccino. Intuisce nei tempi giusti il grande appeal delle serie televisive e partecipa a quella di Grace & Frankie e tanto per gradire si è molto divertita a girare assieme a Diane Keaton, Candice Bergen e Alicia Silverstone il film” Book Club”(2018)”. Tanto per non farsi mancare niente, immarcescibile e vulcanica Jane sempre più donna dai tanti volti e dei corrispettivi significati, torna sulle barricate. La nuova crociata della ex Barbarella di Hollywood, attivista pentita anti-Vietnam, regina del fitness e moglie divorziata del miliardario Ted Turner, stavolta è contro Jeff Sessions, il ministro della giustizia dell’amministrazione Trump. Jane si batte in difesa del diritto delle donne abusate all’estero spesso a rischio di femminicidio di chiedere asilo negli Stati Uniti. Il casus belli è quello di A-B una salvadoregna brutalizzata in patria dal marito e identificata solo dalle iniziali.

Tre mariti, altrettanti divorzi: Roger Vadim dal 1965 al ’73, Tom Hayden dal 1973 al ’90, Ted Turner dal 1991 al 2001) e un grande amore, Richard Perry, lasciato a 79 anni senza temere di sentirsi sola. Il suicidio della madre, un tumore, la bulimia, un lieve restyling al volto (le guance, le palpebre e le borse sotto gli occhi) che per fortuna mantiene le rughe. Jane oltre che per il cinema è riuscita a sopravvivere anche per questo.

Vincenzo Filippo Bumbica