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Il cane a sei zampe riconquista l’Egitto

L’ingegno è vedere possibilità dove gli altri non ne vedono” parola di Enrico Mattei. A cinquant’anni dalla sua scomparsa sembra che l’Eni abbia mantenuto inalterata la visione del suo fondatore ed oggi può vantare la scoperta del più grande giacimento di gas naturale del Mediterraneo, situato nell’offshore egiziano presso il prospetto esplorativo denominato Zohr. Il pozzo, attraverso cui è stata effettuata la scoperta, è situato a 1.450 metri di profondità d’acqua, nel blocco Shorouk, a circa 107 km dalla costa di Port Said. L’Eni lo ha ottenuto con un accordo siglato nel gennaio 2014 con il Ministero del Petrolio egiziano e la Egyptian Natural Gas Holding Company (Egas) a seguito di una gara internazionale competitiva.

Questa scoperta è una vera e propria rivoluzione geopolitica, il giacimento supergiant presenta un potenziale di risorse fino a 850 miliardi di metri cubi (bcm) di gas; tanto per capire meglio stiamo parlando di più o meno 5,5 miliardi di barili di olio equivalente, ed un’estensione di circa 100 chilometri quadrati. Il giacimento egiziano ha superato per dimensione il Leviathan, situato al largo delle coste di Israele, stimato intorno ai 620 bcm e ritenuto, finora, il maggiore del Mediterraneo.
Negli ultimi 7 anni l’Eni ha scoperto 10 miliardi di barili di risorse, 300 milioni solo negli ultimi sei mesi, confermando così la propria posizione di leader del settore. Questa scoperta assume un valore ancora maggiore poiché fatta in Egitto, paese strategico per il cane a sei zampe, dove la compagnia ha investito numerose risorse e dove sono presenti le istallazioni necessarie per rendere la messa in produzione molto più rapida.

Insomma, una scoperta storica che ha fatto volare in borsa i titoli della compagnia che da ben 60 anni è presente sul territorio egiziano e che, attraverso la controllata Ieoc Production BV, detiene nella licenza di Shorouk la quota del 100% e ne è l’operatore; inoltre, nel marzo scorso ha siglato un accordo che prevede investimenti totali per un valore stimato di circa 5 miliardi di dollari al 100%, che saranno utilizzati per progetti che saranno avviati nei prossimi 4 anni, finalizzati allo sviluppo di 200 milioni di barili di olio e circa 37 miliardi di metri cubi di gas, ma la scoperta di Zohr dovrebbe portare a una revisione al rialzo di queste cifre, tenuto conto anche del potenziale energetico del prodotto, considerato combustibile “ponte”, ovvero di transizione verso fonti rinnovabili a impatto zero.

Le autorità egiziane sono entusiaste (come biasimarli), la scoperta infatti “farà aumentare di un terzo le riserve del Cairo – ha detto il portavoce del ministero del Petrolio egiziano, Hamdi Abdul Aziz – e contribuirà grandemente alla realizzazione del piano energetico nazionale che prevede di conseguire l’autosufficienza entro cinque anni”.

Ma l’Italia oltre al prestigio di vedere una propria impresa eccellere nel proprio lavoro cosa guadagna? Sicuramente il fatto che sia un’impresa italiana ad aver condotto le ricerche non fa altro che rafforzare una partnership economica che favorisce ambedue i paesi e, più in generale, crea un volano di crescita per l’intero continente africano. In secondo luogo, se lo sviluppo energetico di questa area dovesse trovare ulteriori conferme si potrebbero aprire interessanti sviluppi per le esportazioni di gas verso l’Europa occidentale, da sempre alla ricerca di fonti alternative a quelle russe e algerine. D’altronde il Mediterraneo è pur sempre il nostro giardino di casa.

Claudia Ruiz