Li leggiamo, li scrutiamo, li ascoltiamo. Ci immedesimiamo con la loro vita. Facciamo il tifo e stiamo con il fiato sospeso durante le loro mille peripezie. Qualche volta, arriviamo perfino ad innamorarcene. Sono i personaggi letterari, figure umane e non solo, che l’autore crea, ricomponendone i tratti somatici e caratteriali generati nella propria testa. Molti di questi, però non sono solo frutto dell’immaginazione fervida dell’autore, bensì rimandano a donne e uomini realmente esistiti, ricalcandone le caratteristiche peculiari.
Un’esempio calzante e famosissimo è Alice Liddel, la bambina di sette anni da cui Lewis Carroll trasse ispirazione per la curiosa e intraprendente protagonista del noto romanzo fantastico “Le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie”, nel quale Alice appunto, si addormenta e sogna di seguire un coniglio bianco nel Paese delle Meraviglie, un universo fantastico e paradossale, popolato da strani animali antropomorfi.
È ormai celeberrima la storia che pone l’origine del racconto in una soleggiata mattina estiva precisamente il 4 luglio 1862, nel quale lo scrittore britannico Carroll, durante una gita in barca nei pressi di Oxford, in Gran Bretagna, con le tre sorelle Liddell (Lorina, Edith e naturalmente Alice) ebbe la geniale idea di creare un racconto. Nel 1864, a Natale, Carroll regalò alla piccola Alice Liddell il manoscritto “Le avventure di Alice sotto terra” da lui personalmente illustrato.
Le molteplici conversazioni che Lewis aveva con Alice Liddell vengono anche riproposte nella pausa thè con il cappellaio matto. Carroll e Liddell rimasero amici per anni, fino a che lei non partì per viaggiare in Europa: i due, negli anni, smisero poi di frequentarsi. In alcune occasioni successive Carroll disse anche che Alice Liddell fu solamente una fonte di ispirazione per l’Alice protagonista della sua storia. Un bizzarro particolare: la vera Alice non era bionda come appare nelle illustrazioni e nel famoso film di animazione della Disney, ma aveva i capelli castani.
Coetaneo alla Liddell è Michael Llewelyn Davies, lo stesso da cui il drammaturgo scozzese James Matthew Barrie prese spunto, corporalmente e caratterialmente, per dare all’“Isola che non c’è” il suo Peter Pan, il ragazzo folletto che non voleva crescere e viveva mille avventure tra pirati, indiani e ragazzi sperduti. Michael era il quarto dei cinque figli della famiglia Davis e quando nacque, lo scrittore era già intimo amico di famiglia da almeno tre anni.
Il personaggio appare nei romanzi “Peter Pan nei Giardini di Kensington” del 1906 e in “Peter e Wendy” del 1911, a sua volta basato sulla precedente piece teatrale del 1904 “Peter Pan, o il bambino che non voleva crescere”. L’inverno successivo, al debutto dell’opera teatrale, Michael rimase a letto malato per diversi mesi, tanto che Barrie ricreò alcune scene della rappresentazione a casa Davis per mostrarle direttamente al bambino.
Barrie divenne pure il tutore legale dei cinque fratelli in seguito alla morte del padre nel 1907 e poi anche della madre nel 1910. Il rapporto tra Michael e l’autore si rafforzò sempre di più per tutta l’infanzia e adolescenza del ragazzo, seguendone con partecipazione gli studi durante gli anni della scuola.
Da allora il personaggio è apparso in moltissime opere in particolare cinematografiche, tra cui il celeberrimo film animato di Walt Disney del 1953. La storia poi dell’eterno ragazzo e quella del suo autore sono state il soggetto del film del 2004, “Neverland – Un sogno per la vita” con Jonny Depp nel ruolo dello scrittore.
Anche il grande detective della letteratura inglese, Sherlock Holmes, è parzialmente ispirato a un uomo in carne e ossa, ossia il professor Joseph Bell. L’autore del capolavoro appartenente al genere letterario del giallo deduttivo per eccellenza, Arthur Conan Doyle, conobbe il professore nel 1877, quando era ancora solamente un giovane studente di medicina, e rimase fortemente colpito dalle sue capacità deduttive e investigative. Bell infatti a volte collaborava con la polizia come medico forense. Lo stesso Conan Doyle dichiarò esplicitamente che il suo investigatore e il professore avevano parecchi tratti in comune.
Come non annoverare poi il poeta John Gray il quale presenta molti tratti simili a Dorian Gray protagonista del capolavoro di Oscar Wilde, “Il ritratto di Dorian Gray”. Frequentatore di ambienti artistici e letterari, in gioventù ebbe probabilmente una relazione con Oscar Wilde e rimase in contatto con lui per tutta la vita, diventando poi sacerdote.
Egli negò sempre di essere il personaggio ritratto nel romanzo, ma il suo essere cattolico con aspirazioni clericali e allo stesso tempo poeta omosessuale, e insieme al particolare e affascinante fisico androgino lasciano credere che sia davvero stato lui la fonte d’ispirazione di Wilde.
Concludiamo infine con un soggetto stavolta inanimato ovvero Edward, un peluche teddy bear di pezza appartenuto a Christopher Robin, figlio di A.A.Milne, autore di una serie di libri per bambini con protagonista Winnie the Pooh, un orso giallo paffutello e tenero, che vive in una vecchia quercia, e si occupa principalmente di mangiare miele e fare lunghe passeggiate con i suoi animaleschi amici (Tigro, Ih-Oh, Kanga, Pimpi, Tappo, Uffa e Ro) nel Bosco dei Cento Acri.
L’orsacchiotto Edward fu ribattezzato Winnie dopo che Christopher ebbe modo di incontrare Winnipeg, un affettuoso cucciolo d’orso vissuto fra 1915 e il 1934 allo zoo di Londra. Il nome “Pooh”, invece, sarebbe il nome di un cigno incontrato dal bambino in un’altra occasione. Milne iniziò allora a raccontare al figlio fiabe della buonanotte che vedevano Winnie protagonista.
Da queste fiabe ebbe origine il nucleo su cui poi lo scrittore basò la propria fortunatissima opera, pubblicato il 14 ottobre 1926. Nel 1961, la Disney ne acquistò i diritti e fece di Pooh il protagonista di una serie di cartoni animati, inizialmente adattando le storie originali dei racconti e in seguito creandone di nuove.
E voi, conoscete qualcun’altro personaggio letterario ispirato a persone reali?