Dune: rinasce suadente e ipnotica al cinema la grande saga di Herbert

Dune, da noi visto in anteprima al Cinema City Life Anteo di Milano, è dal 16 settembre al cinema. Presentato in anteprima (fuori concorso) alla 74 edizione del Festival del Cinema di Venezia, rappresenta un’esperienza visiva sontuosa ed emotivamente prorompente, che merita di essere vissuta nelle sale.

Suadente e ipnotico come il fascino esotico del deserto e al contempo immenso, imperioso e fonte di meraviglia e turbamento come possono esserlo la scoperta di un nuovo mondo, la conoscenza di se stessi  e il mistero del tempo, Dune, tratto dall’omonimo romanzo di Frank Herbert, è  un traguardo enorme raggiunto dal regista Denis Villenueve, un traguardo cinematografico, della fantascienza, ma anche della letteratura rappresentata al cinema.

Perché tale definizione? Perché troppo a lungo il cinema non ha saputo o ha fallito nel rappresentare un universo e un mondo (quello di Dune) che pure è da sempre stato riconosciuto come la stella polare di molti registi che si sono cimentati con la Fantascienza ed il Fantastico, parliamo ad esempio di George Lucas e di Spielberg, così come di grandi scrittori contemporanei, come ad esempio Stephen King.

Il film di Denis Villenueve ha l’ambizione di riuscire dove altri hanno fallito. Non è l’ambizione ingenua di un appassionato dell’ultima ora; ma l’ambizione consapevole di chi sa il valore di ciò a cui sta attingendo e vuole riportare alla luce dagli “abissi della non conoscenza” un universo, una storia, dei personaggi che il grande pubblico non conosce.

E’ lontano dal Dune di Lynch, film del 84′, che, malgrado alcuni allestimenti scenografici d’effetto, soprattutto nella prima parte, si perdeva poi in deliri orrifici scaturiti da bizzarre suggestioni oniriche del regista, che mal si conciliavano con la complessità e l’ambizione del plot narrativo del romanzo d’origine.

Quello di Viellenueve è un film di grande respiro,  che denota ancora una volta, il rispetto, l’intelligenza, ma anche la voglia di osare con carattere del regista nel trasporre delle grandi storie del Fantastico sullo schermo (lo ha già fatto egregiamente con Arrival e Blade Runner 2049).

Con un cast d’eccezione modellato sui personaggi del libro, il regista, in questo primo capitolo di Dune (che coincide con la Prima parte dell’omonimo romanzo), ci racconta di Paul Atreides, interpretato da Timothée Chalamet, figlio del Duca Leto (Oscar Isaac) e della Bene Gesserit Lady Jessica (Rebecca Ferguson).

Si tratta degli Atreides, una famiglia tra le più nobili dell’Impero Galattico, che nel libro di Herbert è rappresentato come un “universo feudale” in cui i pianeti sono i feudi affidati ai nobili dall’Imperatore.

E proprio quest’ultimo ad ordinare al padre di Paul, sovrano sul pianeta Caladan, e alla sua famiglia di governare anche su un altro pianeta, Arrakis, detto  Dune, per la sua superficie interamente desertica, posseduto per moltissimi anni dalla spietata casa degli Harkonnen.

E’ un pianeta che custodisce un grande tesoro: la spezia, una droga capace di aumentare la longevità della vita e che è talmente potente da permettere i viaggi interstellari; ma Arrakis nasconde anche altre attrattive….e molte, molte insidie.

Intrighi politici e trame “mistiche” ed eugenetiche avvolgeranno presto il giovane protagonista, che si troverà a dover fronteggiare ardue prove sul suo cammino.

E’ stupefacente come il regista riesca con semplicità a descrivere molte delle dinamiche dell’universo Herbertiano: dallo scudo nei combattimenti, agli ornitotteri, all’estrazione della spezia ecc. Si tratta di un’attenzione al dettaglio che è una meraviglia per gli occhi perché utilizza gli effetti speciali per rendere viva l’inventiva sognante e anche visionaria dello scrittore.

Accanto a questo sfoggio di tecnica e di computer grafica, con cui il regista predilige l’immensità degli spazi e delle strutture, celebrando al massimo il sense of wonder, Villenueve non perde di vista mai il fulcro della storia narrata per immagini.

Il primo Dune (sei i romanzi del ciclo originario herbertiano) è innanzitutto un racconto di scoperta e di formazione. Inizia con un viaggio verso un pianeta, Dune, che rappresenterà per il protagonista Paul un confronto-attrazione-scontro necessario per comprendere la propria identità: un viaggio di iniziazione verso sentieri che travalicano il singolo.

In questo percorso individuale del giovane Paul il Sogno rappresenta un elemento portante. Villenueve sceglie di rappresentarlo come una visione lucida, non dai contorni sfocati o evocativi, assimilabile alla realtà: una scelta vincente perché permette di immedesimarsi quasi immediatamente nella percezione sensoriale del protagonista della storia.

Come tutti i film di Villenueve, non manca una componente di suspense, che qui è però meno potente che in altri film (ad esempio Arrival), in quanto ciò che prevale è altro e cioè un forte senso di immedesimazione nell’irresistibile attrazione di Paul verso il pianeta Dune. Come il protagonista lo spettatore si immerge nella spietata legge del deserto, nella crudeltà degli Harkonnen, nel fascino smisurato dei misteri nascosti tra le dune, nella forza segreta delle sabbie e delle creature che lo abitano…

Grande merito hanno le colonne sonore di Hans Zimmer: musica elettronica e melodie “orientaleggianti” si uniscono in un tripudio di effetti sonori che va in parallelo con la grandiosità scenica, comunque verosimile e non sovrabbondante (come invece nel fumettistico e barocco, seppure godibile, Acquaman).

Passando ai personaggi e agli attori, chi ha letto il libro rimarrà incredibilmente sorpreso dall’aderenza dell’interpretazione del giovane attore Timothée Chalamet  con il profilo del carismatico protagonista della storia.  Gli altri nomi non hanno bisogno di presentazioni.

La psicologia dei personaggi non può eguagliare ovviamente la sottigliezza del romanzo. Tra le particolarità del romanzo di Frank Herbert vi è infatti quella per cui ogni capitolo è narrato adottando un punto di vista differente, anche di personaggi secondari, che si alterna agli altri, in modo da formare un mosaico di punti di vista che si riuniscono gradualmente in unica storia (tecnica per certi versi simile a quella utilizzata da Martin nel suo Il trono di Spade).

Se Lynch aveva provato a rendere questo elemento (questo uno degli elementi più sperimentali del film) sovrabbondando con voci narranti in terza persona, Villenueve non sceglie questa via. Segue una via più classica sacrificando la polifonia, per far emergere un solo sguardo dominante quello di Paul Atreides, il Kwisatz Haderach (che cosa significa lo scoprirete guardando il film). E’ un approccio che permette al regista di comunicare in modo diretto con lo spettatore senza rischiare mai di essere cervellotico (data la complessità del romanzo il rischio era molto elevato).

Dune Parte Uno rappresenta dunque una pellicola che celebra la scoperta, l’inizio di una grande saga, densa di atmosfere uniche provenienti dal genio di Herbert, che Villenueve ha saputo realizzare con dedizione e carattere, con una propria solida impronta, sotto forma di poderose, ammalianti e vorticose creazioni visive.

Francesco Bellia