David Foster Wallace: quando la lettura diventa responsabilità

L’esistenza di ogni essere umano è costituita da una serie infinita di scelte.

Ogni singola scelta è un atto di coraggio, una presa di responsabilità necessaria, una tenaglia da cui è impossibile svincolarsi: persino scegliere di non scegliere è di per sé una scelta.

Il modo in cui ci relazioniamo alle persone che ci circondano ogni giorno, i pregiudizi, i pensieri sempre più ricorrenti che finiscono per modellare la nostra personalità, i nostri bisogni essenziali, le idee che ci colpiscono e di cui ci appropriamo, talvolta in modo ingrato, così come ogni singola espressione di noi stessi, della nostra essenza e della nostra presenza all’interno della società, tutto dipende dal modo in cui scegliamo di pensare, di vivere.

Una delle tante cose che possiamo imparare dalla conoscenza di David Foster Wallace è proprio questa: tutta quanta la nostra vita dipende dal grado di attenzione che poniamo nell’atto dello scegliere, questa attenzione non è nient’altro che il nucleo pulsante della nostra esistenza.

Leggere anche solo alcune delle pagine di Wallace richiede un grande sforzo di concentrazione. Basti pensare alla precisione e al rigore di alcuni periodi che scorrono lungo pagine intere senza sosta, alla coordinazione puntuale dei pensieri, alla perfezione con cui piccoli frammenti di realtà si uniscono gli uni agli altri in modo quasi naturale, spontaneo. Senza ombra di dubbio questa particolare attenzione nei confronti del periodo riflette a pieno il modo di pensare dello scrittore, inteso non soltanto come espressione di un punto di vista particolare e personale degli eventi, ma soprattutto come successione consequenziale e ordinata dei pensieri, derivatagli sicuramente dalla formazione filosofica, accompagnata ad un particolare interesse nei confronti della logica, acquisita nel corso degli studi universitari. Ma ciò che caratterizza più di ogni altra cosa la scrittura di Wallace è la raffinatezza del lessico, qualità del tutto inaspettata se la si confronta alla crudezza quasi scandalistica dei contenuti.

Image by © Gary Hannabarger/Corbis

Wallace sa descrivere con attenzione ogni particolare, sa bilanciare con maestria innumerevoli dettagli senza mai sembrare ridondante, e i suoi racconti, anche quelli più brevi, ne sono un ottimo esempio. La ragazza dai capelli strani, una raccolta di racconti pubblicata nel 1989, alcuni anni prima dalla pubblicazione di quello che verrà considerato da tutti il suo capolavoro, Infinite Jest, non è nient’altro che un insieme di osservazioni momentanee, piccoli frammenti di realtà che passerebbero inosservati agli occhi di chiunque, ma che Wallace sceglie di immortalare apparentemente senza alcuna ragione. Il lettore a cui viene fornita una testimonianza così precisa e istantanea di ciò che avviene nel testo smette di sentirsi tale e inizia a ragionare come se fosse proprio lì, accanto ai personaggi, incerto come loro sul da farsi. Ma al lettore, ancora troppo concentrato sull’osservazione del momento, spetta una responsabilità maggiore, quella del finale aperto. I racconti di Wallace spesso si interrompono fin troppo bruscamente, a volte persino nel momento più intenso della narrazione: nel testo non vengono presentate delle alternative, non viene fornito nessun suggerimento, dunque si finisce col restare così, di stucco, in uno stato di frustrante sospensione, a interrogarsi sul senso dell’intera vicenda che si è appena letta.

Wallace è uno scrittore che destabilizza in un modo sorprendentemente preciso e consapevole. Indaga la quotidianità con la precisione di un ispettore, talvolta scavando a fondo nel mondo dei tabù più comuni, senza mai abbandonare la voglia di farci sorridere e divertirci attraverso l’uso del paradosso. E ci destabilizza proprio perché ci lascia in sospeso, ci fa intendere che nessuna soluzione può essere compresa guardando gli eventi da un punto di vista univoco. Da qui la mancanza di pretenziosità di uno scrittore che ci aiuta a pensare, che letteralmente ci fa esercitare come se ci trovassimo davanti ad un compito in classe a sorpresa.

Dunque a preoccuparci non sono più gli eventi tragici del presente, ma tutte le infinite conseguenze possibili, quelle che possiamo leggere soltanto spostando lo sguardo oltre la pagina, al di là della forma precisa, nella realtà liquida e incostante degli eventi che accadono sotto i nostri occhi ogni singolo giorno. Ecco che il racconto diventa pretesto e il lettore a questo punto può liberamente decidere se interessarsene o meno. Si tratta ancora una volta di scegliere…