Crisi odontoiatria: trend internazionale o ritardo nell’adattarsi al cambiamento?

Dati alla mano, il settore odontoiatrico è uno dei servizi della cura alla salute tra i più frequentati dagli italiani.

Oltre il 38% dei cittadini, infatti, si reca in uno studio dentistico almeno una volta all’anno per inserire impianti, risolvere problematiche dentali o semplicemente per migliorare l’estetica della propria bocca.

Numeri importanti ma in calo dal 2020 ad oggi.

Sono infatti 60mila i professionisti radicati su tutto il territorio italiano, su cui grava però un 50% di accessi in meno negli studi e un calo degli incassi che si somma al -26% già sfiorato nel primo anno di pandemia, stando ai dati dell’Associazione Nazionale Dentisti Italiani (ANDI).

Si tratta di una crisi di settore che segue l’andamento nazionale e internazionale o, piuttosto, di una crisi sociale e culturale legata alla mancanza di capacità di adattamento in un mondo che cambia sempre più rapidamente?

Secondo Michele Rossini e Paolo Torregrossa, fondatori della società di consulenza specializzata nella digitalizzazione degli studi odontoiatrici Dentista21, la digitalizzazione delle nostre vite ha radicalmente modificato modi di vivere, comunicare e lavorare, e anche il comparto odontoiatrico non fa eccezione.

Non si può pensare che ciò che accade nel mondo non influisca direttamente all’interno degli studi odontoiatrici. Il mondo e l’odontoiatria sono cambiati profondamente – spiega Rossini, che è anche docente del Master di 2° livello in Odontoiatria Digitale presso l’Università di Brescia e socio fondatore della società scientifica S.I.P.R.O. – e hanno partorito un nuovo tipo di persone, come clinici e pazienti, che necessitano di un nuovo tipo di strumenti digitali per vivere e lavorare. Non comprendere questa dinamica significa perdere il contatto con la realtà e rinunciare a tutti i vantaggi che le nuove tecnologie possono offrire ai professionisti del settore dentale”.

Ma la digitalizzazione, da sola, rischia di non bastare per risollevarsi dalla crisi.

Secondo una ricerca effettuata dall’importante società di consulenza McKinsey, infatti, il tasso di fallimento dei progetti digitali nelle organizzazioni raggiunge addirittura il 70%.

Il co-founder di Dentista21, che nasce proprio con lo scopo di educare il mindset digitale dei titolari di studio fornendo loro tutti gli strumenti necessari per percorrere i 4 livelli della digitalizzazione, spiega che “la tecnologia digitale è nulla senza la mentalità digitale, e per sfruttare al meglio tutte le sue potenzialità occorre sviluppare un mindset differente”.

Attraverso una partnership con la multinazionale fiorentina Giunti Psychometrics, che fornisce un test chiamato M4DAQ, gli esperti del progetto Dentista21 spiegano a dentisti e studi odontoiatrici cos’è una mentalità digital oriented, che caratteristiche ha e come svilupparla.

Secondo la nostra esperienza – prosegue Rossini – è necessario riflettere a fondo sui vari livelli che compongono il processo di digitalizzazione. Il primo livello, detto formale, è quello in cui si cerca di capire se la tecnologia che ci occorre esiste ed è disponibile, così come nel secondo livello (detto tecnologico) capiamo se possiamo permetterci di investire in essa. Oggi questi due livelli sono facilmente superati dal fatto che disponiamo di un enorme quantità di tecnologia, disponibile per chiunque voglia investire in questo settore. Quando la tecnologia è disponibile e arriva nei nostri studi, ci troviamo nel terzo livello della digitalizzazione, detto effettivo. In questo livello, lo scopo è essere in grado di ottenere risultati con la tecnologia che abbiamo a disposizione. Le persone che usano strumenti tecnologici, specialmente i giovani, sono abituate a ottenere risultati con gli strumenti che hanno a disposizione. E allora perché i progetti che riguardano la digitalizzazione delle imprese e degli studi odontoiatrici falliscono, o comunque non portano a risultati duraturi e sostenibili? A mancare è spesso l’ultimo livello del processo di digitalizzazione, quello più complesso e meno conosciuto. Si tratta del livello sociale e strategico, dove non solo è necessaria la capacità di utilizzare la tecnologia ma è fondamentale comprendere l’impatto che l’utilizzo della tecnologia avrà sulle nostre imprese, sui nostri studi, sulle persone che vi lavorano e sulla popolazione dei pazienti. Solo attraverso la comprensione di come questo nuovo modo di interagire, comunicare e lavorare influisce sul nostro modo di pensare e di prendere decisioni, potremo trarre beneficio dall’investimento della digitalizzazione a medio/lungo termine. Solo attraverso l’utilizzo strategico dei processi digitali potremo venire incontro in maniera proattiva ai bisogni e alle esigenze del nostro utente finale che è il paziente”, conclude l’esperto.

redazione