Brexit-effect: in U.K. adesso manca persino il carburante

A causa dell’uscita dall’Unione Europea, il Regno Unito ha dovuto affrontare non poche problematiche.

Da quelle relative alla pandemia prima, all’apertura dei confini per i turisti poi, alla mancanza di cibo nei supermercati, agli scozzesi che volevano tornare nell’Unione Europea a causa della batosta economica causata dalla Brexit ad alcuni settori chiave della loro economia.

Ad oggi, il Regno Unito si trova ad affrontare l’ennesimo problema causato dalla sua uscita dall’Unione Europea, in quanto c’è una fortissima carenza di carburante, o meglio, di camionisti che lo trasportano. Molti autisti di mezzi pesanti, infatti, provengono da Paesi dell’Est Europa.

 

Secondo quanto riportato dal Wall Street Italia, “circa 25.000 conducenti di autocarri dall’Unione Europea partiti nel 2020 non siano mai tornati in Gran Bretagna, mentre 40 mila autisti sono in attesa del test per poter guidare gli automezzi pesanti”.

Insomma, il problema non è il carburante, ma la forza lavoro ad esso collegata. E’ ovvio che la mancanza di carburare crea molti ed innumerevoli disagi. Dalle lunghe file ai distributori, alla difficoltà di reperire, anche per i mezzi pubblici, benzina e gasolio, oltre ovviamente al cibo, ai medicinali ed a tutti quei generi di prima necessità che non riescono ad arrivare nei negozi per essere poi venduti ai cittadini.

Il governo cerca di correre ai ripari

A Downing Street, durante un vertice straordinario, si è cercato di trovare in breve tempo di trovare una soluzione per tamponare un problema non di poco conto. Il governo britannico ha pertanto deciso di concedere un considerevole numero di visti temporanei di lavoro. Già, perché il problema è legato proprio ai visti ed al loro iter per il rilascio, piuttosto lungo e laborioso da aver scoraggiato molti lavoratori a lasciare il Paese. Sembra che, per il solo settore dei trasporti, i visti saranno più di 10.000.

La loro validità dovrebbe andare dal mese di ottobre alla vigilia di natale, così da scongiurare problematiche relative agli approvvigionamenti in alcuni dei mesi più critici dell’anno sotto questo punto di vista. Un modo, secondo Boris Johnson, per salvare il natale inglese. Almeno quello del 2021.

Sharon Santarelli