Un uomo tuttofare, 90 anni e ancora tanta energia: Clint Eastwood

Lo scorso 31 Maggio Clint Eastwood, icona del cinema universale a trecentosessanta gradi (attore, regista, produttore e compositore), ha finalmente spento ben 90 candeline e, considerando che ha debuttato alla recitazione cinematografica nel 1955, senza aver ancora attaccato le scarpe al chiodo, può festeggiare anche i 65 di carriera come attore.

Clint Eastwood
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Infatti, come regista tutto è iniziato con un cortometraggio nel 1971, e il suo primo film prodotto risale allo stesso anno. Colonne sonore, invece, ha iniziato a comporle dall’inizio degli anni Ottanta.

Insomma, Clint non è solo l’icona western che tutti conosciamo, se pensiamo ad esempio alla celebre “trilogia del dollaro” di Sergio Leone. Mettendo da parte una sensualità che sembra non aver del tutto smarrito nonostante l’età consacrandolo anche come icona sexy del cinema, non tutti sanno che Eastwood prese parte nel 1967 ad una commedia all’italiana, “Le streghe”, recitando splendidamente diretto da De Sica ed accanto alla Mangano in un ruolo nuovo ma efficace su di lui. Sebbene non nello stesso frammento, il cast eterogeneo vede riuniti per quest’occasione Totò, Sordi e Clint: una tripletta assurda!

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Quando approdò alla regia cinematografica negli anni Settanta ormai era già un consolidato interprete acclamato, specie nel memorabile “Fuga da Alcatraz”, un film dal grande senso di economia espressiva. Come mai decise di posizionarsi anche dietro, e non solo davanti, alla macchina da presa?

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Questo non lo sappiamo, il talento però ne è una prova di legittimazione, e anche la sua ultima dichiarazione: “Ho novant’anni ma penso solo al prossimo film. Continuo a lavorare. Cos’altro dovrei fare?”.

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In effetti la sua bravura è stata proprio quella di farsi strada lentamente, impressionando tutti nel ruolo di pistolero nel far west, ma ancora di più sorprendendo pubblico e critica dimostrando di non essere solo una maschera, un interprete eccezionale al servizio di qualcuno, ma anche un autore a cui “sottostare”, pur muovendosi inizialmente nell’ambito dei generi tradizionali e proponendo i classici temi della ricerca di giustizia e del riscatto morale.

La novità e il segreto del successo critico, unito a quello popolare, risiedevano nella costruzione di storie con personaggi ambigui, complessi, problematici, rivelando una ricercata qualità psicologica di narrazione.

Col passare del tempo i suoi lavori hanno iniziato a meditare accuratamente sul tema della vecchiaia, tra rimpianti e prospettive future non prive di ottimismo. Un plauso speciale tra i tanti va a “Million Dollar Baby” del 2004, da lui diretto, interpretato e prodotto, dimostrando che anche quando si fa tutto da soli (per modo di dire) si possono raggiungere alte vette, come l’Oscar vinto dal film in questo caso. Tra l’altro la pellicola è delicata e fondamentale per comprendere meglio una problematica attualmente ancora tanto discussa come l’eutanasia.

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Pur avendo prodotto quasi sempre film suoi, ricordiamo che la sua carriera da produttore lo vide protagonista di pellicole non dirette da lui negli anni Settanta, come il primo di una serie di successo (“Ispettore Callaghan”), in cui fu anche interprete principale.

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Se pensiamo però anche alla sua anima da musicista ha composto colonne sonore quasi sempre per pellicole da lui dirette, e magari anche prodotte, come  “Gran Torino” del 2008. Pur non eccedendo mai di vanità, Clint Eastwood ha dimostrato di essere consapevole di una totale autorialità che, unitamente alle possibilità economiche che gli hanno permesso di produrre, può esprimersi pienamente solo in coloro che, come lui e secondo quanto da lui riportato, hanno “voluto interpretare un’economia di parole” e “creare questa sensazione attraverso l’atteggiamento e il movimento”.

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Sono o non sono queste le componenti essenziali per racchiudere sapientemente, come lui ha saputo fare, tutti gli ingredienti che reggono la settima arte?

Christian Liguori