Chi, in un paese come il nostro, non si è mai dovuto confrontare con un insegnante incompetente e disonesto? Il professore pervertito, il pazzo, il vanesio, quello che chiede tangenti in cambio di voti alti… Sembra grottesco, ma mostri del genere si possono trovare potenzialmente in qualsiasi ateneo della penisola, e non importa quanto lo studente sia preparato e brillante: o gioca alle loro regole, o l’esame non lo passa. In questo clima di profonda insofferenza, da parte di una classe studentesca al limite della sopportazione; Tuttapposto, il nuovo film di Gianni Costantino, cerca di trovare una soluzione al problema, invertendo i ruoli di esaminatori ed esaminati.
Sinossi e cast del film
Il film racconta la storia di Roberto, studente di un’università gestita da professori che vendono esami, promuovono solo i raccomandati e che, alla faccia della meritocrazia, hanno addirittura tutti lo stesso cognome. Roberto stesso è un raccomandato, figlio del rettore dell’ateneo, interpretato da Luca Zingaretti.
Il forte imbarazzo per la casta sociale di cui anche lui fa parte, lo spingerà a decidere di combatterla, allontanandosi dalla sua famiglia e creando, assieme ai suoi amici, “Tuttapposto”, un’app simile a TripAdvisor, con la quale dare valutazioni agli insegnanti stessi. L’inversione di ruolo porterà gli studenti ad avere il coltello dalla parte del manico, e gli insegnanti a comportarsi in modo impeccabile pur di ottenere dei buoni voti.
La comicità del film, delicata e mai volgare, mette in risalto la performance di Roberto Lipari che, pur essendo la sua prima volta sul grande schermo, dimostra una grande abilità e naturalezza. L’intero cast artistico supera a pieni voti le aspettative, in particolar modo Zingaretti, con la sua perfetta combinazione di serietà ed ironia, e la mitica Silvana Fallisi che ancora una volta ci regala un’interpretazione frizzante ed irresistibilmente buffa. Nonostante ciò, l’umorismo delle varie gag comiche non risulta mai particolarmente dirompente, riuscendo a far sorridere il pubblico, ma mai ridere davvero.
Analisi della trama
Il film si assume il delicato compito di tracciare il ritratto allegorico della cultura italiana, profondamente legata a tutta una serie di comportamenti scorretti che, con rassegnazione, vengono ormai visti come la normalità. L’ateneo di “Borbona Sicula” è un microcosmo in cui tutti quei comportamenti sono portati all’ennesima potenza, non essendoci nessuno in grado di contrastarli. Come nel paradosso di Hegel (citato anche nel film) l’applicazione ristabilisce un equilibrio tra gli schiavi (studenti) e i padroni (professori) spogliati del loro potere assoluto.
Il lungometraggio, con ironia ma anche eleganza, fornisce allo spettatore un po’ di quella soddisfazione che nella vita reale diventa quasi un miraggio. Chiunque infatti vorrebbe poter vivere in una realtà priva di ingiustizie ed abusi di potere, possibilmente prendendosi qualche rivincita su chi infrange le regole. Nello sconfiggere i vecchi ma solidi potenti, Costantino ci mostra quanto essi possano risultare profondamente ridicoli nella loro ipocrisia. L’obiettivo finale del film è sicuramente quello di sconfiggere il “tanto in Italia non cambierà mai niente” grazie a una nuova fascia giovane della società, legata a nuovi valori e a strumenti che rivoluzionano il terreno di scontro.
Tuttapposto in questo film?
Tuttapposto tratta un tema di cui non si parlerà mai abbastanza. Pur mostrando una versione della realtà portata all’eccesso, i personaggi risultano tristemente plausibili, e le situazioni ingiuste ci fanno sorridere nervosamente in maniera naturale. L’idea di voler affrontare argomenti tanto sottili e complessi è decisamente ammirevole, e tutto sommato raggiunge l’obiettivo di aprire il dibattito. Per il resto però, il film risulta decisamente poco convincente e tradisce una scrittura piuttosto ingenua. Il problema centrale sta proprio nell’idea che fa da fulcro a tutta la storia: l’invenzione dell’app miracolosa che cambia le carte in tavola.
Se Roberto viene considerato per metà film come il padre della “rivoluzione”, è dato unicamente dall’aver avuto l’idea per Tuttapposto. Per il resto le sue azioni decisive per lo sviluppo della trama sono ridotte all’osso. Non è lui che programma Tuttapposto, né chiama gli studenti a protestare. È una decisione del rettore che segna una svolta nella trama. Evento che sarebbe stato inutile se il ministero dell’istruzione non si fosse interessato al benessere degli studenti. Il protagonista fa esattamente ciò che in genere fa chi si trova in una posizione privilegiata: delega e si prende il merito.
Se si voleva rappresentare l’importanza di manifestare per riuscire a cambiare le cose, il prodotto finale ci fa capire come solo una reazione interna al baronato stesso possa portare dei risultati concreti. Ancora una volta il tempo e il sudore dello studente fanno da contraltare a una decisione della classe docente, in cui risiede il potere assoluto. Ciò conferma le parole di Platone: “L’umanità non potrà mai vedere la fine dei suoi guai, fino a quando i detentori del potere non diventeranno amanti della saggezza”.