L’Autunno è, forse più di tutte le altre, la stagione dei malanni. Cambi di temperatura repentini, pioggia, giornate ventose rappresentano tutti fattori che espongono il nostro corpo ad una dura prova. Le fresche giornate autunnali, però, sono anche le migliori per concedersi il piacere d’una tisana calda ed avvolgente, una condizione da sfruttare senza alcun dubbio per aiutare il nostro organismo con dei rimedi del tutto naturali. Di come sostanze di origine vegetale, ed in particolare le spezie ed il the matcha, possiedano proprietà medicinali vi avevamo già parlato. Oggi ci soffermeremo sull’importanza delle erbe medicinali e su come le loro giuste combinazioni possano soccorrerci contro i mali di stagione.
L’impiego delle erbe in medicina, non è difficile immaginarlo, ha origini antichissime. Ha cominciato a diventare una pratica diffusa con l’avvento dell’agricoltura, quando una profonda conoscenza delle piante è diventata necessaria anche per la loro coltivazione. Sebbene Egizi, Greci e Romani ne facessero già uso e avessero iniziato a curare dei veri e propri orti medicinali, ad organizzare in maniera sistematica e regolamentare il loro impiego per la prima volta, furono gli Arabi, da sempre pionieri nelle scienze. Si deve a loro, infatti, la prima farmacopea che aveva forma di un elenco di ricette farmaceutiche contenenti le proporzioni in cui le erbe andavano usate e la loro composizione chimica. Al grande potere delle erbe dobbiamo anche la prima, forse un po’ rudimentale, anestesia meglio nota come spongia sonnifera: una spugna imbevuta di succo di mandragora e di giusquiamo ed oppio che il paziente doveva inalare.
Sarà scontato, ma è importante ricordare che non tutte le erbe sono innocue. Oltre ai problemi più banali, associati a possibili allergie, i principi attivi da esse contenute possono avere effetti collaterali e di tossicità anche gravi. Non c’è da meravigliarsi, quindi, che si sia cercato di regolamentare il loro uso attraverso l’inserimento di alcune miscele adatte alla preparazione di tisane all’interno della Farmacopea Ufficiale Italiana che possono essere prescritte dal medico e preparate dal farmacista e che potete trovare qui.
La formulazione di una tisana non è qualcosa di casuale, al contrario sottostà a regole di composizione ben precise che tengono conto dell’effetto ricercato. Ciascuna preparazione dovrebbe, infatti, contenere:
- remedium cardinale o rimedio di base: a seconda dello scopo del preparato, si riferisce alla pianta o alle piante guida, che contengono quindi il componente attivo principale di cui si vogliono veicolare le proprietà;
- adjuvans o adiuvante: indica quelle piante (di norma una o due) che, quando affiancate al rimedio base, possono massimizzarne o correggerne l’attività;
- constituens o complemento: che completa l’azione accessoria della tisana;
- corrigens o correttore: considerato che la tisana andrà bevuta, questo componente avrà il compito di migliorarne odore e sapore in modo da rendere accettabile la miscela. Anche in questo caso, si parla solitamente di una o due specie vegetali.
A queste regole base di composizione, si affianca la buona pratica di non esagerare con il numero dei componenti, massimo 5 o 6, e tendenzialmente di non combinare droghe troppo diverse tra loro, come foglie e radici. Questo consente di massimizzare l’azione e minimizzare le interazioni sfavorevoli.
Quali che siano le erbe scelte per la formulazione, è importante conoscerne effetti collaterali ed eventuali interazioni con farmaci e patologie. Non sono poche le erbe il cui impiego è sconsigliato in gravidanza e allattamento, vuoi per la particolare condizione della donna, vuoi per la loro capacità di conferire un sapore sgradevole al latte. Tra queste troviamo sicuramente il rabarbaro, la frangola ed il ginepro. Il Gingko e l’Harpagophytum (o “artiglio del diavolo“)possono interagire negativamente con i farmaci anticoagulanti o comunque impiegati per la cura dell’apparato cardiocircolatorio. L’iperico, invece, agisce come induttore enzimatico, ovvero stimolando la metabolizzazione dei farmaci e riducendone la permanenza all’interno del corpo. Ciò causa interferenze nel caso in cui si sia sottoposti ad una terapia farmacologica mirata, si tratti di contraccettivi orali, antivirali, o cardioregolatori. L’impiego dell’echinacea, invece, è fortemente sconsigliato nel caso in cui si soffra di patologie del sistema immunitario come la leucopenia,ossia basso numero di globuli bianchi, o AIDS. Non si tratta, dunque, di composizioni da prendere alla leggera per la propria “naturalità”, la natura offre cure, ma anche veleni.
Per quanto si tenda ad usare i termini in modo piuttosto generico ed impropriamente, esiste in realtà una chiara differenza tra tisane, infusi e decotti. La stessa non è limitata alla scelta delle componenti, bensì interessa anche la modalità di preparazione:
- La tisana prevede l’utilizzo sia di componenti legnose che di quelle tenere della pianta che vengono messe a bagno in acqua già bollente e per un tempo massimo di 5 minuti;
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L’infuso seleziona solo le parti tenere, come fiori e foglie, e prevede un’infusione più lunga in acqua bollente di 5-10 minuti;
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Il decotto rappresenta una preparazione di certo più elaborata. Richiede l’impiego di componenti legnose della pianta, come radici e cortecce, che vengono messi nell’acqua fredda e portati, poi, ad ebollizione per 5-10 minuti, al termine dei quali saranno necessari altri 10 minuti di riposo prima del filtraggio e del consumo.
Un altro luogo comune ci porta spesso a pensare che queste preparazioni siano riservate alle nostre tazze fumanti. Così invece non è, possono essere usate anche per impacchi o suffumigi. Un esempio di miscela ben formulata è il seguente, frutto della sapienza di una delle più antiche erboristerie di Roma, l’Erboristeria Montesacro. Si tratta di una tisana per suffumigi contro tosse, raffreddore e febbre:
Per 100g di miscela:
30g di Camomilla Matrigaria (dalle proprietà sedative ed antinfiammatorie)
30g di Timo volgare (un buon antisettico, antispaspodico ed espettorante)
20g di Eucalipto (anch’esso un buon espettorante)
20g di Maggiorana (oltre ad aver un ottimo profumo, ha proprietà rilassanti)
La preparazione prevede un’infusione in acqua bollente per 5 minuti ed al 5%, ovvero 5g di erbe per ogni 100g d’acqua, con cui fare dei suffumigi.
Come tutte le preparazioni fresche, anche tisane ed infusi tendono ad ossidare. È importante, quindi, che vengano consumati in fretta dopo la loro preparazione, così come buona norma è conservare le erbe essiccate al buio, in un luogo fresco ed asciutto. Al contrario di quanto si pensi, non è necessario un contenitore ermetico. Qualora siano conservate in un recipiente di questo tipo, infatti, è necessario fare ossigenare le erbe giornalmente per garantirne la corretta conservazione.
Tisane ed erbe medicinali offrono un valido aiuto nel combattere innumerevoli disturbi, ma non sostituiscono la medicina tradizionale né sono esenti da controindicazioni. È sempre buona prassi, infatti, consultare il medico per ottenere una terapia adeguata alla propria condizione e confrontarsi, tanto con lui quanto con l’erborista, su quanto l’impiego di determinate tisane possa influire, positivamente o meno, sul decorso della malattia.