indro montanelli zio benny

La statua di Indro Montanelli è una lezione e un monito di storia e femminismo

Mentre mi documentavo sul movimento Black lives Matter, mi sono imbattuto più volte in una notizia di attualità tutta italiana: gli sfregi alla statua di Indro Montanelli a Milano.

Secchiate di vernice dal sapore di protesta contro l’uomo Montanelli, per le scelte e le azioni che nella sua vita lo hanno caratterizzato e oggi lo rappresenterebbe. Un gesto che va, giustamente, classificato come vandalico, ma che in un quadro generale necessita di essere analizzato.

Sotto accusa non c’è la sua bravura giornalistica di Montanelli, non i suoi mandati politici, il suo “trasformismo” o i cambi di casacca. Il colore vermiglio denuncia episodi di vita e in particolare uno, ripescato dalle cronache del passato per raccontarci un’altra faccia di Indro Montanelli.

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Statua di Indro Montanelli (Photo by MIGUEL MEDINA) fonte Rolling Stone

L’episodio risale ai tempi in cui l’Italia fascista voleva regalarsi un impero e per ottemperare allo scopo, inviò soldati in alcuni stati africani. Fra le righe delle milizie italiane, un giovane Indro si ritrovò in terra Abissinia. Qui, come usanza, giovani invasori, prendevano in madamato fanciulle locali, le quali avrebbero dovuto ristorare dalle fatiche di guerra e sollazzare ai bisogni maschili. Indro Montanelli non fu da meno e contrattò per prendere con sé una giovanissima fanciulla minorenne.

Le dinamiche dell’episodio, dalla contrattazione agli incontri e di tutti i suoi risvolti sono stati più volte raccontati dallo stesso Montanelli. E’ storia carica di pathos, l’incontro tra Indro ed Elvira Banotti, giornalista di grande lignaggio femminista, che al racconto di tale episodio, accusò pubblicamente Indro Montanelli di stupro.

Elvira Bonotti, fonte wirde.it

Una storia del passato che è tornata a bussare alle porte dell’attualità. Una secchiata di vernice rossa richiede la rimozione della stutua. Una statua che rappresenta un oltraggio verso ciò che oggi è la cultura e la società contemporanea.

Non nego, di ritrovarmi in combutta con me stesso. Se da un lato, i miei principi di giustizia sociale fremono perché quella statua venga abbattuta, dall’altra ricordo a me stesso quanto sia pericoloso riesumare il passato per contestualizzarlo nel presente. Il passato è per l’appunto passato e il genere umano è noto per i crimini e gli orrori commessi. Sulla base di quegli orrori si fondano le società e la cultura del presente. Un ciclo che non può essere e non dovrebbe essere cambiato.

Ricordo le lezioni di storia di una docente universitaria, durante le quali, un giorno, ribadì un concetto che già conoscevo, ma mai sintetizzato. “Perché bisogna far comprendere ai giovani l’importanza della storia, perché ancora oggi la studiamo? La storia serve a ricordare cosa i nostri padri hanno fatto, prendere il buono e perseguirlo, prendere il cattivo e renderlo ben fisso nella memoria. Mai ricadere negli errori del passato, mai permettere che un orrore torni ad essere commesso.”.

Ho trovato forse il momento giusto per analizzare quella lezione impressa nei miei ricordi da studente. Che la vita di un uomo, in questo caso, Indro Montanelli, possa essere rivisitata, rivalutata sotto la luce di ciò che in vita ha commesso è un conto. Abbattere un monumento, (sebbene risulti opinabilmente brutto) è un po’ come quando la HBO ha deciso di eliminare dal suo catalogo Via col vento. La storia, sia essa fatta da libri, quadri, monumenti o film, non va mai cancellata, si perderebbe un pezzo di umanità e non potremo più riconoscere il giusto dall’ingiusto.

fonte: altomolise.it

La statua di Indro Montanelli dovrebbe restare lì dov’è e ricordarci quanto, anche un singolo uomo, può far bene e male agli altri. Quella statua dal colore ottone ci ricorderà come la società italiana degli anni trenta permetteva il madamato e i soprusi di guerra e soprattutto invadeva popoli ritenuti inferiori per la razza. Indro Montanelli ci ricorderà le battaglie femministe, per le donne abusate e per quelle lasciate a casa a guardare e subire le relazioni more uxorio.

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Benito Dell'Aquila