Il nome di Simonetta Cattaneo è fortemente legato a Firenze e all’idea che si è consolidata nel mondo del Rinascimento fiorentino. Una donna che è riuscita a creare intorno a sé un alone di verità e leggenda in grado di superare i secoli e giungere fino a noi. E’ qualcosa di inevitabile, è la mente stessa, che al suon della parola Rinascimento, ripesca tra i ricordi i lineamenti della bella fanciulla “sans par”, accostandola alla Venere di Sandro Botticelli.
A leggere le cronache del tempo e a dire dello scrittore Poliziano, Simonetta Cattaneo sarebbe stata una vera e propria celebrità del Quattrocento. Probabilmente se fosse vissuta ai giorni nostri, avrebbe un esercito di follower da far impallidire persino la bellissima Belen Rodriguez.
Una donna contesa
Benché giovane sposa del banchiere Marco Vespucci, furono in tanti a bramare la bella Simonetta e tra questi Giuliano de’ Medici, fratello del Magnifico. A tal proposito, Poliziano racconta di una giostra a Piazza Santa Croce dove in palio vi era un ritratto della donna. Giuliano, follemente innamorato di lei, vi prese parte e lo vinse.
La leggiadria e la grazia della “senza paragoni” portò i più grandi artisti del tempo a richiederla come musa per le loro opere, tra questi il Ghirlandaio, Botticelli e Piero di Cosimo. Addirittura Botticelli, segretamente e perdutamente innamorato di Simonetta, completò la sua Venere dopo nove anni dalla sua morte, utilizzando il vivo ricordo che aveva di lei. Secondo una voce del tempo, lo stesso Botticelli volle essere sepolto accanto a lei nella chiesa di Ognissanti.
Il giorno del suo funerale, la tradizione racconta che fu portata in processione per le strade della città, per far godere il popolo, un’ultima volta, della sua bellezza.
Com’è riuscita Simonetta, nella sua breve vita, a far confondere realtà e leggenda e a diventare un’icona immortale?
Che sia vero o meno il fatto che Simonetta abbia stregato Firenze con la sua bellezza, è un dato che non può essere appurato. Ciò che, però, si può constatare, è la somiglianza di numerosi volti femminili nelle più grandi opere d’arte del Quattrocento. Probabilmente, Simonetta è riuscita ad incarnare l’ideale femminile del secondo ‘400. Le sue fattezze delicate e gentili, i suoi capelli biondi e soffici, gli occhi innamorati e privi di malizia le hanno permesso di configurarsi come la donna angelo del Dolce stil novo.
Una sorta di venerazione vi è stata anche da parte dei poeti fiorentini. Lorenzo il Magnifico scrisse per lei quattro sonetti, il più famoso inizia con: “O chiara stella che co’ raggi tuoi / Togli alle tue vicine stelle il lume…”. In questo sonetto il Magnifico si è ispirato ad una stella luminosa, e così, il concetto di bellezza viene personificato da Simonetta stessa.
Poliziano la rende protagonista della già citata “Stanze per la giostra di Giuliano de’ Medici”, in cui Simonetta appare come una ninfa, simile alla Beatrice di Dante, in un amore idilliaco tra lei e Giuliano.
E’ Bernardo Pulci, che “In morte di Simonetta Cattaneo genovese”, le attribuisce delicatezza e beltà, degna di far parte del regno di Venere, ispirando probabilmente le opere di Botticelli.
La nascita di un’icona
E’ proprio dalle descrizioni letterarie che è nato il canone di Simonetta Cattaneo come musa ispiratrice di pittori. Che sia stata semplice bramosia o vera venerazione, ciò che ci rimane di Simonetta oltre la sua storia, è una serie di volti e corpi seducenti. Sia suo o meno il viso della donna di così tanti dipinti, forse non lo sapremo mai. Ciò che rimarrà, probabilmente, nell’immaginario di molti è la convinzione che Botticelli e gli altri abbiano dedicato a Simonetta opere d’arte, che tutto il mondo celebrerà per sempre.