Opere trafugate dalla Mafia: la verità sulla Natività di Caravaggio

Ottobre 1969, quasi cinquant’anni fa.

Nella notte tra il 17 e il 18 ottobre, ignoti ladri si introducono nell’Oratorio di San Lorenzo dove riposa La Natività, un celebre capolavoro di Caravaggio. Incastonata tra ori e stucchi della chiesa palermitana fin dal 1609, quella notte i predoni dell’arte deturpano la tela dal supporto tagliandola brutalmente e se la portano via. Un’opera di 2,68 x 1,97 metri fatta sparire in pochi minuti, senza che nessuno vedesse nulla.

Le perpetue del parroco se ne accorsero per prime e tra lo sgomento e la paura, diedero subito l’allarme. Ma era già troppo tardi.

La Natività con i santi Lorenzo e Francesco d’Assisi di Caravaggio (Milano, 1571-Porto Ercole, 1610) è stata rubata. L’opera viene inserita tra i primi dieci crimini d’arte dall’ FBI insieme a uno Stradivari rubato a New York e a un Picasso svanito a Rio de Janeiro. Da allora ci si interroga su dove sia finito il quadro, se esista ancora e se esiste la possibilità di riportarlo a casa.

L’ultima Relazione dell’Antimafia, presentata al Senato, spiega che il quadro è ancora in circolazione ma è stato fatto a pezzi e venduto al mercato nero dei collezionisti.

Secondo le ultime ricostruzioni, sappiamo che i ladruncoli l’hanno fatta franca per un colpo di fortuna e non certo per una grande abilità come ladri professionisti. Tuttavia il grande valore economico dell’opera rubata ha subito attirato l’attenzione della Mafia locale.

Le ipotesi e le leggende si sono spese in fiumi di turpiloqui e chiacchiere di paese; c’è chi dice sia stata riposta in un casale e lasciata marcire dall’umidità e rosicchiata dai topi; chi invece sostiene che il boss Totò Riina la usasse come tappeto; altri suppongono sia stata rubata dalla malavita per negoziare segretamente con lo Stato; altri ancora dicono che sia oggi fare bella mostra di sé in qualche collezione privata, oppure potrebbe essere conservato in una cassetta di sicurezza nel caveau di una banca estera.

Oggi a dare una svolta a questo caso irrisolto, il pentito Gaetano Grado, un componente di Cosa Nostra, il quale si è pronunciato in merito al furto per collaborare con la Giustizia.

«Dalle indagini – scrive l’Antimafia – è emerso che è stato senza dubbio un “furto di mafia”, i cui autori sono stati individuati. Convergenti dichiarazioni rese alla Commissione da collaboratori di giustizia hanno chiarito che il furto maturò nell’ambiente di piccoli criminali, ma che l’enorme valore del quadro indusse i massimi vertici di Cosa Nostra a rivendicare immediatamente l’opera. La Natività fu quindi consegnata, dopo alcuni rapidi passaggi di mano, a Gaetano Badalamenti».

Il boss della malavita Gaetano Badalamenti, che oggi ricordiamo soprattutto per essere il mandante dell’assassinio di Peppino Impastato, ne curò il trasferimento e la vendita  grazie all’intercessione di un antiquario palermitano con contatti in Svizzera, solo dopo averla scomposta per confondere le tracce e ricavarne il più possibile.

Da allora di quel capolavoro valutato 30 milioni di euro non si è saputo più nulla.

L’Antimafia si pronuncia così per le indagini in corso: «Occorrerà una forte cooperazione giudiziaria e intergovernativa a livello internazionale per seguire le tracce dell’opera e auspicabilmente arrivare un giorno a ritrovarla per restituirla finalmente alla città di Palermo, alla Nazione italiana e all’interno mondo della cultura».

Dall’oblio della Natività, rimaniamo in attesa di una rinascita. Non solo per la Sicilia, ma anche per la cultura del nostro Bel Paese, di cui noi italiani andiamo fieri, ma che non sempre abbiamo saputo tutelare.

Lucrezia Vardanega