Onward – Oltre la magia: la forza dei veri legami nel road movie Pixar

Dal 19 agosto nei cinema Onward – Oltre la magia segna un convincente ritorno della Disney Pixar nelle sale. Presentata in anteprima al Giffoni film festival 2020, la pellicola, diretta da Dan Scanlon e prodotta da Kori Rae, unisce intelligentemente un racconto di formazione e di riscoperta dei propri affetti ad un “fantasy urbano” che si lega fin dalle prime battute al genere cinematografico del road movie.

Nella città di New Mushroomton, popolata da creature fantastiche (elfi, troll, centauri, chimere ecc.) che hanno accantonato la magia in favore della tecnologia, più facilmente accessibile, più sicura e confortevole, l’adolescente Ian vive le incertezze tipiche della sua età: dalla difficoltà di farsi degli amici a scuola, alla timidezza nell’esprimere la propria personalità. A rendergli le cose ancora più complicate è l’ombra del padre, che egli purtroppo non ha mai conosciuto, in quanto scomparso prima della sua nascita.

Il ragazzo si ritrova a confrontarsi con ricordi narrati da altri,  che delineano un genitore dalla forte personalità e dall’indiscusso carisma: dai racconti della energica, affettuosa e combattiva madre di Ian, a quelli del fratello più grande Barley, un nerd appassionato di mitologia, magia e giochi di ruolo, che vive un po’ in un mondo a parte, scorrazzando per la città con il suo “Camion-unicorno” Ginevra, un’accozzaglia di metallo cui Barley tiene come se fosse il suo fedele destriero.

Pur non sapendo davvero chi sia suo padre, Ian vorrebbe essere come lui e al compimento dei suoi sedici anni si ripropone di cambiare e di essere migliore. Non sospetta che vi sia una grande sorpresa ad attenderlo: il padre infatti ha lasciato un messaggio e un regalo a lui e a Barley, da aprire quando entrambi avessero già compiuto i sedici anni.

Appassionato di magia, la stessa che viene trascurata dalla gente di Mushroomtown, che invece occupa i pensieri e le giornate del fratello maggiore di Ian, il genitore dei ragazzi ha regalato loro un bastone magico, una pietra di grande rarità e potenza, nonché la formula magica di uno straordinario incantesimo che permetterebbe ai due ragazzi di incontrare il padre per un solo giorno, il quale si materializzerebbe davanti a loro in carne ed ossa, per scomparire poi come un fantasma al termine del giorno; un’ occasione unica per Ian di conoscere finalmente il padre.

Non tutto va per il meglio e per i due fratelli comincia uno strano viaggio-caccia al tesoro per cercare di replicare l’incantesimo prima che il tempo a loro disposizione finisca.

Come gli avventurieri antichi Ian, dotato di poteri magici, e Barley, in possesso di grandi conoscenze sui maghi del passato, riporteranno alla luce il ruolo della magia in un mondo che ad essa ha rinunciato, il tutto a bordo del camion Ginevra.

Come si diceva in Onward vi sono tutti gli elementi del road movie, film in cui il viaggio è anche più importante della destinazione. La grande ironia di cui il film è permeato rende il rapporto fraterno e il legame con il “fantasma paterno” incredibilmente efficace, senza negare approfondimento psicologico ben concepito dalla sceneggiatura.

Se Onward sembra partire in sordina, dalla seconda metà la pellicola mostra la sua vera natura: come tutti i road movie cresce con i due protagonisti, man mano che questi si avvicinano alla meta finale e mostra al termine del viaggio delle intuizioni filmiche e dei risvolti narrativi notevoli, che rendono il film memorabile e toccante. Si tratta di snodi del racconto, in fondo, semplici, che si palesano però al momento giusto, in forme concentrate e congrue.

Sebbene con un racconto più intimo e per certi versi meno visionario e scoppiettante di altre pellicole (si vedano Zootropolis, Inside Out e Coco, per dirne alcuni) Onward dice la sua con personalità, su un tema affrontato di rado dai cartoni animati: quello del legame fraterno, concentrandosi sulla sostanza degli affetti più che sulla forma ideale di questi ultimi.

Che cosa significa davvero essere padre, mentore e modello per qualcuno? Quali sono i legami davvero importanti? Il film ci pone queste domande e lo fa non con risposte indotte, ma con riflessioni maturate da Ian (e dallo spettatore) lungo il percorso.

L’ironia della pellicola, inserita al punto giusto e con intelligenza, più marcata rispetto agli ultimi lavori Pixar, sostituisce con garbo gli effetti speciali, qui in fondo meno eclatanti. Ne viene fuori una fiaba di formazione in universo di fantasy urbano, in cui i protagonisti sono più importanti del contesto in cui si svolge la storia.

L’emozione finale è forte ed efficacemente preparata: denota il grande spessore degli sceneggiatori Pixar, che come in Coco e Inside Out, parlano di temi importanti attraverso la potenza e la versatilità dell’animazione 3d.

Belle alcune intuizioni visive: come il padre-fantoccio, che ci si porta dietro con un guinzaglio, un simpatico impaccio che comunica attraverso i piedi e un “contenitore” di proiezioni personali per Ian; divertenti anche i pasticci che i due fratelli combinano con la magia, migliorandosi passo dopo passo.

Sebbene con toni ben diversi, più drammatici e conflittuali, questa scelta del road movie nell’animazione ricorda la struttura di Life is Strange 2,  nel campo videoludico, un videogame a finali multipli in cui le scelte del fratello maggiore (impersonato dal videogiocatore) influiscono sul destino dei due fratelli in viaggio verso il compimento della propria identità, anche qui in assenza del padre, prematuramente scomparso.

Francesco Bellia