La zona di Prato non è nuova alla produzione sostenibile, in particolare per quanto riguarda la lavorazione dei filati e del cachemire. Famosissimo in questo campo è ormai Rifò, ma nuove realtà si stanno interessando all’argomento. Fra queste vi è anche Mate Cashmere.
Il progetto di Mate Cashmere è solo all’apparenza semplice: vogliono recuperare le fibre dei vecchi maglioni e degli scarti industriali per realizzarne di nuovi. O meglio “rigenerati”.
Attualmente infatti uno dei più grandi problemi del settore moda è la sovrapproduzione, ovvero l’offerta è superiore alla richiesta. La soluzione però esiste (e ormai da diverso tempo).
Sarebbe ovviamente molto bello poter produrre di meno, e alcune piccole realtà lo fanno, ma quando ciò non è possibile viene in nostro aiuto il riciclo. Riutilizzare i vecchi indumenti per trasformarli in preziose risorse è dunque il cuore pulsante di Mate Cashmere.
Per potersi definire pienamente sostenibili però non basta riciclare. È così che Mate Cashmere cura nei dettagli anche il design e la progettazione.
Il procedimento è composto da quattro fasi:
- La scelta degli indumenti dove i capi vengono divisi per colore. Ciò permette di evitare di tingere nuovamente il prodotto.
- La riduzione dei capi in fibre
- La creazione del filato che viene ottenuto senza pesticidi e con il 76% del risparmio energetico. La produzione è infatti certificata REC.
- La realizzazione del capo finito e certificato Global Recycle Standard
Un capo in Cashmere è per sempre e Mate Cashmere per dimostrarvelo fa rinascere giorno dopo giorno tantissimi maglioni, per tuta la vita. L’antica tradizione toscana del recupero “degli stracci” viene così continuamente ricordata e salvata. Da ogni cassetto del mondo si estrae così questo pregiato materiale che torna lentamente a vivere sotto le mani esperte.