L’eredità dei magnifici del passato

Se in Italia c’è sempre stata la più alta concetrazione del patrimonio culturale del mondo non si devono ringraziare solo gli artisti che ne furono artefici, bensì soprattutto coloro che commissionarono tali opere. Il mecenatismo nacque durante i fasti della Roma Imperiale per poi toccare il picco nel Rinascimento e popolare l’intera penisola dei più importanti beni culturali del mondo.

E’ consuetudine, che all’interno del complesso processo di creazione artistica l’unica figura veramente importante sia l’artista, il quale genio ed estro sono stati capaci di dar vita ad opere d’arte ammirate in tutto il mondo. Ma spostandoci di qualche passo ed osservando da un altro punto di vista, ci accorgiamo che rappresentavano la punta di un iceberg o se preferite la ciliegina sulla torta. Essi, senza un elaborato sistema di supporto,  non avrebbero potuto creare alcunchè.

Ecco che nasce e si consolida sempre più il mecenatismo. Come non ricordare le più grandi famiglie italiane, riflessione di una classe dirigente che investì cifre astronimiche nelle arti e nella cultura. Sia per fini propagandistici, di prestigio internazionale sia per sinceri motivi di passione e curiosità. Tali famiglie furono artefici delle più grandi commissioni che l’Italia ebbe la fortuna di ricevere. Come non ricordare i Medici, gli Este, i Gonzaga o i Montefeltro

Purtroppo a distanza di secoli tale situazione si capovolse totalmente e lo Stato è diventato l’unico “proprietario” della cultura e di tutto ciò che ne facesse parte. Col passare del tempo i vari governi che si sono succeduti dal 1870 però non sono stati capaci e abbastanza elastici per mantenere quel vitale rapporto che per così tanto tempo portò alla realizzazione di beni inestimabili su tutto il territorio nazionale Fu così che si trovarono a gestire un patrimonio artistico e culturale senza pari al mondo, quasi il 70% del totale.

Successivamente quando la gestione faceva acqua da tutte le parti, lo Stato ha cominciato a risoleccitare (come un tempo anche se in forme diverse) e cercare fondi privati, comunque non onorando il mecenatismo che fu, ma appoggiandosi alle dinamiche moderne delle sponsorizzazioni. Col tempo altri paesi nel mondo, come gli Stati Uniti d’America affrontarono in maniera diversa queste situazioni, puntando molto se non tutto su quel fu ed è il grande sostegno delle donazioni liberali dei privati, agevolate fin da sempre da sgravi fiscali senza limiti.

Basta ricordare alcune delle grandi dinasti americane: i Rockefeller, i Mellon, i Morgan o i Frick. Da sempre in America, si è dimostrata grande generosità nel sostenere la vita culturale del proprio paese contribuendo ogni anno con miliardi di dollari spingendo molte fondazioni, associazioni o musei italiani ad aprire filiali negli Stati Uniti con l’obiettivo di rinsaldare le proprie casse anche con “freschi” dollari USA snaturizzando di conseguenza le istituzioni madre che al contempo avrebbero bisogno di ben altro sostegno.

Ai nostri ricchi bisognerebbe far capire come la fuga o il trasferimento non sia l’unica soluzione, ma anzi sarebbe auspicabile un maggior dialogo con lo Stato e un contributo significativo a quel che è il patrimonio culturale più bello al mondo.

Alfonso Lauria