La pelle vera è molto più sostenibile dell’ecologica, sorpresi ecologisti?

Amici vegani ed ecologisti convinti non ce ne vogliate ma abbiamo qualcosa da dirvi: la pelle vera è molto più “eco” dell’ecopelle. Prima di iniziare con una retorica sterile leggete questo articolo.

Il 28 maggio scorso si conclude una battaglia storica per l’Unione Nazionale Conciatori Italiani, diretta da Fulvia Bacchi, amministratore delegato, fra l’altro, di Linea Pelle. É stata infatti aggiornata una legge del 1966 che regolamentava l’utilizzo della pelle, delle pellicce e del cuoio. Questa si occupa della tutela dei nomi di “pelle”, “cuoio” e “pelliccia”, e in particolare di ciò che può (o non può) essere definito “ecopelle”.  Direte voi: “Davvero una “cosa all’italiana”! Tutto questo trambusto per un paio di nomi”. Si, ma anche no. Continuate a leggere.

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La questione è infatti molto più profonda di quanto sembri. Provate a pensarci: ci sentiamo tutti molto più ecologici e rispettosi verso gli animali nel momento in cui acquistiamo un prodotto in ecopelle. Questo termine così particolare però suona molto come un prodotto del marketing. Quella parolina “eco” infatti nella nostra mente, involontariamente, viene associata ad un’etica di sostenibilità. Questo non solo ha danneggiato le industrie conciarie ma è oltretutto falso!

L’ecopelle infatti non è altro che un prodotto sintetico derivante dalla plastica. In altre parole? Se seppelliamo una giacca di ecopelle questa non si decompone, mentre se ripetiamo la stessa operazione con una di pelle vera in pochi mesi sarà scomparsa. Chiamiamo quindi questi prodotti con il loro nome: sintetici, coagulati ma non ecopelle!

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È importante però sottolineare come l’Unione Nazionale Conciatori Italiani non sia contraria al commercio e all’utilizzo di materiali alternativi alla pelle, ma solo alla loro denominazione. Grazie dunque all’aggiornamento della legge del 1966 oggi si possono chiamare “pelle” solo quei prodotti derivanti da spoglie animali.

Ma perchè la pelle rimane un materiale così criminalizzato? Ci sono due motivi di fondo. Da un lato vi è il dilemma etico dell’utilizzo delle pelle animali. Fra la maggior parte delle persone infatti serpeggia questa idea preconcetta che gli animali vengano uccisi con l’unico scopo di prelevare il loro prezioso manto. Anche questa idea è sbagliata. La pelle è infatti un sottoprodotto della macellazione essendo fondamentalmente inutile per questa industria. Insomma le imprese conciarie sono già più ecologiche in se e per sè rispetto a quelle che producono ecopelle partendo dalla plastica! Non si tratta in fondo di riciclo? Dall’altro lato invece le concerie sono ancora viste come luoghi di produzione pericolosi.

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Sappiamo tutti però che a noi italiani piacciono molto i numeri, e finché non vediamo statistiche e bilanci non siamo convinti fino in fondo dell’importanza di qualcosa. Vi basti pensare quindi che in Italia vi sono 1200 concerie con 8000 lavoratori. Queste producono un fatturato di 5 miliardi all’anno, di cui il 70% è derivante dall’esportazione in più di 122 Paesi. La pelle italiana fra l’altro è un’eccellenza e orgoglio nazionale essendo al primo posto nel mondo per qualità e terza per quantità. Da chi pensate che comprino la pelle Chanel e Louis Vuitton dopotutto? Di certo per il bauletto che vi piace tanto non usano ecopelle.

Rebecca Bertolasi