Intervista a Simon Sword: la letteratura per ragazzi per imparare a crescere

Simon Sword è un autore di storie per ragazzi. Forse la letteratura per bambini e ragazzi oggi è un genere sottovalutato, un genere che troppo spesso la gente pensa di sostituire con i libri pop-up o di cartone perché, in fondo, basta che siano colorati e divertenti. Senza considerare che i più pensano che questi libri non vadano mai di moda: meglio un thriller, forse un romanzo strappalacrime perché i classici già perdono punti in classifica. E invece non è così. Social Up! ha intervistato per voi Simon per capire cosa sia veramente la letteratura per ragazzi nel suo senso più nobile.

Da dove deriva il tuo pseudonimo?

Simon Sword è la traduzione letterale del mio nome (Simone Spada) in inglese. Non ho nessun tipo di problema con il mio nome di battesimo: semplicemente ho deciso di omaggiare, seppur in maniera indiretta, colui che reputo il più grande illustratore di libri per l’infanzia, conosciuto nel mondo come Tony Wolf, pseudonimo di Antonio Lupatelli.


Come è nata la passione di cimentarsi nella letteratura per ragazzi?

Ho cominciato a scrivere fiabe e racconti per bambini all’età di 12 anni, dopo aver divorato i romanzi di Twain e London. Non ho mai preso la cosa molto seriamente, fino a quando, poco tempo fa, alcuni addetti ai lavori mi hanno spronato a pubblicare i miei testi. Non ci si improvvisa autori, così come non ci si improvvisa illustratori, è opinione diffusa che per avere successo bisogna saper scrivere un libro utilizzando un lessico adeguato, una sintassi perfetta, ecc. Io invece sono convinto che oggi più che mai sono le idee a premiare un buon libro. Essere originali oggi nel 2017 è davvero molto difficile. I refusi, la sintassi e il lessico possono essere corretti da qualsiasi editor, le idee invece non ce le regala nessuno.

Sui social dici che “Scrivere libri per bambini è una cosa seria”. Perché hai scelto di impegnarti proprio nella stesura di questa tipologia di racconti?

Fermo restando che bisogna essere portati per la stesura di determinati testi – ad esempio io non credo di essere in grado di scrivere un romanzo rosa oppure un giallo – è questione di DNA. Un bambino ha una capacità di assimilare nozioni superiore rispetto a qualsiasi altra persona. Di conseguenza l’importanza dei libri per bambini gioca un ruolo fondamentale in questo percorso di crescita. Oggi accendendo la TV, possiamo trovare decine di canali che trasmettono cartoon 24 ore su 24 e non è difficile notare quanto i contenuti spesso volgari e vuoti di questi programmi televisivi bombardino i telespettatori, bambini compresi. La TV non ha sentimenti, un autore invece deve averli per forza. Ci sono poche regole non scritte che bisogna tenere a mente prima di prendere in mano carta e penna: utilizzare un lessico adeguato ai bimbi ed evitare di essere fraintesi o non compresi, usare etica e morale (in un libro per bambini non si può far vincere il furfante o il “cattivo”) e infine trasmettere un messaggio ben preciso, che si tratti di un tema sociale, di un tema educativo o di sentimenti non importa, basta che il messaggio sia chiaro e venga recepito.

Qual è il libro che hai portato nel cuore sin dalla tua infanzia?

“Le avventure di Tom Sawyer” di Mark Twain. L’unico romanzo che in vita mia sia riuscito a trasportarmi indietro nel tempo e al fianco dei protagonisti, sulle sponde del Missisipi.

A cosa ti sei ispirato per il tuo nuovo libro “Soltanto un giocattolo?”?

Penso che l’ispirazione per la scrittura di un libro può arrivare in qualsiasi momento, portando a spasso il cane, guardando un film oppure guidando. “Soltanto un giocattolo?” nasce con uno scopo ben preciso, cercare di sensibilizzare anche i più piccoli nei confronti di un tema spesso sottovalutato ma comune a molte famiglie: “avere cura delle proprie cose”. Ho conosciuto genitori in questi anni, che sono riusciti ad acquistare giochi ai propri bambini solo grazie a molti sacrifici. Quindi, dietro ad un comune e banale giocattolo spesso si nascondono storie totalmente magiche e che meritano di essere raccontate. Credo sia giusto che un bambino venga in qualche modo responsabilizzato, per lo meno nel trattare con cura i propri giocattoli. Il libro è dedicato a tutte le mamme e a tutti i papà, che nonostante le difficoltà riescono ugualmente a regalare serenità ai propri figli.

Come vengono scelte le illustrazioni nei tuoi libri? Che peso hanno all’interno del racconto?

Giocano un ruolo molto importante. I libri illustrati li considero piccole opere d’arte e le illustrazioni sono una parte dell’anima dello stesso libro. Ancor prima di scrivere un libro nella mia testa immagino ogni singola scena, di conseguenza diventa facile poter indirizzare un illustratore su ciò che si vuole realizzare. Ho avuto la fortuna in questi mesi di collaborare con tre splendide persone: Clarissa Corradin, Ramona Pepegna Bianchini ed Elio Finocchiaro. “Soltanto un giocattolo?” è stato illustrato da Ramona Pepegna Bianchini che spesso ha dato un tono volutamente malinconico al piccolo William, il piccolo protagonista del libro, riuscendo a caratterizzare il personaggio alla perfezione.

Cosa vuoi che i ragazzi imparino leggendo i tuoi libri?

L’importante è che recepiscano il messaggio che l’autore desidera trasmettere. Sia che si tratti di un tema sociale, sia che si tratti di un tema educativo o sia che si parli di sentimenti. I bambini di oggi rappresentano gli adulti del domani, disinteressarsi di questo significa comportarsi come lo struzzo.