Intervista a Leo Pari: tra il disco Stelle Forever e il lavoro da produttore

Leo Pari è un vero e proprio artigiano della musica pop: cantautore, musicista, producer ed autore, è un artista a 360° che riesce a rendere ogni progetto riconoscibile, grazie alla sua personale cifra stilistica. Ha all’attivo molte collaborazioni artistiche importanti. Come autore ha firmato canzoni come “Vorrei cantare come Biagio” di Simone Cristicchi e, recentemente, “Meglio di notte” di Francesco Renga e “Superbowl” di Elodie; in qualità di produttore ha lavorato al primo album di Gazzelle “Superbattito”; come musicista si è fatto conoscere dal grande pubblico suonando le tastiere in tour con i Thegiornalisti.

Lo scorso 15 gennaio Leo Pari ha rilasciato “Stelle forever”,  il nuovo album di inediti di Leo Pari, un concept album di 10 tracce che ruotano attorno all’universo femminile, in cui le donne, protagoniste assolute di ogni brano, compongono con le loro infinite sfaccettature una luminosa “costellazione pop”.

“Stelle Forever” è il tuo nuovo progetto discografico. In quanto tempo lo hai realizzato?

Sono canzoni che ho scritto tra l’estate e l’autunno 2019 e poi le ho realizzate tra novembre e dicembre. È un disco abbastanza immediato. Scritto un po’ tutto insieme. Io scrivo in continuazione e, nel caso di queste canzoni, avevo bisogno di inserirle tutte nello stesso disco.

Hai detto senza mezzi termini che è un album dedica/omaggio alle donne. Dalle dieci canzoni sembra che tu conosca molto bene le donne. O mi sbaglio?

Questo non lo so, me lo puoi dire te magari meglio! Sicuramente c’era la volontà di raccontare, descrivere, approfondire e parlare delle donne e di questo mondo anche un po’ misterioso per me. È un viaggio alla ricerca questo disco.

Nonostante si parli di pari opportunità, la condizione della donna oggi è di inferiorità in certi ambiti. Secondo te cosa ancora non si è capito e si dovrebbe fare quantomeno per garantire un equilibrio di diritti tra uomini e donne? 

Sulla carta è così, in teoria. È una stato mentale, secondo me. Sembrerebbe a volte, che a un terzo non interessano delle cose e ad un altro terzo non ne interessino delle altre. Ci vorrebbe più dialogo e di compenetrazione.

Il disco si apre con “Le donne sono come le stelle”. Canti: “Le persone cambiano come cover dell’iphone”. Dopo la pandemia, secondo te è ancora così?

Non è un giudizio, il mio. È una constatazione: le persona cambiano con frivolezza, senza rendersene conto, così come compri una cover per l’iphone perché vuoi cambiare colore. Secondo me siamo fatti così e non lo facciamo apposta.

Sì che la pandemia ci ha cambiato nello stare al mondo e ci ha cambiato in peggio. Poteva essere un’occasione per riflettere, ma la riflessione è durata un po’ troppo. La vita è peggiorata, ma non vedo lati positivi.

In “La storia della tua vita” canti anche di playlist e di serie tv in cui perdersi. Cosa non deve mancare nelle tue playlist per perdersi?

Cambia da persona a persona. Per me una playlist deve essere diversa dalle solite cose italiane che sentiamo. Spesso ho bisogno di uscire da questo mondo, anche perché la musica italiana di adesso è molto ripetitiva. C’è una grande tendenza a copiarsi e ad essere poco originali. Preferisco della musica internazionale anche se poi sono attentissimo alle uscite italiane. Una playlist deve sorprendermi.

E serie tv in cui perdersi?

In quelle mi perdo parecchio! C’è da fare una precisione. Per me la musica è anche un lavoro quindi quando la ascolto difficilmente riesco a rilassarmi al cento per cento perché in qualche modo valuto sempre l’aspetto tecnico di cosa sto ascoltando. Non facendo il regista o l’attore non mi metto a vedere cosa c’è dietro. Serie tv che mi sono piaciute molto sono quelle a respiro internazionale.

Canti in “Doberman” che l’amore ci rincorre come un doberman, non puoi scappare. Oltre le donne, parli molto anche di amore nel disco. Cosa hai capito fino adesso dell’amore?

Ho capito che in amore ci si sbaglia facilmente (ndr. sorride). Ci si sbaglia perché spesso non è facile capire cosa si sta provando, c’è sempre l’indecisione, c’è sempe la paura di perdersi, di dare troppo, di rimanere scottati. In un’altra canzone del disco dico anche “Innamorarsi è bello, però fa paura”. Allo stesso tempo, però, fa paura, non puoi scappare. Non puoi fare finta se sei innamorato.

“Forever” è il sesto singolo estratto. È uscito il videoclip ufficiale. Mi racconti com’è nato?

Alla base del video c’era l’idea di parlare dell’eternità, di quell’amore che pensi duri per sempre. Nel video i due che si baciano rappresentano questo.

In “Forever” è come se il problema non sia nell’innamorarsi, ma tanto nel dimenticarsi perché canti: “basta un minuto per innamorarsi, ci vuole più tempo per dimenticarsi”.

Più che un problema, è un avvertimento il mio. È un’esortazione la mia a vivere i rapporti al meglio e cercare di essere disposti verso l’altro. Anche se poi dovessero finire, è bello non avere più nulla da recriminarsi nella vita. Se ci si è comportati bene e si è dato molto, si può anche accettare la fine di un rapporto.

“Forever” significa per sempre. Cosa è pe sempre per te?

Nulla è per sempre, purtroppo. Ma è bello pensare che alcune cose lo siano come l’amore, come quando mi chiedono se credo in Dio, io non ci credo, ma ci spero. Lo stesso discorso.

Non sei solo musicista, ma anche produttore e autore di testi. Quando devi scrivere per qualcuno, cambia il tuo approccio alla tematica e all’arrangiamento rispetto a quando scrivi per te?

No no, è normale che c’è una differenza. Sapere per chi scrivi una canzone è molto più semplice che scrivere una canzone senza conoscere chi la canterà. Questo perché ci si immedesima nell’interprete. Certe volte le canzoni nascono da sole e quindi si va alla ricerca dell’interprete, invece dell’autore. Avere già un immaginario di chi la canterà, aiuta.

Parliamo di te come produttore. Ho scoperto che devo dire grazie a te se sono diventata una fan di Gazzelle perché sei stato tu a produrre “Superbattito”, il suo primo disco. Cosa ti ha spinto a produrlo?

Perché mi sembrava che i brani del disco fossero molto generazionali, soprattutto il modo in cui utilizzava il linguaggio.

Cosa cerchi in un artista per arrivare a decidere di produrlo?

Il principio è sempre lo stesso: deve piacere a me. Poi intanto ci posso lavorare, ma intanto deve piacermi.

È uscito “Stelle Forever” ma immagino tu stia già lavorando su altro…

Immagini bene. Ci sono delle nuove canzoni su cui sto lavorando. Non posso darti anticipazioni, purtroppo, ma il prossimo anno ci saranno diversi pezzi che usciranno anche di artisti importanti per i quali ho avuto la fortuna di poter scrivere. Si deve avere un po’ di pazienza per questo.

Cosa ti auguri per il 2021?

Mi auguro di poter tornare a suonare, ma anche solo di poter andare a qualche concerto perché ne sento la mancanza.

Sandy Sciuto