Intervista a La Rappresentante di Lista: Go go Diva è il simbolo delle mille sfumature dell’animo umano

A tre anni di distanza da “BU BU SAD”, La Rappresentante di lista rilascia un nuovo progetto discografico dal titolo “GO GO DIVA”, presente in tutti gli store, piattaforme digitali e streaming comprese.

Da sempre La Rappresentante di Lista, progetto composto da Veronica Lucchesi e Dario Mangiaracina, è un unicum in cui convivono scrittura, teatro, forma e canzone in una continua ricerca e trasformazione.

“GO GO DIVA”, pubblicato da Woodworm Label/distr. Artist First., prosegue la ricerca e l’analisi delle contraddizioni, dei sogni, delle paure delle fragilità indagando sulla complessità delle relazioni umane.

Del nuovo disco e di molto altro ne abbiamo parlato con Dario Mangiaracina che abbiamo raggiunto telefonicamente pochi giorni prima dell’uscita dell’album, svelandoci che La Rappresentante di lista era agitata per gli effetti del disco sul pubblico.

 “GO GO DIVA” è il vostro terzo disco. Sono passati tre anni da “BU BU SAD”. Cosa è accaduto nel frattempo a La rappresentante di lista?

In questi tre anni sono successe un sacco di cose. In primo luogo, questo è il primo disco che abbiamo affrontato in modo più organico come band perché anche “BU BU SAD”, nonostante l’avessimo portato in giro insieme a Marta Cannuscio, Enrico Lupi ed Erika Lucchesi (tre dei componenti della band attuale), in realtà l’avevamo scritto e registrato soltanto io e Veronica, insieme poi a tutta la squadra di Garrincha Dischi. “GO GO DIVA”, come dicevo, è nato invece in maniera più organica insieme alla band. È un disco che è stato ragionato e creato prima a Palermo nel Fat Sounds Studio di Roberto Cammarata e che poi abbiamo finalizzato a Milano con Fabio Gargiulo. Noi siamo cresciuti anagraficamente, continuiamo a non avere una fissa dimora, cerchiamo di restare lucidi rispetto a quello che ci accade e questo disco ha dentro la nostra attuale visione del mondo.

Parliamo del nuovo album. Perché la scelta di “GO GO DIVA” come titolo? Di chi è stata l’idea della copertina?

“GO GO DIVA” è stato un po’ una casualità. Io e Veronica eravamo distanti in quel momento. Ci trovavamo su Whatsapp, era notte fonda e ci davamo delle suggestioni sul possibile titolo. Non ricordo il perché, ma Veronica aveva tirato fuori il personaggio di Lady Godiva. Ci interessava individuare una protagonista per questo disco. Effettivamente Lady Godiva – personaggio che rappresenta una delle prime forme di protesta attraverso il proprio corpo – ci è sembrata subito molto indicata per un disco che racconta molto di femminilità, di corpo, di protesta, di desideri. Quindi, da Lady Godiva, ci piaceva mantenere un gioco di parole come già fatto con Bu Bu Sad e anche da un punto di vista di metrica e di sonorità ci piaceva. “GO GO DIVA” è anche un modo di incitare questo personaggio femminile a dire le cose, a spogliarsi dalle sovrastrutture che in qualche modo ci vengono imposte.

Per noi era importante riproporre il personaggio di Lady Godiva recitandolo e quindi riferirsi a questa donna che si spoglia e da lì abbiamo incontrato una fotografa romana, Claudia Pajewski, con la quale abbiamo fissato un incontro di due giorni per fare delle foto che riguardassero sia la promozione del disco sia la copertina e lei ci ha proposto un set da cui è venuta fuori la copertina del disco. A noi piace, quando facciamo le foto, che anche quel momento sia performativo. Abbiamo vissuto lo shooting come se fosse una piccola performance che facevamo davanti all’obiettivo di Claudia. C’è stato un momento in cui, presi dall’impeto degli scatti, abbiamo deciso di spogliarci. Non era preventivato quell’atto e anche questo è il frutto di un processo. Da lì abbiamo scelto la foto. Dell’intervento grafico si è occupata Manuela Di Pisa – grafico, fotografa e videomaker – che ha realizzato a mano la scritta GO GO DIVA basandosi sull’idea di “imbrattare un’opera d’arte”. Il risultato è bellissimo e siamo molto contenti perché Claudia e Manuela pur non conoscendosi sono riuscite a sintetizzare il nostro pensiero.

“Questo corpo” è il primo singolo estratto che poi è anche la canzone che apre il disco. Come mai questa scelta? Il feedback ricevuto ve lo aspettavate?

Fin dalla produzione eravamo sicuri che “Questo corpo” doveva essere l’open track di questo disco perché è un vero e proprio manifesto per noi. Può sembrare strano pensare che una cosa intima come il nostro corpo debba essere trattato come una bandiera. Eppure oggi sul campo di battaglia del corpo si giocano tantissime lotte. Quando si parla di corpo (maschile o femminile) in realtà si parla di politica, di società. È difficile spiegarlo, però per noi partire da una parte così intima significa poi poter raccontare la nostra visione del mondo e di non avere schemi (anche corporei) o confini politici e ripudiare qualsiasi tipo di discorso sul confine, sui muri. Da “The Bomba” a “Giovane Femmina” uno dei messaggi fondamentali è che bisogna dire le cose, bisogna esprimersi, ritornare a credere in una bandiera. Per noi è importante che ci si possa esprimere col proprio corpo al di là dei canoni che ci vengono imposti dalla moda o da Instagram. Esporsi per dire le cose che abbiamo la necessità di dire. Avevamo una paura fottuta fino a qualche giorno prima perché comunque il brano ha un suo carattere, quindi eravamo titubanti. Siamo stati molto felici dalla risposta che abbiamo avuto dal pubblico e anche dai nostri colleghi come Andrea Appino, Francesco Motta, Vasco Brondi, Antonio Di Martino – che già aveva ascoltato il brano – e un sacco di artisti che ci hanno supportato ed hanno condiviso anche il brano. Ce lo aspettavamo? Così tanto no. Stesse sensazioni stiamo provando per il disco che non ha un genere unico: si passa da “Questo corpo” che è una ballata synth pop a “Panico” che è una ballata con archi e chitarra acustica a “The Bomba” che è un pezzo punk. Il disco è pieno di mille sfumature proprio perché rappresenta la nostra ricerca continua di sonorità, di mondi, di luoghi, di personaggi che ci abitano dentro e che noi poi riportiamo musicalmente.

Ascoltando il disco, si ha l’impressione che le canzoni parlino di sentimenti viscerali, carnali, fisici e la musica è incalzante e inebria. Quando e dove è nata l’idea di scrivere queste canzoni?

Le canzoni presenti nel disco le abbiamo scritte dal 2016 ad ottobre del 2017. Molte sono state scritte mentre eravamo in Toscana, in una casa comune dove vivevamo tutti, nell’Appennino tra Firenze e Bologna. Un’altra parte le abbiamo scritta a Marrakech in Marocco dove siamo stati un mese e mezzo prima di andare in studio a fare la preproduzione del disco. Via via fino a febbraio di quest’anno abbiamo continuato a scrivere e ad aggiustare alcune parti del testo che volevamo scrivere da capo o migliorare. È stato un processo molto lungo che ha coinvolto Roberto Cammarata, tutta la band, Roberto Calabrese (che è il batterista entrato da pochissimo nel gruppo) e poi Fabio Gargiulo che ha prodotto il disco e ci ha aiutato a sciogliere alcuni nodi delle canzoni.

Ci sono canzoni come “Maledetta tenerezza” in cui cantate “Maldetta tenerezza/che ci spezza anche le ossa” e in “Alibi” dove intonate “Quello che resta senza fiato esplode”. Insomma, l’Amore cantato da La Rappresentante di lista non sarà mai una cosa semplice?

Non penso esista un amore semplice. Penso che uno degli obblighi morali che ci diamo quando scriviamo una canzone d’amore è raccontare la complessità della vita reale. Da un lato ci pensano i contrasti musicali e anche la durezza delle consonanti come accade nella frase che hai citato di “Maledetta tenerezza” perché effettivamente quella tenerezza che ci fa andare avanti in maniera facilona poi ci spaventa perché stiamo crescendo, stiamo diventano vecchi. L’amore de La rappresentante di lista è come lo viviamo noi: due trentenni che hanno pianto, hanno riso, hanno fatto l’amore si sono disperati, hanno urlato. Penso sia l’amore di ognuno di noi.

“The bomba” e “Panico” sono canzoni che si affacciano al contesto sociale e alle scelte politiche che stiamo subendo. La musica può aiutarci a sopravvivere a questo periodo così incerto?

Secondo noi la musica non deve aiutarci a sopravvivere, ma deve aiutarci a creare un nuovo immaginario. La musica non deve essere soltanto una forma di protesta o un modo di leggere quello che sta accadendo. La musica deve creare le basi perché succedano delle cose. Cantare un certo tipo di parole vuol dire dare la possibilità a chi canta quelle parole di rinnovare il proprio lessico, di non parlare di odio, di muri, ma di parlare di confini liberi e di nuove possibilità. Ci piace raccontare dei momenti immaginandoli in una nuova veste e immaginando una nuova possibilità. A proposito di “Panico”, mi fa tristezza pensare a quanto successo in provincia di Ancona qualche giorno fa. Quel brano l’avevamo scritto pensando ai fatti di Torino e poi, purtroppo, è più attuale che mai. L’unica cosa che possiamo fare noi come cantautori è trovare dei nuovi immaginari, provare a sviluppare un nuovo lessico che non sia l’odio del nostro Ministro degli Interni ma che sia l’Amore che prevede la complessità, la difficoltà della vita eppure la bellezza di questi 80-100 anni che abbiamo la possibilità di vivere in questa Terra. A tal proposito – ti do una chicca – abbiamo deciso che nelle presentazioni del disco, durante “Panico” la nostra performance sarà quella di aprire un Atlante e di strappare le pagine mentre la cantiamo per far capire quanto è terribile quel che stiamo facendo al pianeta in cui viviamo, ossia distruggere delle parti di noi che ci appartengono e di cui non riusciamo a comprendere la bellezza e la necessità.

“Woow” è la canzone che chiude l’album ed è molto intimista. Dite: “Rivestiti dei panni miei. Sei la donna che vorrei. Stacci tu nei sogni miei”. Quali sono i sogni de La rappresentante di lista?

“Woow” è l’ultima canzone che abbiamo scritto di “GO GO DIVA” e per questo l’abbiamo inserita come ultima. Rappresenta un po’ il finale di questo disco, un finale intimo che rappresenta i sogni. La rappresentante di lista sogna di portare il disco in giro, suonandolo, perché le canzoni acquisiscono vita nel momento in cui le canti dal vivo. In “BU BU SAD” pensavamo che il live fosse un momento rituale in cui era giusto sentirsi un insieme col pubblico. Per “GO GO DIVA” il momento del live è un momento quasi di laboratorio, ossia un momento in cui devono succedere delle cose che anche noi non sappiamo. Vogliamo che il tour sia ogni volta una scoperta e di poter fare tantissimi concerti e di poter vivere di questo mestiere, cosa difficilissima in questo Paese.

Avete cantato il nuovo album al Woodworm Festival a Berlino. Cos’altro c’è in programma per il nuovo anno?

Il 25 dicembre saremo ai Candelai di Palermo dove anche lì faremo per la seconda volta – e per la prima volta in Italia – tutte le canzoni del disco nuovo. Dopodiché da Gennaio ricominceremo con l’allestimento del tour insieme a Woodworm e ad Andrea Marmorini che sarà il fonico della band e Gabriele Spadini che sarà il light designer. Da Febbraio si partirà con il tour: prima Torino e Milano e poi toccherà tutte le città d’Italia. C’è poco Sud, ma speriamo che il progetto cresca per poter aggiungere altre date in seguito.

Sandy Sciuto