Intervista a Giuliano Crupi: la musica contro il disagio sociale

Può la musica essere una risposta al disagio sociale che stiamo vivendo in questo periodo storico? Quesito arduo quello che si propone Giuliano Crupi, giovane cantautore romano, al suo secondo lavoro come musicista.

Classe ’86, cresciuto a pane e musica, oggi Crupi racconta di una società che è in stallo, bloccata da aggiornamenti, tecnologia avanzata e gesti abitudinari. Dal suo album d’esordio, “Possibilmente guardo il cielo”, uscito il 28 Settembre 2015 in tutti gli stores digitali, lanciato dal singolo “Merito più di te” feat. Lucci Brokenspeakers e anticipato dall’uscita del singolo “La principessa e il rospo”, il giovane cantautore romano ritorna sulla scena con un album del tutto diverso. Guidato da “Impronte”, il primo singolo, questo nuovo album è in lavoro in costruzione, differente non solo per il modus operandi di pubblicazione ma anche per i testi, la musica e tutto il team di lavoro con cui ha collaborato per questa nuova avventura. Un modo per non rimanere incastrato in certi confini imposti dal mondo della musica.

Noi di Social Up, abbiamo avuto il piacere di intervistarlo per voi. Ecco tutto quello che ci ha raccontato!

Fin da piccolissimo hai coltivato la passione per la musica. Chi o cosa ti ha fatto scoprire questo mondo e quando hai capito che avresti voluto farne parte?

Sono cresciuto in mezzo alla musica con i miei genitori che ascoltavano classica, jazz, leggera e da lì mi sono innamorato della musica. A Natale mi facevo regalare musicassette degli artisti che mi piacevano in quel momento, magari anche solo per una canzone che mi emozionava. I miei amici andavano in discoteca il sabato pomeriggio mentre io andavo in giro con il mio walkman, assorto nei miei pensieri e guardando il mondo filtrato dalla musica che avevo nelle orecchie, nell’anima e nel corpo in quel momento. Poi ci sono andato anche io in discoteca eh!

Hai fatto molti lavori pur di portare avanti il tuo sogno. Ci racconteresti qualche aneddoto legato al quel periodo? Hai mai pensato di  mollare tutto?

Un aneddoto molto simpatico è legato alla finale di un concorso canoro che si tenne a Maratea. Non potendo spendere i soldi per l’albergo, partii con la macchina con l’intento di dormirci dentro ma poi il giorno stesso in cui arrivai, conobbi un gruppo di ragazzi e ragazze con i quali facemmo amicizia e, ridendo, gli spiegai questa cosa. Una ragazza che aveva la stanza da sola decise di ospitarmi per non farmi dormire in macchina ma, siccome, non potevo passare dalla hall dell’albergo perché non ero registrato, entravo e uscivo dalla finestra della camera! Per fortuna che era a piano terra! Tantissime volte ho pensato di mollare tutto e, se non dovessi trovare una produzione o un’agenzia di booking entro il prossimo febbraio, data di uscita dell’ultimo singolo già pronto, sarò costretto a farlo perché economicamente diventa insostenibile fare tutto da solo. Poi la vita è imprevedibile e magari la musica si presenterà davanti ai miei occhi in altre forme, come autore per altri ad esempio.

La tua musica è una commistione di generi diversi, ma c’è qualcuno che ti ha influenzato di più?

Ho sempre cercato di ascoltare veramente di tutto senza legarmi mai a un genere o a un cantautore in particolare, anche per non rischiare di assomigliare a qualcuno ma non nego di amare molto il cantautorato italiano e di prediligerlo rispetto ad altre tipologie di musica. Poi, secondo me, ormai è veramente inclassificabile la musica perché c’è una tendenza dell’elettronica a fondersi con il rock e con il pop più commerciale e via dicendo.

Dal tuo album d’esordio, “Possibilmente guardo il cielo”, sono trascorsi tre anni. Com’è cambiato Giuliano?

Credo che l’evoluzione sia fondamentale per ogni essere umano ma soprattutto per l’artisticità è importante farsi contaminare, non rimanere statici, chiaramente sempre mantenendo la coerenza di pensiero e di fatti. Per esempio, non potrei mai scrivere e cantare una canzone demenziale o trash perché non è nelle mie corde, non mi appartiene e non sarei credibile e viceversa. Sono dovuto crescere più in fretta della media dei miei coetanei e tutto questo, oltre a darmi una visione ben precisa delle priorità della vita, ha sicuramente influenzato la mia scrittura e oggi mi sento una persona molto forte che esterna le proprie fragilità solo alla musica e a pochissimi eletti.

Il tuo singolo “Impronte”racconta la società di oggi e il rapporto con la rete ed i social. Com’è il tuo rapporto con questi strumenti?

Sono sincero, se non ci fosse la musica me ne terrei totalmente fuori perché secondo me si è arrivati a un punto in cui è più importante ostentare dei momenti di vita piuttosto che viverli, è più importante contare i like dei post che condividere un pensiero o una foto per far star bene qualcuno o, addirittura, per aiutarlo. Lo critico perché ci sono dentro anche io in un modo o nell’altro ma sono certo che presto me ne tirerò fuori. Ho visto di recente un video in cui veniva proprio spiegato che i social creano una dipendenza dovuta a una sostanza, la dopamina, che, esattamente come una droga, dà una sorta di benessere istantaneo, offuscando un malessere profondo, un disagio sociale, una solitudine che cerca di trovare conforto nel virtuale, insomma tutte cose ben lontane da me che amo il contatto. Io voglio vivere e vivermi anche i momenti di dolore o di malinconia senza connessioni virtuali, senza rapporti fittizi, senza avere 5000 amici virtuali che condividono continuamente bellezza e perfezione perché, agli occhi dei più, la tristezza di un momento è solo una cosa negativa da respingere. Ai concerti vedo le persone che invece di godersi le emozioni di quel momento, guardano il concerto attraverso lo schermo del cellulare oppure persone che condividono foto in cui loro o un loro caro si trovano sul letto di un ospedale, addirittura ho visto foto di funerali. Ecco, secondo me, tutto ciò racchiude un profondo malessere e disagio di questa società perché quelli sono momenti intimi, riservati, delicati da condividere con la presenza delle poche persone veramente importanti che fanno parte della tua vita.

Hai dichiarato che l’arte può essere la via per uscire da questo grande disagio sociale che stiamo vivendo. In che modo?

L’arte, nel mio caso la musica, può fare tanto perché, se vissuta profondamente, ti riporta a una dimensione emotiva e a una connessione profonda con il lato umano, quel lato che si vede sempre di meno e la cui poca presenza onestamente mi fa paura. Sembra banale ma vorrei che le persone capissero che c’è bisogno di amore, di quell’amore vero che accoglie e non respinge, che capisce e non grida, che è manifesto e non tradisce. C’è bisogno di verità dei sentimenti, di occhi innamorati che amano alla follia e non si distraggono al primo problema o alla prima visione di altri occhi. C’è bisogno d’AMORE, ecco.

“Impronte” è un titolo emblematico: perchè questa scelta? Qual’è il segno che vuoi lasciare?

Non ho mai riflettuto sul titolo da dare una canzone, mi sono sempre fidato del mio istinto e così è stato anche con “Impronte”. Tutta la canzone ruota attorno a questo concetto, al fatto che i rapporti diventano sfuggenti, che le persone rinunciano, non coltivano un rapporto perché presi dalla vita sempre più frenetica. Non ci soffermiamo, giudichiamo, giungiamo a conclusioni senza capire l’altro. Nella mia città del sole, vorrei umanità, rispetto, amore. Quando sento al telegiornale notizie di attentati, guerre, politici corrotti, omicidi, stupri, sento veramente un dolore profondo perché sono altri esseri umani come me a compiere quegli atti orribili e, allora, mi chiedo, che senso ha tutto questo vagare se ci facciamo del male e ci autodistruggiamo dalle piccole alle grandi cose? Per me il senso di tutto è solo e soltanto uno, l’AMORE. Senza Amore, non c’è vita, senza vita non ci sono IMPRONTE e, se dovessi morire domani, vorrei aver lasciato impronte indelebili almeno in qualche vita. Se ognuno nel proprio piccolo smuove qualcosa di positivo, la positività si muove e si allarga.

Il tuo tuo secondo singolo è “Un bacio in più”. Come lo descriveresti?

“Un bacio in più” non è altro che la conseguenza più immediata di “Impronte”, è il suo eco. Non ha nessuna esorbitante pretesa se non quella di far riflettere proprio sul concetto di Amore Vero, quello che, per citare la canzone, è lontano da “anime anestetizzate, da emozioni vulnerabili, da parole non pesate, da compromessi”. Mi piace pensare che qualcuno, con la mia musica e le mie parole, possa riflettere, mettersi in discussione, cercando di migliorare. Io cerco di farlo sempre in quanto odio l’idea di non migliorarmi, di non lavorare su certi miei lati spigolosi che, ad esempio, frenano a volte, la mia purezza, quella che non vorrei si offuscasse mai, nonostante le esperienze negative che ci troviamo, chi più e chi meno, a vivere prima o poi. Vorrei sempre essere libero nella mia bellissima purezza e mandar via l’inquietudine che a volte mi attraversa e mi obnubila totalmente. Ci sto lavorando con fatica e con UN BACIO IN PIU’

Infine, la domanda di rito: progetti per il futuro?

Con il mio amico fraterno Stefano Calabrese abbiamo appena finito di registrare due nuovi brani di cui vi anticipo solo i titoli: “FUOCO” e “VIVO”. Uno uscirà a Novembre prossimo, l’altro a Febbraio e tutto il resto è in evoluzione, senza troppi piani, appunto VIVENDO con il FUOCO dentro.

 

Catiuscia Polzella