Intervista a Chiara Nasi, presidente di CIRFOOD: “Nei nostri ristoranti RITA si serve l’inclusione a tavola”

Riuscire a fare la differenza promuovendo un cambiamento socioculturale attraverso il cibo è davvero possibile? Stando ai risultati ottenuti da CIRFOOD, impresa cooperativa italiana leader nella ristorazione collettiva, commerciale e nei servizi di welfare, la risposta sembrerebbe più che positiva. Le attività dell’impresa, con sede a Reggio Emilia – cuore della Food Valley – si basano sulla convinzione che la ristorazione e il cibo non siano solo uno strumento per nutrire le persone. Bensì, uno mezzo efficace per migliorarne il benessere e contribuire, al contempo, allo sviluppo dei territori.

Chiara Nasi, presidente di CIRFOOD, ha approfondito la natura e le tematiche di alcuni progetti e collaborazioni avviate dall’azienda. Iniziative create al fine di attuare una vera rivoluzione, partendo dalla tavola, e favorire inclusione sociale e uno stile di vita sostenibile.

CIRFOOD è un’impresa cooperativa italiana leader nella ristorazione collettiva, commerciale e nei servizi di welfare, che considera il cibo come volano chiave attraverso cui fare la differenza a livello socio-culturale. A cosa si deve tale intuizione e quali sono i valori su cui l’azienda si poggia?

“Il cibo, oltre ad essere il fulcro delle nostre attività, è secondo noi un elemento chiave per trasmettere tradizione, innovazione e valori che possono contribuire all’evoluzione della società odierna. La tavola, in questo senso, rappresenta il luogo ideale per condividere esperienze, idee, cultura, dove apprendere abitudini di consumo responsabile e stili di vita che siano rispettosi dell’ambiente e, in generale, dell’altro. Il cibo non è, dunque, solo uno mezzo per nutrire le persone, ma anche per migliorane il benessere in modo inclusivo e contribuire, al contempo, allo sviluppo delle comunità e della società in ottica sostenibile”.

Si parte dalla tavola per arrivare ad un cambiamento culturale. Un esempio è Rita Pieve, dal 2021 il primo ristorante self service completamente inclusivo realizzato in Italia. Il suo percorso è iniziato, però, nel 2019. In che modo avete gestito l’organizzazione di questo ristorante decisamente alternativo?

“Alcuni anni fa, Annalisa Rabitti, Assessora alla Cultura, Marketing territoriale, Pari Opportunità del Comune di Reggio Emilia, ha presentato l’iniziativa “B come Bellezza” nell’ambito di Reggio Emilia Città senza Barriere. Il cui scopo era di far comprendere come locali inclusivi per tutti potessero essere anche belli esteticamente.

Il progetto ha stimolato in noi delle riflessioni e, a inizio 2019, abbiamo organizzato alcuni workshop presso un ristorante della catena RITA. In cui i nostri manager e professionisti si sono confrontati sulle esigenze reali di persone con fragilità. Dai quali sono emersi diversi spunti di miglioramento per rendere i locali ancor più accessibili. Veri e propri laboratori immersivi, durante i quali ci siamo posti in ascolto delle esigenze reali degli utenti. Con la volontà di approfondire i temi dell’accessibilità e del benessere ambientale.

Poi siamo passati alla pratica: nel momento in cui abbiamo deciso di realizzare un nuovo ristorante RITA a Pieve Modolena (frazione di Reggio Emilia). Abbiamo valutato opportuno progettare questo locale con l’ausilio di architetti e tecnici del CERPA (Centro Europeo di Ricerca e Promozione dell’Accessibilità), nell’ambito del progetto CRIBA (Centro Regionale d’Informazione sul Benessere Ambientale), con soluzioni inclusive e accoglienti per tutte e tutti, a prescindere da età o abilità, pur senza snaturare l’immagine e il layout del nostro format di ristorazione.

La collaborazione con CERPA e gli spunti emersi dai workshop sono diventati know how aziendali, che abbiamo capitalizzato con la volontà di trasferirlo in altri nostri locali, per continuare a garantire una sempre maggiore accessibilità”.

Strutturalmente, in che senso è accessibile e inclusivo? E (curiosità) in cosa si distingue il menù che offrite?

“È un locale inclusivo e accessibile, perché è stato progettato con un nuovo approccio, orientato al design per tutte e tutti, che pone al centro le necessità delle persone. Favorendo così l’incontro tra creatività e fragilità e assicurando servizi che sappiano rispondere alle esigenze di un pubblico il più vasto possibile. In questa direzione, il locale è stato pensato per dare a tutte le persone le stesse opportunità di socializzazione, di consumo, di autonomia e di partecipazione in ogni aspetto della vita quotidiana.

Nel dettaglio, all’interno di RITA Pieve, è possibile trovare un banco self service che agevola il passaggio delle pietanze a diverse altezze. Spazi ampi con tonalità e colori tenui, mappe tattili per facilitare la comunicazione e la fruizione degli ambienti, un sistema di chiamata all’ingresso (per attendere l’assistenza di un addetto in caso di necessità) e un’area ‘di quiete’ all’interno della sala ristoro, nella quale è richiesto ai clienti di ridurre al minimo i rumori, al fine di preservare il comfort acustico dell’ambiente. I bagni sono completamenti accessibili e le stoviglie ergonomiche in modo da favorire e rendere piacevole la fruizione della pausa pranzo di tutti i clienti. Tutto il team del locale è stato formato per accogliere al meglio la nostra clientela.

RITA, è il marchio che da sempre identifica i nostri ristoranti self-service.

Tutti i ristoranti del brand offrono una vasta scelta di specialità gastronomiche della tradizione e internazionali. Piatti light e innovativi, ricette vegetariane e a basso impatto ambientale e pizza preparata con impasto fresco e lievito madre. Un’offerta genuina che esalta i prodotti del territorio, per una pausa pranzo sostenibile”.

“Nutrire le persone, migliorare il benessere e contribuire, al contempo, allo sviluppo dei territori”. Questi sono gli obiettivi che vi proponete di realizzare attraverso RITA Pieve e CIRFOOD in generale. Come stanno trovando traduzione in pratiche concrete?

“Attraverso i nostri servizi di ristorazione e welfare, forniti giornalmente in oltre 74 province in Italia, e i progetti sui quali siamo impegnati ogni giorno, volti a generare benefici sociali ed economici alle comunità. Siamo consapevoli, in quanto impresa che rivolge il proprio sguardo alle persone, di avere la responsabilità di tutelare le risorse che abbiamo a disposizione. Nonché di dover dare il nostro contributo affinché la società di oggi e quella di domani crescano in modo inclusivo e sostenibile. Per questo agiamo senza riserve, con passione, facendoci carico di attività e valori e sollecitando i nostri stakeholder ad assumere questo stesso approccio”.

Nel 2022 CIRFOOD ha deciso di fare un ulteriore passo verso la tematica dell’inclusività e stringere una partnership con Link@ut. Realtà riminese eccellenza nel mondo dell’innovazione sociale per la creazione di un collegamento fra l’autismo e l’accoglienza a tutti i livelli e in vari settori. In cosa consiste e quanto è importante per la vostra azienda e per il progetto avere creato quest’unione?

“La partnership prevede la formazione del personale dei locali Poormanger, brand autentico di CIRFOOD Retail, per l’accoglienza delle persone neurodivergenti. Questi ristoranti sono così diventati Link@ut point. Ossia spazi dedicati all’accoglienza di persone autistiche, che consentono loro di apprezzare in serenità la nostra offerta ristorativa e di godere di momenti di socialità insieme alle loro famiglie. Lo staff formato indossa una spilla con uno smile blu: un piccolo segno distintivo, in grado di muovere fiducia e serenità nelle persone autistiche e nelle loro famiglie”.

Queste sono tematiche che potrebbero giovare a molte altre aziende per cercare di raggiungere quella sostenibilità sociale prevista anche dai 17 goals delle Nazioni unite entro il 2030. Vi andrebbe di raccontarci in sintesi che cos’è il protocollo di “Accoglienza consapevole”, promosso da Link@ut che CIRFOOD ha accolto nella propria mission?

“Il protocollo raccoglie accorgimenti utili per l’accoglienza delle persone autistiche e le loro famiglie con specifiche per ogni fase. L’obiettivo è migliorare il modo in cui gli esercizi commerciali accolgono gli utenti. Inoltre, pone le basi per una rivoluzione culturale basata su informazione e conoscenza su una tematica prevalentemente poco conosciuta”.

Sin dalla realizzazione concreta di RITA Pieve le persone sono state al centro dell’iniziativa. Collaborando persino al design. I clienti, continuano, però ad essere i protagonisti attraverso un percorso con pannelli informativi che saranno presenti all’interno dei locali Poormanger, famoso marchio delle jacked potates. Di che tipo di educazione si tratta e che riscontro avete ottenuto sinora?

“Certamente il progetto punta a coinvolgere i clienti e a sensibilizzarli sui temi legati all’autismo. Grazie alla presenza di un percorso con pannelli informativi, all’interno dei locali Poormanger, che consentono a tutti di imparare concretamente come, con semplici gesti comuni, si possa contribuire a rendere piacevole il momento del pasto anche a persone autistiche. I consigli sono semplici e alla portata di tutti, ma concreti. Ad esempio: mantenere un tono di voce basso, dare la precedenza, perché spesso le persone neurodivergenti hanno difficoltà a gestire le attese. O ancora, non giudicare comportamenti fuori contesto, perché proprio quel comportamento potrebbe essere di una persona autistica”.

 Qual è l’obiettivo ultimo a cui mirate, o il nuovo progetto sostenibile ed inclusivo in cantiere?

“Questi progetti sono parte di un percorso che può, in concreto, dar vita ad un rinnovato modello di cultura dell’ospitalità e della cura delle persone nella ristorazione. Un modello che parte proprio dalle esigenze degli utenti e dalla quotidianità, mettendo al centro l’importanza dell’inclusione e del benessere. Permettendo a tutti di avere le stesse opportunità di partecipazione e socializzazione.

All’interno del CIRFOOD DISTRICT, il nostro centro di ricerca e innovazione recentemente inaugurato, abbiamo in programma diversi progetti in questo ambito.

Mi consenta però di fare una considerazione finale. CIRFOOD è un’impresa solida, ma il settore della ristorazione collettiva, che serve ogni giorno studenti, degenti e lavoratori, sta vivendo un momento di grande difficoltà. Perché messo a dura prova dagli aumenti dei costi delle materie prime e degli energetici. È un settore a bassa marginalità, che non può ribaltare i propri costi ai consumatori, lavorando su appalti con prezzi fissi.

Ecco, per fare tutte le cose belle e, a nostro parere, fondamentali delle quali abbiamo parlato sino a ora, serve anche una sostenibilità economica. Credo sia oggi necessario sostenere le imprese che ogni giorno offrono servizi essenziali al Paese e che nel 2022 hanno servito i pasti a proprie spese. Pur di non interrompere quello che a tutti gli effetti si può definire welfare pubblico.

Per questo, approfitto di questo spazio che ci avete offerto per fare l’ennesimo appello alle istituzioni: il benessere delle persone è la nostra priorità. Ma serve un impegno concreto di tutti per continuare a garantirlo, insieme”.

Giulia Grasso