Dopo una pausa mensile, torna la rubrica culturale “Insulti e parolacce” che vi racconta quello che mai avreste pensato fosse poesia! Dopo aver passato in rassegna le poesie più sconce dell’antica Roma e avervi dato un piccolo assaggio sulle poesie volgari in volgare del Medioevo, “Insulti e parolacce” oggi vi presenta i poeti maledetti del Decadentismo. La nozione di “poeta maledetto” nasce durante il Romanticismo e ha designato sin da subito una figura tragica che si spinge agli estremi, spesso sprofondando nella demenza, nell’alcolismo o nella tossicodipendenza.
I poeti maledetti, o “bohemien“, rigettano i valori della società e rasentano, oltre che la malattia, anche l’autodistruzione. Questo è il lato oscuro della poesia, questo è il lato oscuro della realtà letteraria, che si nutre di vino e droga per dare origine a versi di esemplare rarità. Da Baudelaire a Keats, da Poe a Verlaine, fra Ottocento e Novecento l’Europa ha conosciuto la tempesta maledetta principiata in Italia grazie al movimento della Scapigliatura di Boito e Tarchetti e consacrata da Baudelaire con “Les fleurs du mal“: poesia inquieta, poesia misteriosa, poesia quasi magica. Capite perché tutti questi poeti hanno avuto vita breve? Basta con le chiacchiere: è giunto il momento di leggere.
AVVERTENZE: le poesie che seguiranno sono esplicite (salvo alcune censure) e non sono riprodotte integralmente. Non saranno qui riprodotti i versi in lingua ma in traduzione italiana proprio come è stato fatto per le poesie latine di Catullo e Marziale e per gli autori medievali. Divertiti, oh lettore. Così direbbero dei poeti “normali”, ma i maledetti avrebbero detto anche loro così? Entriamo, dunque, in un clima maledetto di cui non vi pentirete!
Non si può parlare di poeti maledetti senza fare un accenno a Charles Baudelaire, un vero e proprio caposcuola del Decadentismo europeo. Grande esponente del simbolismo e riformatore della lirica, dalle sue poesie traspaiono “corrispondenze nascoste” che nella poesia che siete abituati a leggere è davvero raro trovare.
Furono ben 6 le liriche che Baudelaire dovette censurare dalla raccolta “I fiori del male” per alta immoralità.
Il primo stralcio arriva dalla poesia “I gioielli” (vv. 29-32) che cela, dietro ai gioielli, i soli vestiti della donna, l’idea di sesso sfrenato.
“La lampada rassegnata era morta a poco a poco,
e poichè il solo camino rischiarava la stanza,
ogni qual volta mandava un suo sospiro di fuoco
quella pelle ambrata s’inondava di sangue!“
Il sangue rosso per la fiamma o forse per una verginità perduta per sempre? Una cosa è certa: il lettore del tardo Ottocento non avrebbe potuto tollerare poesie che descrivono l’amore come “l’onda che si infrange sullo scoglio“, chiaro riferimento al contatto della carne.
Di tema non diverso è la lirica “La bellezza” (vv. 1-4), con una non velata provocazione all’amore carnale.
“Sono bella, o mortali, come un sogno di pietra e il mio seno,
cui volta a volta ciascuno s’è scontrato,
è fatto per ispirare al poeta un amore eterno e muto come la materia.“
E’ ben lungi dall’idea di “amore sublime” nello stile dei provenzali la poesia “Fontana di sangue” (vv. 10-13). Forse l’AIDS non lo conoscevano ancora, ma qualcosa suggerisce che, dopo qualche bicchierino, il nostro bohemien si divertisse con qualche donna di provincia: è forse la malattia venerea contratta dopo il rapporto la fontana di sangue?
“Ho cercato nell’amore il sonno dell’oblio; ma l’amore, per me, non è che un materasso d’aghi fatto per procurare da bere a crudeli puttane.“
Dopo i contributi sporcaccioni, la carrellata dei versi baudelairiani continua. Da folle amatore a spietato assassino, come suggeriscono i versi di “Il vino dell’assassino” (vv.1-4, 13-16)
“E’ morta la mia donna: sono libero!
Posso bere, sicché, quando mi pare.
Se rincasavo privo di danaro
gli urli suoi mi squassavano le fibre.[…]Ho gettato il suo corpo in fondo a un pozzo
e gli ho scagliato sopra, per sottrarlo
a ogni vista, le pietre dell’orlo.
– Ora voglio scordarmela, se posso.“
Dopo l’omicidio e l’ebbrezza dell’alcol, la bestemmia, in chiusura della stessa poesia (vv. 51-52):
“ […] per me, me ne infischio di D*o,
della S***a Euc****tia e del Diavolo.“
L’ultimo contributo del più famoso dei poeti maledetti è estrapolato dalla poesia “Il sogno d’un curioso” (vv. 3-5) che descrive uno strano sogno che ha del visionario che fa sprofondare l’autore in una sensazione fra la vita e la morte… Che sogno mai sarà stato? Droga? Probabile…
“Io stavo per morire. In me c’era l’orroree il desiderio insieme, un mal particolare;speranza e angoscia, senza un gesto di rancore.“
Caso non diverso da Baudelaire è il conterraneo Arthur Rimbaud. Bastano le sue parole per descriverlo: “Io dico che bisogna essere veggente, farsi veggente. Il Poeta si fa veggente attraverso una lunga, immensa e ragionata sregolatezza di tutti i sensi”. Nonostante la vita movimentata e certamente breve, ma intensamente vissuta (muore infatti a 37 anni), è stato uno degli autori più prolifici del Decadentismo.
Anche lui prototipo di poeta maledetto, libertino, che arriva a rinnegare addirittura il grande Baudelaire, e approda alla fine ad una poesia molto licenziosa che, in fin dei conti, non elimina del tutto l’insegnamento dell’autore dei “Fiori”.
Nella poesia “La maliziosa” (vv. 7-11), durante un pranzo, il poeta non può fare a meno di notare la portata principale: la servetta provocante.
“Ed ecco venire, chissà perché, la serva,spettinata con arte, scialle sfatto,e con ditino incerto sfiorandosi una guanciavelluto biancorosa di pesca, e atteggiandoa smorfia quella sua bocca infantile […]“
Vi è mai capitato di invocare qualche divinità e di accusarla di non ascoltare le vostre preghiere? Rimbaud lo faceva, anche in versi! Per la precisione, nel sonetto “Il male” (vv. 9-14) di grande attualità!
“C’è un dio che ride sulle tovaglie damascatedegli altari fra l’incenso, fra i grandi calici d’oro;che cullato dagli ‘Osanna’si addormenta.E si risveglia quando madri, raccoltenell’angoscia, piangendo sotto la vecchia cuffia neragli offrono qualche moneta nel loro fazzoletto“
“Il giovane, davanti alle brutture di questo mondo,trasale nel cuore ampiamente irritato,e pieno delle ferita profonda ed eterna,comincia a desiderare la sua suora di carità.”
“Oh credenza d’altri tempi, tu ne sai di storie,e vorresti raccontare i tuoi racconti, e fai rumorequando lentamente si aprono, le tue grandi porte nere.“
“Sono l’Impero alla fine della decadenza,
che guarda passare i grandi Barbari bianchi
componendo acrostici indolenti
in uno stile d’oro dove danza il languore del sole.“
“Di fronte a quanto si osa
dovremo innalzarci,
sopra ogni cosa, coppia rapita
nell’estasi austera del giusto,
e proclamare con un gesto augusto
il nostro amore fiero, come una sfida.“
“[…] i nostri cazzi, come nasi gioiosi di Karagozche le nostre mani soffiassero con gesto delizioso,starnutivano sotto il tavolo getti di sperma“
“Ah! I poveri amori banali, animali,normali! Gusti grossolani o frugali bulimie,senza contare la stupidità delle fecondità!“
“Festino finale, dessert della fica ingozzata, delirio
della mia lingua arpeggiante sulle labbra come su una lira!
E ancora quelle chiappe, come una luna in due
quarti, misteriosa e allegra, dove voglio
d’ora innanzi nascondere i miei sogni di poeta
e il mio cuore di cacciatore e i sogni d’esteta!“
Con questa ultima lunga carrellata di poesie proibite si chiude la trilogia dell’approfondimento culturale “Insulti e parolacce” di Social Up! Your daily lifestyle magazine. Abbiamo avuto occasione di scoprire i lati oscuri della poesia che mai nessun professore ha avuto il coraggio di esporvi a lezione! Quali altri misteri cela la storia della letteratura mondiale? Forse, proprio ora, qualcuno si accinge a sfogliare questi libri, quasi a voler trasgredire i miti che vi hanno inculcato in testa sulla poesia d’amore.
Abbiate l’ardire di leggere anche questa poesia, che è la più bella!