Franca Valeri: stile, intelligenza e ironia di una grande attrice

Nel Dopoguerra, si presenta all’Accademia di arte drammatica e viene bocciata. Ma non dice niente ai suoi, per poter restare a Roma, lei che aveva sempre vissuto a Milano. In una intervista dell’anno scorso racconta:” La cugina di mio padre che mi ospitava mi resse il gioco. Così ho iniziato a fare i miei primi lavori a teatro”.

Fin da giovane, aspira a diventare attrice quella ragazza classe 1920, figlia di una tranquilla famiglia borghese. Si chiama Franca Maria Norsa e non è un caso che da appassionata di letteratura scelga come nome d’arte in omaggio al poeta francese Paul Valery, lo pseudonimo di Franca Valeri.

È già una donna colta, intelligente e consapevole quella che all’alba della sua carriera non si accontenta di recitare personaggi già creati o di aspettare un ruolo scritto da altri per lei ma diventa autrice di se stessa, dando vita a personaggi indimenticabili, in particolare donne un po’ sfortunate ma sempre molto divertenti. Come dichiarato nell’intervista da Franca: “Ho capito presto che avrei voluto fare qualcosa di mia invenzione e così dai primi esperimenti in cui mi sono avventurata in Checov, in Medea, sono passata a raccontare le manie di una nevrotica donna milanese simbolo di una ingessata borghesia che scoperchia le sue ipocrisie: la Signorina Snob”.

Debutta nel 1950 questa memorabile e immortale figura femminile inserita nella trasmissione radiofonica” Il rosso e il nero” e per lei arriva ben presto il successo: con la sua arte da cui traspare un’ironia sempre arguta ed elegante, la Valeri racconta l’Italia del boom economico ed edilizio e le trasformazioni repentine della società di quel periodo.

Questo suo personaggio ribattezzato Signorina Cesira con il passaggio alla televisione, a parte la milanesità, cambia profilo e carattere per diventare una permalosa manicure che soffre insormontabili pene amorose e al contempo lascia intravedere squarci di strisciante razzismo.

Completerà poi, nel 1965, il trittico di questi caricaturali ritratti femminili, tratteggiando il caratteristico profilo di una popolana romana: la verace signora Cecioni, una casalinga sfaticata dai bigodini giganti perennemente al telefono con mammà, per un vacuo chiacchiericcio che rasenta l’inutile, esattamente come oggi con i cellulari, e ogni tanto si ricorda del marito che a tarda sera non è ancora tornato.

Nel frattempo, siamo nel 1951 approda al teatro e assieme al sottile Vittorio Caprioli (in seguito suo marito) e al sulfureo Alberto Bonucci, fonda il teatro dei Gobbi, dove si diverte a recitare in Carnet des notes n°1 e n°2: sketch satirici e salaci considerazioni sulla società del dopoguerra in perenne fibrillazione.

Per non farsi mancare nulla, mentre che c’è, sempre in quel periodo gira il suo primo film: “Luci del varietà”, regia di Alberto Lattuada e dell’appena esordiente Federico Fellini peraltro incantato dalla sua estemporanea improvvisazione di una coreografa ungherese. Comincia così il suo breve tratto di strada cinematografico su cui però lascia tracce inconfondibili nonostante ruoli per lo più marginali. Non sono molti i film interpretati da Franca Valeri, forse perché lei stessa ha sempre ammesso che la sua autentica passione è sempre stata il teatro. L’anno dopo ecco la versione cinematografica della Signorina Snob in: ”Totò a colori”. Più incisiva risulta la sua presenza in “Il segno di Venere” di Dino Risi del 1954. Qui la Valeri si propone nel tipico personaggio di una impiegata bruttina che a prima vista viene cercata dai maschi, ma poi scopre di essere il tramite per arrivare alla cugina bona, una strabordante Sofia Loren che trasuda femminilità da ogni poro. Nello stesso anno viene scelta nel cast del film “Il bigamo” di Luciano Emmer dove nei panni di Isolina Fornaciari, un’attempata zitella che tenta di incastrare il furbetto e piacente Marcello Mastroianni, da sfoggio di una bravura inconsueta. Accanto a lei recita anche, nel ruolo di un avvocato smemorato e istrionico, un sontuoso e impareggiabile Vittorio De Sica.

Considero Vittorio De Sica un maestro, un grandissimo del cinema, un uomo affascinante, un grande amico e maestro di recitazione. Gli sono stata vicino e ho visto che riusciva a far recitare, come si dice, anche i sassi: aveva una grande capacità di comunicare”.

Ma deve passare ancora qualche tempo perché, ancora diretta dal maestro Risi, Franca compaia sugli schermi col suo personaggio capolavoro: Elvira Almiraghi, la disillusa moglie di uno sconclusionato e frustrato Alberto Sordi che nel film: “Il vedovo”, asciutta e concreta sorvola con piglio sulle sue leggerezze lavorative e non. “Albero Sordi è stato il mio grande compagno di lavoro, abbiamo fatto sette film insieme ed eravamo una coppia particolarmente ben assortita perché eravamo agli opposti come genere, come natura. Era molto rispettoso nei miei confronti, non era un prevaricatore, né un improvvisatore di quelli che ti pestano i piedi: mi sono sempre trovata molto bene con lui.“.

Non poteva mancare una proficua collaborazione col marito Vittorio Caprioli: i due a quattro mani scrivono la sceneggiatura di “Parigi o cara” un film commedia del 1962 dove protagonista assoluta Franca Valeri, nelle vesti di Delia Nesti una signorina romana che borderline esercita la professione più antica del mondo, tratteggia con il consueto stile la figura di una donna che insegue sogni di gloria appena trasferitasi a Parigi e che invece alla fine deve fare i conti con la realtà e finisce sposata a un pizzaiolo.

“È il mio film preferito” ha più volte ribadito l’attrice milanese. “Ho sempre sfruttato il mio senso dell’umorismo, la mia ironia, la mia passione per osservare e scrivere del mondo che mi circonda”. Infatti dopo aver scritto la sceneggiatura assieme a Vittorio, aveva anche collaborato a quella del Segno di Venere, in questo contesto l’eclettica artista riesce ad esprimere con autenticità i più immediati desideri di una provinciale dal doppio volto che riveduta e corretta poi diventa l’archetipo sui generis della signora Cecioni”.

Si accomiata dal set impersonando, leggera ma incisiva come solo lei sa e può fare, in un cammeo l’anonima segretaria nel film di Alessandro Blasetti: “Io, io, io e…gli altri”, un’eloquente spaccato sociale che pone l’accento sull’egoismo umano.

Sempre con il “Teatro dei Gobbi” debutta in televisione nel 1954, dove si consacra, oltre per i suoi originali personaggi per la partecipazione poi a numerose serate di “Le divine” (1959), “Studio Uno” (1966) e ai varietà, “Sabato sera” (1967), “Le donne balorde” (1970), “Sì, vendetta” (1974), “Vino, whisky e chewing-gum” (1974), “A modo mio” (1976), “Studio 80” (1980), “Giochiamo al variété” (1980), “Cipria” (1982).

Legata alla Scala, dove ha maturato la sua passione per l’opera lirica, Franca Valeri si è anche cimentata come regista di melodrammi. A parte gli uomini (Caprioli e il direttore d’orchestra Maurizio Rinaldi) e il teatro Franca Valeri è una grande amante della musica cui la introdusse il padre fin da bambina. Ha condotto per qualche anno una trasmissione di musica classica su Rai Due dal titolo “Classic Jockey”, nella quale annunciava in modo divertente e originale i brani di musica. Dal 1999 al 2003 ha condotto ”Di tanti palpiti”, una trasmissione su Rai Tre in cui commentava con la solita intelligenza ed eleganza i personaggi dell’opera.

La sua marcia in più è senza dubbio l’ironia che accoppiata alla grande forza di carattere, la spinge sempre a nuovi traguardi.

Dopo un libro di successo “La vacanza dei superstiti”, sulla vecchiaia, aveva detto di essere alle prese con un altro. E alla domanda finale sul perché consideri la vecchiaia una vacanza prontamente risponde: “Arrivare alla mia età è come ricevere un premio, non so da chi, forse da Dio. Vivere mi piace ancora moltissimo. Non ho affatto voglia di andarmene”. 97 anni, anche regista, sceneggiatrice, scrittrice e chissà quanto diavolo di altre cose. Forse le manca solo un compito maggiordomo, uno alla Eric Von Stroheim per intenderci, che ogni tanto le ricordi: “Madame è la più grande attrice vivente”.

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Vincenzo Filippo Bumbica