Cucina e letteratura in Sicilia – #fooks

Nei romanzi ambientati in Sicilia, che si tratti di grandi classici o di opere a noi contemporanee, le pagine sfogliate emanano i profumi tipici dei piatti dolci e salati della tradizione, creando un connubio fra cucina e letteratura che raramente altre regioni d’Italia – e del mondo – possono vantare.

L’esempio più lampante, per quanto riguarda la letteratura contemporanea, è quello dato da Camilleri, che descrive il suo commissario Montalbano come un palato “multiforme”, che gusta tanto il cibo prelibato quanto quello comune ed il cibo di strada. Il tratto caratteristico del personaggio è come egli sia un uomo che ha il piacere di sedersi a tavola, preferibilmente da solo, per godere in silenzio quegli attimi di vera pace. Leggendo delle sue indagini, fra un delitto e l’altro, si possono assaporare la pasta con le sarde, le melanzane “alla parmiciana”, le sarde “a beccafico”, le panelle e le “stigghiole”, ma soprattutto tanto buon pesce.

Andando indietro nel tempo, invece, dimenticando le tavole imbandite e i piatti succulenti, con Verga regna la fame, alleviata solo dal pane nero, le cipolle, il vino e le minestre fatte con gli scarsi frutti della terra, come i finocchi selvatici o le fave novelle. Una povertà che stride nel paragone con le tavole imbandite, i cibi annaffiati da vino e da oli, le posate d’argento e d’oro, i menù dei ricchi che cominciano sempre con maccheroni al sugo, salsiccia “ed ogni ben di Dio“.

Tutta questa abbondanza è ritratta, invece, in uno dei più grandi capolavori di Dacia MarainiLa lunga vita di Marianna Ucrìa. In un’intervista, la scrittrice ha ammesso di essere particolarmente affezionata alle pagine di questo libro che parlano di cibo, tanto da far venire anche a lei l’acquolina in bocca! E come darle torto? Oltre ai maccheroni, ci vengono descritti piatti come lepri all’agro, cinghiali al cioccolato, tacchini ripieni di ricotta, porcelli alla fiamma, riso dolce, cassate e molto altro ancora: un tripudio di sapori e, soprattutto odori da mandare il lettore in estasi.

La particolarità di questo connubio fra cucina e letteratura, infatti, è data dal fatto che la Maraini descrive tutto attraverso gli odori. Marianna Ucrìa, infatti, è sordomuta dall’età di 4 anni (da quando, cioè, è stata violentata da uno zio materno, diventato poi suo marito), e per compensare alla mancanza dell’udito ha sviluppato tutti gli altri sensi. Marianna infatti è un’attenta osservatrice e conosce il mondo attraverso gli odori: per lei ogni persona ha il suo profumo, dalla servitù ai suoi figli; addirittura le situazioni di pericolo le riconosce attraverso l’olfatto.

Immaginate dunque quale profumo dovesse venir fuori da un dolce come la petrafennula, di origine araba e fatto con miele, cedro, arancia mandorle e cannella che Innocenza prepara meravigliosamente!

Emilia Granito