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Chi era Ulay, artista e tormento di Marina Abramović

Nell’immaginario comune, di Ulay, rimarrà impresso un ricordo, per sempre e carico di emozioni. Era il 2010 e al MoMA di NewYork, Marina Abramović era nel pieno di una sua performance, The artist is present. Lei, seduta ad un tavolo, accoglieva in silenzio i visitatori. Una performance che sarebbe durata 736 ore, in cui il linguaggio non verbale era la chiave. Le persone sedute di fronte interagivano con Marina, lasciando libero sfogo alle emozioni, ma restando in silenzio, in un gioco di soli sguardi. Improvvisamente a sedersi di fronte a Marina arriva lui, Ulay. Le lacrime dell’artista avrebbero poi fatto il giro del mondo, riportando alla luce il rapporto tra i due, nell’intimità e nell’arte.

Ulay ha forse vissuto a lungo all’ombra di Marina Abramović. Un caso singolare, in cui è una lei a mettere in ombra un lui, in un campo quello del  linguaggio performativo in cui la personalità espressiva è tutto. Ma chi era Ulay e quali sono le sue performance migliori?

Ulay, pseudonimo di Frank Uwe Laysiepen, è nato nel mezzo della Seconda Guerra Mondiale. Suo padre era un gerarca nazista che al termine del conflitto, morendo, lo ha lasciato orfano. Ulay, come tantissimi altri tedeschi, nati in quel periodo, vivrà per sempre con un senso di colpa, generato da una sorta di orribile eredità, quella degli orrori nazisti. Lasciata la Germania, intraprende gli studi ad Amsterdam. Ben presto si distacca dai convenzionali corsi di studi e inizia una ricerca sulle nozioni di identità e corpo, avvicinando alla cultura di travestiti e transessuali scattando foto, e attraverso aforismi e performance. In quel periodo conosce e incontra l’Abramović. E’ proprio dall’incontro con Marina che nascono le prime e più forti performance di Ulay. E’ di questo periodo la prima grande azione perfomativa, There is a Criminal Touch to Art.

There is a Criminal Touch to Art

è la documentazione in 14 atti di una performance, un furto, eseguito da Ulay e ripreso dall’Abramović. E’ il 1976, Berlino, Ulay decide di rubare dalle sale della Neue Nationalgalerie un dipinto di Carl Spitzweg, pittore amato da Hitler, The Poor Poet. Il quadro viene poi collocato nell’appartamento di alcuni immigrati turchi. Una performance carica di valori politici, ma anche della conflittualità con l’origine tedesca di Ulay. L’artista punta l’attenzione sui problemi degli immigrati e delle minoranze, in una società quella tedesca del dopoguerra e che vive ancora con i postumi del nazismo.

Dal 1976 al 1988 inizia il sodalizio con Marina. I due si uniscono nell’arte e nell’intimità. Ulay e Marina iniziano un percorso di indagine sui limiti del corpo e della mente e il rapporto uomo-donna. Tra le performance più intense di questo periodo, tre sono quelle che meglio racchiudono la potenza espressiva.

Imponderabilia

Rientra sicuramente tra le esibizioni più famose dei due artisti. Alla Galleria d’arte moderna di Bologna i due artisti posano completamente nudi uno di fronte all’altra. Tra i due lo spazio è minimo, uno spazio che Marina definì “porta vivente”. I visitatori dovevano passare attraverso quello spazio. In una frazione di secondo, il visitatore doveva scegliere verso chi rivolgere lo sguardo e a chi dare le spalle. Il tempo di scelta era minimo, quasi dettato dall’istinto, una decisione non ponderata.  Questo era il senso dell’azione di Imponderabilia. La performance si concluse dopo poco tempo. La polizia fece irruzione e interruppe l’evento, ritenuto oltraggioso per la pubblica morale.

Rest Energy

Questo corto fa parte di una serie del 1980, That Self. Ulay regge tra le mani un arco mentre Marina tiene in tensione una freccia. L’arma punta proprio verso il cuore di lei. I microfoni applicati ai loro vestiti amplificano e registrano il loro battito cardiaco che accelera, così come aumenta il respiro. Si registra la tensione e il pericolo del momento. I due artisti si spingono ai limiti della resistenza e del proprio corpo. La performance e la registrazione viene fermata dopo quattro minuti circa, quando la tensione inizia a diminuire.

The Lovers: The Great Wall Walk

La performance più carica d’emozione e che rappresenta anche il momento di rottura tra Ulay e Marina. Dopo dodici anni di relazione intima e artistica i due decidono di concludere i loro rapporti in Cina. Entrambi si posizionano ai due estremi della Grande Muraglia Cinese. Partono dai poli opposti per poi incontrarsi per dirsi addio. Un lasso di tempo molto lungo, novanta giorni, in cui meditare, decidere, fino a che punto si è giunti prima di dirsi addio.

Dal 1988 in poi Ulay riprende la sua carriera di fotografo. Si dedica a foto di viaggi e a esperimenti innovativi come Fotogrammi e Polagrammi. In Anagrammatic Bodies del 2015 ritorna forte la sua analisi sull’identità. Riduce in pezzi la sua immagine per poi ricostruirla con pezzi di altre fotografie di altre persone, modelle e attrici, producendo ibridi di genere.

Il suo progetto più grande è probabilmente quello legato alla causa della sua morte, il cancro. Project Cancer è la storia di un viaggio che parte dall’ospedale di Lubiana in cui è in cura e continua in giro per il mondo, nei luoghi più importanti della sua vita. Durante il viaggio incontra amici e compagni per un ultimo saluto. Ulay si serve del cancro per realizzare il suo progetto e interrogarsi sul senso della vita, sull’amore, sulla storia e sull’arte. Un progetto ricco di interviste e riproduzioni dei sui lavori.

Benito Dell'Aquila