Prendere una farfalla dalle ali avvizzite e darle la possibilità di volare di nuovo. Potremmo descrivere così, con una metafora, il grande lavoro svolto da un gruppo di ricerca del Centro di Medicina Rigenerativa dell’Università di Modena e Reggio Emilia insieme ai chirurghi dell’Ospedale di Bochum, in Germania. Grazie allo sviluppo di una tecnica innovativa, infatti, sono riusciti a ridare speranza ad un bambino affetto da una gravissima patologia genetica, l’epidermolisi bollosa, attraverso il più esteso trapianto di pelle transgenica mai eseguito!
Un esempio di terapia genica
In sé e per sé, il trapianto di pelle non costituisce una grande novità. Da molti anni, tanto il centro di medicina rigenerativa dell’Unimore, quanto altri istituti, utilizzano pelle prodotta in laboratorio per la cura dei grandi ustionati. Tuttavia, il caso che vi raccontiamo rappresenta qualcosa di molto diverso. Il trapianto è stato utilizzato per curare una malattia rara della pelle attraverso la modificazione delle cellule staminali provenienti dal paziente stesso. I ricercatori, infatti, hanno messo a punto la prima terapia genica contro l’epidermolisi bollosa.
Con il termine terapia genica si fa riferimento all’introduzione di materiale genetico, essenzialmente DNA, all’interno di cellule con lo scopo di correggere difetti genetici e, conseguentemente, curare delle patologie. Per farlo, solitamente si utilizza una sorta di “cavallo di troia”, un vettore che sia capace di trasportare il DNA di interesse dentro la cellula e di farlo integrare, ossia in qualche modo “fondere”, con il DNA già presente all’interno del nucleo. Il vettore migliore per ottenere questo risultato è di origine virale, in sostanza un virus a tutti gli effetti, privato della capacità di replicarsi e causare malattie, ma che mantiene la sua grande efficienza nell’infettare cellule umane ed integrare frammenti di DNA al loro interno.
I ricercatori hanno prelevato un lembo di pelle dal paziente, isolato le staminali, corretto l’anomalia genetica che contenevano e prodotto un metro quadro di pelle che è stato poi utilizzato per il trapianto. A otto mesi dal trapianto, il paziente aveva già mostrato segni di guarigione
Per curare il giovane paziente, un bambino di origini siriane accolto in Germania come rifugiato, i medici hanno prelevato 4 cm2 della sua pelle. Da essi, il gruppo Modenese diretto da Michele de Luca ha isolato le cellule staminali. In seguito, queste sono state modificate attraverso l’integrazione di un frammento di DNA contenente per la versione sana del gene LAMB3, mutato nel bambino. Il passo successivo è stato quello di amplificarle, indurle a diventare cellule epidermiche, ovvero cellule mature della pelle, ed a crescere fino a formare dei veri e propri lembi di pelle di 10 cm x 10 cm per ottenere 1 m2 di pelle sana. I chirurghi dell’Ospedale di Bochum, poi, hanno provveduto alle operazioni di impianto che, fino ad oggi, hanno dato risultati insperati: il piccolo paziente sembra del tutto guarito.
A garantire l’assenza di rigetto del trapianto, è senza dubbio alcuno la scelta di un trapianto autologo. Le cellule utilizzate per produrre i lembi di pelle, infatti, appartengono al paziente in cui successivamente sono state impiantate. Pertanto, esse non vengono riconosciute come estranee dal sistema immunitario.
Cos’è l’epidermolisi bollosa?
Il nome di questo gruppo di malattie è già abbastanza esplicativo. Si tratta, infatti, di una serie di patologie che colpiscono la pelle o, meglio ancora, la sua integrità. Si manifestano con numerose bolle e lesioni, che appaiono spontaneamente o a causa di attività e traumi del tutto innocui per una persona sana.
Le cause possono essere diverse, ma tutte rare e di tipo genetico. Ad essere alterata è la struttura di alcune proteine importanti per l’adesione tra una cellula ed un’altra. Il risultato è che il tessuto è meno compatto, le cellule epidermiche non riescono a “legarsi” saldamente le une con le altre per formare quello straordinario strumento di protezione per il nostro corpo che è la pelle.
Nel caso specifico del paziente curato presso l’Ospedale di Bochum, la causa primaria della malattia era una mutazione nel gene LAMB3, codificante per la la subunità ß3 della laminina, una proteina fondamentale per l’integrità della membrana basale, lo strato di tessuto a cui (semplificando) la pelle si “ancora”. Considerata l’importanza della proteina in questione, non è così sorprendente che numerose tipologie di epidermolisi bollosa siano associate a mutazioni di questo tipo.
Fino ad oggi, per i bambini affetti da questa grave malattia genetica, chiamati bambini farfalla, non esistevano cure realmente efficaci a lungo termine. Per forza di cose, si era costretti a somministrare cure palliative che fossero in grado di alleviare la sofferenza associata ai sintomi, ma nulla di tutto ciò era realmente risolutivo. Gli importanti risultati ottenuti dagli studiosi italiani, in collaborazione con l’ospedale tedesco, rappresentano un passo importante nella cura della patologia ed una speranza per tutti i piccoli pazienti.