The Martian: Matt Damon e Di Caprio, due sopravvissuti a confronto [#aspettandoglioscar]

Dopo la frenesia e la violenza dell’umanità post-apocalittica di Mad Max: Fury road, in questa terza puntata di #aspettandoglioscar ci occupiamo di un altro “sopravvissuto”, l’astronauta  Mark Watney (Matt Damon) che in “The Martian” (candidato a 7 premi oscar nel 2016) è costretto ad adoperare tutto il suo ingegno e la sua conoscenza pur di rimanere in vita sul pianeta Marte, sul quale è stato abbandonato dai suoi compagni di missione, che lo credevano erroneamente morto in una tempesta di sabbia.

Tratta dal romanzo “L’uomo di Marte” di Andy Weir, la pellicola di Fantascienza firmata da Ridley Scott presenta una storia per alcuni aspetti simile a quella di The Revenant di Inarritu: anche Hugh Glass (Di Caprio), infatti, viene abbandonato dai compagni e cerca di sopravvivere ad una natura a lui ostile; ma la somiglianza tra i due film si ferma a questi elementi.

The Martian, infatti, ha uno stile profondamente diverso, ascrivibile più alla commedia che al dramma. La regia di Scott è veloce, coinvolgente  e ironica, nonostante rappresenti la lotta dell’uomo contro forze naturali a lui enormemente superiori. Questo non significa che venga banalizzato il tema della sopravvivenza (che sembra abbastanza in voga nella premiere di quest’anno). Il cineasta inglese sceglie di affrontarlo da una diversa prospettiva: il “rigore scientifico” , descritto attraverso la laboriosa sequenza di idee, tentativi e soluzioni  che l’astronauta e il suo entourage adottano, sfidando con la loro intelligenza le leggi di un mondo inadatto alla vita umana. L’”irriverenza” e la spigliatezza del protagonista incarnano perfettamente l’approccio “positivistico” del film.

Il pensiero della morte o del fallimento non deve scoraggiare lo scienziato nei suoi propositi, nonostante le avversità che si devono affrontare. E’ così che il sopravvissuto di Scott, non è ritratto come un moribondo, (al contrario di The Revenant), ma come un uomo consapevole dei propri mezzi, che maschera le avversità con sarcasmo e autoironia (i suoi “arguti” soliloqui sono rappresentati sulla scena come se fossero registrati in un video-diario, tanto da sembrare rivolti direttamente allo spettatore).

Più che sulla tensione narrativa, il regista punta sulla progressiva risoluzione dei problemi che si oppongono al ritorno dell’astronauta a casa, riuscendo con grande abilità a coinvolgere lo spettatore. Belli gli scenari marziani e buona anche la scelta delle musiche, tra cui non poteva mancare “Starman” di David Bowie. In definitiva The Martian è un film gradevole, ben bilanciato. Matt Damon fa il suo dovere nella parte del protagonista. Sebbene candidato all’oscar per miglio attore protagonista, però, il ruolo interpretato non è tale da fargli ottenere la statuetta (l’attore ha dato prove molto più importanti, ad esempio in “Il talento di Mr Ripley”).

In tal senso la radicalità dell’interpretazione di Di Caprio lascia più il segno sullo spettatore, così come la maggiore drammaticità del film di Inàrritu, costruito per non avere un lieto fine, né un messaggio rassicurante.

Per questo motivo anche le candidature a miglior film e miglior regia sembrano forse poco adatte alla pellicola di Scott, che come abbiamo detto rimane comunque una buona opera, superando per ritmo e “scientificità” “Gravity” (storia di una donna dispersa nello spazio) che pure vinse 5 premi oscar nel 2014, ma essendo lontano dalla complessità e drammaticità di Interstellar di C. Nolan.

Chiudiamo infine con un parallelismo, forse un po’ azzardato, ricordando un altro film in cui Matt Damon “deve essere salvato a tutti i costi”: si tratta di “Salvate il soldato Ryan” di S. Spielberg, in cui il giovanissimo attore interpreta il Ryan del titolo, ultimo figlio superstite di una famiglia decimata dalla guerra, per il cui salvataggio viene mobilitata un intera squadra di uomini capitanata da Tom Hanks.

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Francesco Bellia