Solange Knowles: non solo “la sorella di”

Di Sebastiano Mura per Social Up!

Difficile la vita quando sei la sorella di colei che viene considerata la regina della musica pop moderna. Difficile quando tua sorella ha una carriera conosciuta in tutto il mondo, lavora da anni sia come cantante che come attrice, ottenendo, in entrambi i campi, successi incredibili di critica e pubblico. Difficile quando il marito di tua sorella è uno dei produttori più influenti della musica mondiale. Difficile, forse. Ma sicuramente il rapporto di familiarità ha fatto si che per Solange Knowles qualche porta si sia aperta più facilmente.

Cresciuta in una casa in cui la musica e lo spettacolo erano i perfetti compagni di giochi dell’infanzia passata assieme alla sorella e alle sue amiche (il primo embrione delle poi celeberrime Destiny’s Child), l’impegno costante di Solange è stato sempre però quello di costruirsi un immagine completamente diversa da quella della sorella maggiore. Poco o pochissimo gossip ed esposizione mediatica all’osso. Quello che contava era la musica e scrollarsi presto di dosso quell’etichetta di “sorella di” che invece ancora oggi, nonostante gli ormai più 10 anni passati nel campo della musica, continua ad accompagnarla. Forse anche per questo sono passati otto anni dall’ultimo lavoro in studio della più piccola delle sorelle Knowles. E tredici anni dal suo primo disco, Solo Star, pubblicato quando aveva soltanto 16 anni.

Musicalmente parlando Solange rappresenta quello sperimentalismo che sembra caratterizzare soltanto gli ultimi lavori della sorella maggiore. Sonorità e collaboratori di nicchia accompagnato ad una vocalità (i geni knowles si fanno sentire anche qui) controllata e per certi aspetti più matura di quanto si potrebbe pensare. Niente pezzi scala classifica, ne ballatone per mettere in mostra la voce, che comunque c’è e si sente.

Un lavoro che è costato a Solange tantissimo, ammette la cantante, in termini di tempo, fatica e spese. Già qualche anno fa infatti Solange aveva provveduto a dar vita alla propria casa discografica, la Saint Records, al fine di potersi esprimere al meglio e con la massima libertà, anche come produttrice. I risultati sono arrivati, forse anche in eccedenza rispetto a quello che Solange e collaboratori pensavano: A Seat at the Table, il disco arrivato dopo anni e anni di rimandi è addirittura arrivato in cima alla celeberrima Billboard 200. La prima volta che un disco di Solange arriva alla prima posizione, davvero un bel traguardo se si pensa al fatto che per anni la cantante ha pensato di non voler realizzare più nulla di proprio.

Un album che mischia temi sociali a temi personali: razzismo, indipendenza, rispetto di sé stessi ed evasione dalla propria vita e dalla società. Le idee che si concretizzano prima nella mente di Solange e che trovano espressione in musica attraverso un semplice giro di basso, qualche beat o una serie di accordi al piano. Strutture semplici e ripetute quasi come basi registrate che incorporano, al crescere della canzone, strumenti e riff differenti. Qualche sintetizzatore d’epoca e quell’impressione di essere stato registrato un po’ per caso, a casa, danno al disco quell’aria Indie che oggi va tanto di moda anche tra gli artisti mainstream, vedi appunto Beyoncé.

Come spesso accade in album figli di una lunga genesi anche gli stili si fondono assieme o si alternano in una sorta di danza di epoche e generazioni differenti. Si trovano incursioni Soul, nel Funk e qualche ritorno al R&B, genere favorito in casa Knowles. Nonostante l’apporto di stili e generi differenti e le innumerevoli mani che hanno preso parte alla stesura e alla rivisitazione di testi e musiche, l’album non soffre di nessuna crisi d’identità e regge bene l’ascolto, mantenendo lungo tutta la durata l’aria quasi di un racconto unico, ascoltato in una sorta di universo parallelo. Per gli amanti del genere si tratta di un lavoro di tutto rispetto e infatti la critica musicale americana apprezza, e molto. Recensioni stellari nei più prestigiosi magazines musicali hanno dato, anch’essi una bella spinta al lavoro di Solange.

A livello testuale, il racconto, quello in versi, non è lasciato soltanto alle parole delle canzoni, ma quasi ogni traccia è preceduta da un piccolo interludio nel quale prendono voce, oltre che la cantante, anche amici e familiari. Eccovi tornare Kelly Rowland, ex Destiny’s Child assieme a Beyoncé e Michelle Williams, e ancora oggi grande amica di Solange, e persino sua madre e suo padre: Tina e Mathew Knowles, da sempre molto presenti nelle carriere (e nelle vite) delle figlie, la prima come stilista di scena, il secondo come Manager.

Per la prima volta quindi le due sorelle si ritrovano a darsi il cambio al vertice delle classifiche. Anche l’ultimo disco della maggiore delle sorelle, Beyoncé, Lemonade, è stato un successo di critica e pubblico. Con l’orgoglio che deve essere ai massimi livelli di sempre in casa Knowles, potrebbe essere questa la volta buona per Solange che quel lasciapassare con su scritto “Knowles”, possa iniziare a dare, anche se un po’ in ritardo, i suoi frutti.