Silvana Mangano: dolce Penelope e maliarda Circe

Fu per fatal combinazion che sotto la pioggia quella signorinella pallida dai capelli bagnati e dal fresco volto rigato dall’acqua, incontrò il cinema. Infatti, il regista Giuseppe De Sanctis che nel loro primo incontro non era stato particolarmente attratto dalle sue fattezze artatamente appariscenti questa volta, incrociandola per caso, fu colpito dalla sua naturale bellezza e la scelse come protagonista di “Riso Amaro”.


Divenne un’attrice Silvana Mangano come Gina Lollobrigida, Eleonora Rossi Drago, Gianna Maria Canale e Lucia Bosè: tutte accomunate dal clamoroso successo del concorso di Miss Italia 1947.
Bellezze senza limiti poiché naturali, espressive figlie di un mondo in bianconero dove il loro fresco splendore rispecchiava le scultorie immagini di donne ingenue o maliziose, malleabili o problematiche. Lo straordinario successo del film, in buona parte dovuto alla sua avvenenza resa ancora più evidente dal ruolo di una mondina dalle calze nere a metà coscia e la conoscenza di quello che sarebbe poi diventato suo marito: il produttore Dino De Laurentiis, la collocarono in pianta stabile sull’Olimpo cinematografico italiano.

Regale e misteriosa, ricama la figura della dolce e fedele Penelope e al contempo disegna la sottile perfidia della maliarda maga Circe in “Ulisse” del 1954. Due ruoli figli delle stesse sembianze che emanano un delicato profumo di donna e valorizzano il deciso profilo di attrice oltre la finzione cinematografica in parallelo a quella che sarebbe stata la sua vita privata. Questa zaffata d’intensa femminilità allo stato puro aveva affascinato l’allora già belloccio e morbido Marcello Mastroianni, il primo amore che rimase suo fidanzato virtuale per tutta la vita e l’aitante e baldanzoso Vittorio Gassman perfetto cattivo di turno col suo physique du role.  Due uomini, due inizi e una fine. Assieme al tenero ciociaro quasi a chiudere dolcemente il cerchio della vita, girò il suo ultimo film nel 1987, ”Oci Ciornie”, una commedia dolceamara ispirata dai racconti di Cechov; mentre accoppiata all’incontenibile partner genovese, agli inizi di carriera strinse un fortunato sodalizio, che oltre al succitato Riso Amaro, proseguì con”Anna” del 1951, dove esibisce una strepitosa fisicità erotica ballando El Negro Zumbon e continuò con l’intrigo del melodrammatico “Mambo”, storia di una donna che crede nella vita e sfugge alle manipolazioni maschiliste per diventare ballerina. In quello stesso anno nella stupenda cartolina partenopea del capolavoro a episodi ”L’oro di Napoli”, indossa i panni di Teresa: una dolente e malinconica ex prostituta incapace, però, di rinunciare per comodo tornaconto alla sua dignità.

In quegli anni l’Italia usciva dai cenci grigi del passato e cominciava a vestire poco a poco tutti i colori dell’arcobaleno e in quel cinema infervorato dai confronti divistici, la Mangano gradualmente invece si allontanava dal prorompente ruolo di maggiorata fisica per esprimere la diversità del suo eclettismo.

Suzanne, figlia ribelle de”La diga sul Pacifico”; Costantina ruspante prostituta de ”La grande guerra” e Marina provinciale parrucchiera di”Crimen”, sono i personaggi iniziali della voglia di cambiamento.La sua immagine spicca incisiva nel sontuoso cast di” Jovanka e le altre”: capelli rapati a zero, sguardi risoluti e slanci di grande umanità, attirano l’attenzione degli americani e finisce sulla copertina di Life. Diretta da Vittorio De Sica ne “Il Giudizio universale” fraternizza con Alberto Sordi che la vorrà interprete di  “Scusi lei è favorevole o contrario”? L’anno prima, nel 1965, aveva rincontrato Marcello Mastroianni nel film di Alessandro Blasetti ”Io, io, io e… gli altri”.

Nel successivo decennio, la sua costante evoluzione, la porta a confrontarsi in parti sempre più tormentate, introspettive, quasi metafisiche e ispira due registi del calibro di Pasolini e Visconti. Raffigura le sottili sfaccettature di Giocasta, icona enigmatica di ”Edipo Re”; interiorizza i gelidi travagli di una madre snaturata in “Teorema” e poi appare mirabile visione di una straordinaria Madonna nel “Decameron” del geniale e discusso regista bolognese. Parimenti con l’elegante e colto maestro milanese Luchino Visconti in ”Morte a Venezia”, “Ludwig” e “Gruppo di famiglia in un interno”, sfodera sfavillanti perfomance di varia modernità femminile: cerebrale, indefinibile, trascendentale, ma anche sinuosa, seducente e volgare.

Tra questo turbinio di figure che rincorrono se stesse in un vortice di compromessa spiritualità, una decisa parentesi contemporanea al fianco di Sordi in ”Lo scopone scientifico”, dove nei panni di una stracciona borgatara, tenta assieme al remissivo marito un impossibile riscatto sociale divenendo così oggetto del cinico capriccio della malefica Bette Davis: una vecchiaccia americana che gioca a carte con i sentimenti dei poveri.

Nata a Roma nel 1930, a metà degli anni settanta poco più che quarantenne, Silvana Mangano disse basta col cinema. Purtroppo risucchiata dal buco nero della depressione esistenziale, si trascinò appresso gravissimi problemi di salute. Si spense nel 1989 a Madrid, dove ormai viveva da qualche tempo: oltre la figlia a farle compagnia rimasero solo i fantasmi del passato, quelli che oggi rappresentano il presente di una donna bellissima che impose con stile la sua classe nel ribollente mondo cinematografico dei tempi.

Vincenzo Filippo Bumbica