È conosciuta anche come la Parigi d’Oriente, Mao Tse Tung la chiamava invece il lupanare dell’Asia: Shanghai, 24 milioni di abitanti, già capitale economica cinese e metropoli più popolosa al mondo, oggi è anche centro nevralgico della vita notturna dei giovani e ricchi cinesi.
La Cina si è ripresa discretamente dalla crisi finanziaria globale esplosa nel 2007, essendo il paese con la crescita economica più rapida al mondo, e vanta più milionari che qualsiasi altro paese dopo gli Stati Uniti. Ma mentre in Occidente chi ha i soldi fa festa con gli amici lontano da occhi indiscreti, a Shanghai i ricchi trascorrono le serate ad ostentare le loro possibilità economiche nei locali più frequentati.
Così, mentre al Linx la bottiglia più economica di Dom Pérignon costa 3.180 yuan (quasi 400 euro), al Mook ne servono anche 50.000 (€ 6.000) per un tavolo al centro del locale. In entrambi i casi, la parola d’ordine è OSTENTAZIONE: bisogna mostrare a tutti che si ha la possibilità di ordinare fino a 10 bottiglie a testa e di tornare a casa all’alba con una supercar del calibro di una Ferrari o, almeno, di una Lamborghini.
Per questo motivo, quando un cliente ordina almeno sei bottiglie (spendendo minimo 19.000 yuan, ossia quanto un operaio cinese guadagna in un anno e mezzo, NDR), i camerieri le portano al tavolo illuminate da led e formando un trenino umano che attraversa il locale, mostrando a tutti a chi sono destinate. In questo modo, scatta una sorta di competizione all’ultima bollicina fra i giovani miliardari, spinti dal desiderio di mostrare che non sono da meno, anzi! Il trofeo più grande della guerra dello champagne lo si ottiene però ordinando diverse bottiglie di Ace of Spades (costo di una bottiglia: 9.000 yuan): a servirlo, infatti, sono delle ragazze bellissime – alle quali però è d’obbligo offrire un bicchiere.
Molti nuovi ricchi hanno origini umili e provinciali. L’espressione che si sente è tuhao, che significa più o meno “bifolco di campagna”. Si ha l’impressione che i nuovi ricchi siano pacchiani e alcuni di loro tendono a volerlo mostrare. La logica in Cina è: ‘Voglio quello che è riconoscibile’ o, per essere più precisi, ‘Non vogliamo il meglio; vogliamo solo quello che costa di più’. Tale concetto si connette al rispetto e alla reputazione, molto importanti nella società cinese.
Molti di questi giovani di Shanghai sono ricchi di seconda generazione, ossia figli di famiglie ricche. Alcuni non fanno niente, ma altri lavorano sodo e imparano dai genitori, perciò quando vanno per locali vogliono farsi vedere, sono competitivi. Ma per quanto potranno continuare ad aprire 100 bottiglie a serata mentre lo sviluppo economico della Cina — anche se ancora in testa ai suoi rivali — comincia a mostrare segni di un possibile rallentamento (o addirittura di “crisi”)?