Serenity – l’isola dell’inganno: la fantascienza nascosta di Steven Knight

Nuovo film di Steven Knight, sceneggiatore di alcune pellicole di pregio, tra cui La promessa dell’assassino di D. Cronenberg, nonché, più recentemente, regista dell’interessante Locke, un road movie- thriller, che si snoda attraverso incessanti e cruciali conversazioni telefoniche, le quali avvengono tutte attraverso l’interfono di un’auto e scandiscono la personalità e il futuro dell’unico protagonista (interpretato con efficacia da Tom Hardy), Serenity, l’isola dell’inganno è un’opera che nasconde a lungo la sua vera natura, rivelando abbastanza tardi sullo schermo il suo obiettivo e la sua dimensione ansiogena da thriller.

Una scelta per certi versi azzardata da parte del regista Steven Knight, il quale, in qualche modo, per più di metà del film si prende un po’ beffa dello spettatore, presentando un copione che risulta inizialmente di una banalità sconcertante, al punto da sembrare inconsistente. Tuttavia questa inconsistenza è voluta per mascherare ciò che verrà in seguito. La costruzione e la descrizione dei personaggi che dovrebbero essere i protagonisti del film viene infatti ribaltata completamente. A dirla tutta le figure che nella prima metà della pellicola erano in ombra diventano i veri protagonisti della narrazione e il ritmo, fino a quel momento abbastanza scialbo, assume contorni ben più definiti, ponendo domande e facendo emergere finalmente un’aura di mistero e l’aspettativa di rivelazioni importanti che possano dare un senso e un contenuto al thriller psicologico, poi effettivamente spiegato in gran parte dei suoi punti.

In mezzo c’è anche qualche dose di fantascienza. Perché l’isola in cui è ambientato il film si rivelerà essere un contenitore di idee, ansie, paure, sensazioni e proiezioni, piuttosto che un microcosmo reale, costituito dai personaggi che vi vivono, come appariva dalle ingannevoli premesse del film. Si è infatti dinnanzi ad un ambiente catartico e controllato, in grado di testare in anticipo gli effetti delle azioni future…

La trama in breve racconta di un uomo di mare John Mason (Matthew McConaughey ) , ossessionato dalla cattura di un tonno, impossibile da prendere, una sorta di Moby Dick, a cui ha dato il nome di Giustizia. Per catturarlo spende invano molti dei suoi soldi, fino ad accumulare debiti su debiti, incurante però di qualsiasi altra cosa. Come se questo fosse il suo unico scopo nella vita, uno scopo che sembra destinato a non raggiungere mai.Risultati immagini per serenity

Si tratta di un uomo vissuto, dal passato burrascoso, che si è lasciato alle spalle molte esperienze traumatiche, tra cui la guerra, e che ha lasciato nel mondo un figlio, avuto dall’ex moglie (Anne Hathaway), la quale – ed è qui che la storia del film comincia a svilupparsi – un giorno viene a trovarlo nell’isola in cui si è trasferito per chiedergli un importante favore: uccidere il nuovo marito, un riccone violento e possessivo che picchia sia lei che il figlio. Il patrigno malvagio arriverà, infatti, il giorno dopo sull’isola e il piano è quello di simulare un incidente durante la pesca col tonno, per farlo precipitare in mare.

Sebbene inizialmente restio a questa proposta che gli viene fatta tra l’altro in cambio di denaro, John Mason è sempre più tentato ad accogliere la richiesta: nonostante sia lontano, infatti, egli ha un rapporto quasi simbiotico col figlio, un piccolo genietto matematico, e riesce a sentire le sue emozioni a distanza. Avverte la sua sofferenza e il suo desiderio di liberarsi dell’uomo meschino che tormenta lui e sua madre, dal quale si ripara chiudendosi nella sua stanza davanti allo schermo di un pc.

I dubbi scavano dentro Mason, che alla fine si decide ad agire. Proprio in quel momento però gli abitanti dell’isola cominciano a distoglierlo da questo proposito. Oltre a scopi etici, per cui vogliono che egli non uccida, però, sembrano mossi anche da qualcos’altro, come se ci fosse qualcuno a dare loro il comando di fermare l’azione di John Mason. Il marinaio comincia così a scoprire strani aspetti dell’isola di cui non si era mai accorto prima, come l’inquietante fatto che tutti sappiano ogni cosa della vita privata altrui, all’istante. In un crescendo si ritroverà a svelare i misteri del luogo in cui è sempre vissuto, ma che solo in questa situazione comincerà a conoscere veramente.Risultati immagini per serenity

Come detto all’inizio, Serenity è un film atipico, che nella parte iniziale, per la banalità dei personaggi presentati, vere e propri clichè, potrebbe indurre lo spettatore a desistere dal proseguire la visione.

La verità è che Steven Knight parte da lontanissimo per arrivare fino alla meta ultima del suo film e vi arriva con un cambio di stile repentino, che sebbene apprezzabile per la sperimentazione, potrebbe essere poco digeribile per alcuni spettatori proprio perché altamente spiazzante. In sostanza molto di quello che si è visto nella prima metà del film è superfluo, rispetto alla sua conclusione.

Al contrario molti elementi cruciali per spiegarne il finale vengono trattati nella prima parte come dettagli di poco conto, salvo avere poi un ruolo determinante in seguito. Questa inversione di priorità tra elementi primari e secondari è voluta ed è in fin dei conti funzionale, perché in fondo Serenity non è altro che una realtà nascosta da strati di separazione, i quali non fanno altro che distanziare il vero protagonista del film dal suo obiettivo ultimo.Risultati immagini per il tredicesimo piano

Invece che gradualmente, come di solito avviene nei thriller (esempio illustre Shutter Island di Scorsese), in questa pellicola questi strati artificiali cadono in poco tempo, in un rush conclusivo dalle tinte psicologiche che è indubbiamente la parte migliore del film, quel thriller che Knight aveva promesso e che si sviluppa solo alla fine con una buona intensità. Tuttavia per certi versi questo momento arriva troppo tardi. La parte che lo precede ha probabilmente delle lungaggini che potevano essere semplificate, riducendo anche la durata complessiva della pellicola.Ci sono passaggi intermedi, infatti, che in fin dei conti non arricchiscono di particolari la narrazione, al contrario, a tratti smorzano il racconto, che con un po’ più di cura poteva anche essere più avvincente nella prima parte.

Complessivamente un film che nel finale offre spunti di riflessione e spinge lo spettatore a ricostruire a ritroso gli elementi principali della storia, quindi tutto sommato intrigante. Certo, ci sono nel genere film più di impatto con lo stesso tema: tra questi il Tredicesimo piano, che somiglia a Serenity per colpi di scena, ma è già dall’inizio incentrato su temi fantascientifici ed ha un ritmo fin da subito molto incalzante, con un inizio molto originale, soprattutto per l’epoca (1999, stesso anno di Matrix, sebbene sia stato girato prima).

Immagine correlata

In  Serenity si ritrovano anche lontani echi di eXistenZ di Croneneberg (con Jude Law e Jennifer Jason Leight) soprattutto per la ripetizione delle azioni dei protagonisti e dei dialoghi volutamente asettici, nonché per la dimensione patinata e artefatta dei personaggi che vivono nel mondo descritto dal regista (stesse caratteristiche presenti ne il Mondo dei Robot di Michael Crichton). La differenza è che mentre la dimensione di Serenity è una fiaba pittoresca da ragazzi, fatta di cliché prevedibili, l’universo di ExistenZ è un mondo conturbante, grottesco e orrido, fortemente organico, in cui le pulsioni passano attraverso il collegamento sensoriale dell’essere umano con una tecnologia viva e pulsante, che integra chimica, impulsi sessuali e pensiero. Insomma un incubo Cronenberghiamo in cui l’identità viene frammentata e sovrapposta, grazie ad una memorabile regia che confonde i piani di realtà e finzione senza dare punti di riferimento, una regia sperimentale, forte, a dir poco viscerale, con una sceneggiatura disorientante, a dir poco originale e radicale, per questo non per tutti gli spettatori.

Francesco Bellia